Dimostrazioni

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Natasha si presentò a scuola il giorno dopo con una soluzione all'imbarazzo: avrebbe ignorato ciò che era successo tra lei e Lexa. Il bacio, quel momento di vulnerabilità, non significava nulla, e Lexa Gray non le piaceva. Tentò di convincersi per tutta la mattina, ma il pensiero di Lexa continuava a insinuarsi tra i suoi pensieri, rendendo difficile concentrarsi, soprattutto a causa della sua assenza.

La campanella suonò e gli studenti iniziarono a riversarsi nel cortile. Natasha cercò di mantenere un'aria indifferente, ma ogni volto che passava le ricordava Lexa e quel breve istante che avevano condiviso. Respirò profondamente, ripetendosi che era solo una follia passeggera. Non doveva sapere nessuno il suo debole per Lexa. Era certa che non avrebbe ma apprezzato se qualcuno oltre a loro lo scopriva.

Mentre si avviava verso l'uscita, il suo sguardo si posò su un gruppo di ragazzi. Uno di loro, con un sorriso beffardo, parlava a voce alta. <<Lexa Gray? Ma per favore, è solo una ragazzina che si crede un guerriero. È ridicola!>>

Natasha sentì un'ondata di rabbia montare dentro di lei. Non poteva sopportare che parlassero in quel modo, soprattutto di Lexa. Senza pensarci due volte, si avvicinò e, con un movimento deciso, gli diede un calcio fortissimo in mezzo alle gambe. Il ragazzo emise un grido di dolore, mentre il suo volto si contorceva in una smorfia, Natasha non si fermò lì, fece un passo avanti e gli rifilò un pugno dritto sul naso, facendolo barcollare all'indietro con una certa grazia. Il suo naso sanguinò, e il ragazzo cadde a terra, afferrandosi la faccia.

Com'era? non dobbiamo far sapere il nostro debole per Lexa? ecco Natasha così l'hai reso più che evidente.  La voce  nella sua testa non aveva torno, ma non se ne pentiva

In quel preciso istante, Lexa era nel cortile, accanto ad Aden. Aveva appena finito di esprimere i suoi dubbi sulla fiducia in Natasha dopo il bacio del giorno prima. <<Non so se posso fidarmi di lei, non dopo...>> continuò a a dire, ma le sue parole si bloccavano in gola quando vide Natasha difendere il suo onore, anche senza la sua presenza. Rimase sorpresa e colpita dalla determinazione, conosceva persone che dicevano che avrebbero difeso il suo onore per tutta la vita ma solo in quel momento aveva visto qualcuno usare i fatti invece che parole a vuoto.

Aden notò l'espressione di Lexa e seguì il suo sguardo, vedendo Natasha, con la testa alta e lo sguardo Serio. <<Qualcosa mi dice che ti puoi fidare>> commentò con un sorriso ironico, ma Lexa non riuscì a ridere notando che colui che aveva osato insultarla era Martin. Rimase sconcentrata a sapere che qualcuno di cui si fidava le parlava male alle spalle, ma come si dice "In tempo d'invidia, il cieco incomincia a vedere, il muto a parlare e il sordo a sentire"

Mentre Natasha si girava per tornare a casa, Martin ancora scosso dal colpo, si riprese e col viso rosso di rabbia, fece per attaccarla alle spalle. <<Aspetta un attimo, ti farò vedere io...>>, ringhiò, avanzando con un passo deciso, prima che potesse raggiungerla, Lexa si fece avanti, non avrebbe permesso che qualcuno osasse farle del male, soprattutto un falso come Martin.

 Con un movimento fulmineo, le cinse il pugno e colpì Martin dritto in faccia. Il ragazzo cadde all'indietro, colpito e sorpreso, mentre il suono del suo corpo che colpiva il pavimento risuonò nel cortile. <<Lexa>> sussurrò notandola

Lexa non gli diede minima attenzione, si trovò faccia a faccia con Natasha, gli occhi che si incrociarono per un attimo sorpresi. 

Purtroppo la scena non passò inosservata solo dai presenti. Il preside stava uscendo dall'edificio proprio mentre tutto ciò accadeva. Vide Martin a terra e le due ragazze in piedi. <<Cosa sta succedendo qui?!>> tuonò, avvicinandosi con uno sguardo severo.

<<Non è nulla di cui preoccuparsi.>> 

<<Con me in presidenza. Questo è inaccettabile.>> indicò l'interno dell'edificio.

***

Furono sospese, per una settimana e ciò non era brutto, intanto Natasha andava a scuola solo per fare presenza, il vero incubo fu il padre che fu chiamato a prenderla.

<<Sali in auto.>> le ordinò 

Natasha avrebbe voluto evitare ma era obbligata. Salì e restò in silenzio per tutto il tragitto fino a un semaforo rosso dove il padre la colpi in pieno volto con violenza.

<<Non riesci a essere in grado di essere normale!>> gridò

Appena tornarono a casa a porta della camera si chiuse dietro di lei con un colpo sordo, isolandola dalle urla del padre. Natasha si appoggiò un attimo alla parete, il labbro pulsante, mentre un sapore metallico le invadeva la bocca. Non aveva nemmeno la forza di ribattere o di tentare una risposta—tutto sembrava così lontano come se una parte di lei si fosse staccata per non sentire il dolore.

Riaprì gli occhi, vedendo Adam, sdraiato sul letto con le cuffie a ascoltare l'album Blurryface dei Twenty One Pilots, ma appena la vide, tolse la musica. La sua espressione si oscurò subito.

<<Perché perdi sangue?>> domandò indicandole il viso <<Hai il labbro rotto e l'occhio nero?>>

Natasha non rispose. Gli lanciò solo uno sguardo freddo e senza parole, mentre si dirigeva verso l'armadio, afferrando lo zaino di riserva e iniziando a infilarci dentro le sue cose. Magliette, qualche libro, il portafoglio, ogni cosa che potesse esserle utile. La sua mente era già altrove, concentrata sull'unica decisione che le sembrava possibile.

<<Che stai facendo?>> chiese Adam, alzandosi di scatto e andando verso di lei.

<<Me ne vado>> rispose, senza nemmeno voltarsi.

Lui la fissò <<Vai alla Torre?>> Le chiese piano, sperando che cambiasse idea, che rispondesse in qualche modo diverso.

Natasha non rispose. Invece, sollevò lo zaino e si diresse alla finestra. In un attimo era fuori, scendendo rapidamente lungo la grondaia, senza più esitazioni.

Avrebbe potuto andare alla Torre, un luogo dove tutto era sotto il suo controllo, l'unico spazio che davvero le apparteneva. Lì, bastava un suo sguardo perché chiunque obbedisse senza fare domande e avrebbe potuto sentirsi di nuovo al sicuro, senza che nessuno le dicesse cosa fare o come comportarsi. Ma non scelse la strada per la Torre.

Invece, svoltò in una direzione diversa. I suoi passi erano rapidi, decisi, eppure ogni metro la portava a domandarsi se stesse davvero andando nella direzione giusta, o se stesse solo per fare una cazzata di cui presto si sarebbe pentita.

La strada era quasi deserta, solo le luci dei lampioni accompagnavano il suo percorso, mentre nella sua mente i pensieri si accavallavano caotici. Non sapeva cosa cercasse esattamente, ma sapeva di essere stanca di sentirsi trattenuta e limitata, specialmente da suo padre.

Così continuò a camminare, fino a quando il suono di un campanello risuonò nel silenzio della notte.

<<Che ci fai qui?>> chiese Aden, sorpreso e sospettoso mentre la analizzava dalla testa ai piedi.

<<Ho bisogno di un posto dove stare>> ammise Natasha, con un'imbarazzante sincerità che ormai non poteva più tirarsi indietro.

<<Se vuoi entrare qui dimmi seriamente chi sei. Perché non mi fido di te.>> intervenne Lexa mentre scendeva le scale, incrociando le braccia e lanciando un'occhiata scettica.

<<Sono il capo dei Bunt...>> rivelò, consapevole che quella frase poteva scatenare il caos.

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