La notte sembrava non finire mai. Natasha si rigirava nel letto, avvolta da una coperta che non riusciva a riscaldarle il cuore. Dall'altra parte della porta, le urla di suo padre riecheggiavano nel corridoio come un canto stonato e assordante, mescolandosi al tintinnio della bottiglia di vetro che colpiva il pavimento.
<<Ingrati! Siete solo un peso!>> gridava dal soggiorno, con la voce roca e piena di rabbia. Il rumore del vetro della bottiglia sbattuta sul tavolo rimbombava come una minaccia costante. <<Io vi ho dato tutto, e voi cosa fate? Non fate niente, non siete niente!>>
Natasha si strinse nelle spalle, cercando di isolarsi dal suono assordante delle parole piene di odio che le arrivavano da dietro la porta. Avrebbe voluto alzarsi, aprire la porta, affrontarlo. Prendere quella bottiglia e spaccargliela in testa. Ma non poteva farlo. Non ancora.
Invece si limitò a chiudersi a chiave in camera, come faceva ormai da anni, cercando una via di fuga nei suoi disegni. Seduta alla scrivania, accese la piccola lampada. Prese il suo quaderno e una matita. Ma anche con la porta chiusa, le urla riuscivano a infiltrarsi nella sua testa.
<<Tu e tuo fratello...>> la voce del padre ruggiva ancora. <<Siete solo un danno, uno spreco! Non valete niente!>>
Natasha strinse la matita più forte, tanto da sentirne le schegge pungenti contro la pelle. Poi, prese un respiro profondo. Doveva concentrarsi. Iniziò a tracciare linee sottili sul foglio. All'inizio non sapeva neanche cosa stesse disegnando, solo forme astratte ma piano piano la mente iniziò a trovare una sorta di pace. Le urla sembravano lontane, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era la scena di Lexa che ballava.
Non sapeva perché quella scena le fosse rimasta così impressa, ma la sua mente tornava sempre lì. Lexa, che si muoveva con grazia sotto la luce soffusa, i capelli che ondeggiavano seguendo i movimenti fluidi del suo corpo. Le mani di Natasha iniziarono a seguire il ricordo, senza neanche rendersene conto. Prima gli occhi di Lexa, profondi, poi le labbra ogni tratto sul foglio prendeva forma con una precisione che nemmeno lei si aspettava. Il viso di Lexa emergeva, delineato dalle ombre e dalla luce, come se la sua immagine fosse sempre stata lì, solo in attesa di essere rivelata.
Per un attimo, tutto intorno a Natasha sembrò fermarsi. Le urla del padre si allontanarono, come se fossero dissolte nel silenzio che si era creato dentro di lei. La matita scorreva sul foglio, creando quella figura, quella ragazza che non riusciva a capire del tutto, ma che l'aveva colpita profondamente.
<<Interessante soggetto>> disse una voce all'improvviso.
Natasha sobbalzò, girandosi di scatto verso la finestra. Adam era lì, appoggiato al davanzale, un sorrisetto ironico dipinto sulle labbra.
<<Adam!>> esclamò mentre si affrettava a coprire il disegno. <<Da quanto sei lì?>>
<<Abbastanza per vedere che hai un talento nascosto nel ritrarre certe persone. Non sapevo che fossi così ispirata da Lexa.>>
Natasha sentì il calore salirle alle guance. <<Non è quello che pensi. Stavo solo... stavo disegnando, tutto qui.>> ripose il quaderno.
Adam alzò un sopracciglio divertito. <<Certo, certo... >>
Natasha scosse la testa, cercando di ignorare il suo tono provocatorio. <<Non ho voglia delle tue battutine, Adam.>>
Lui si avvicinò al letto e si lasciò cadere sopra di esso, incrociando le braccia dietro la testa, osservandola con quel solito sguardo complice. <<Scherzo, Nat. Ma, ehi, se devi disegnarla, almeno falle giustizia, falle il seno più grande.>>
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War Of Hearts
ActionLexa ha sempre vissuto in un mondo dove la vendetta è l'unica legge, l'odio è una costante e le armi sono il suo linguaggio. Ha imparato a guadagnarsi il rispetto attraverso la forza, piegando chiunque osi mettersi sulla sua strada. La sua corazza...