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Sembrerà di viaggiare io e te
Con la stessa valigia in due
Dividendo tutto sempre
Normalmente

-Per me è importante (Tiromancino)

Quando arrivarono davanti la casa dei suoi nonni gli occhi di Jeongin erano vuoti, non cercava nemmeno il contatto di Chan, si guardò intorno e sospirò. La casa era stata perquisita dalla polizia, c'erano delle transenne che vietavano l'accesso, solo i familiari potevano entrarvi. Questa fu l'unica cosa che il poliziotto disse quando incontrò i ragazzi.
Purtroppo Jeongin dovette entrare da solo. Chan, poiché non faceva parte del nucleo familiare, rimase ad aspettare fuori, nel giardino ad osservare i vari fiori. Però la sua mente rifletteva sempre al suo ragazzo, che girovagava per la casa, sapendo che quella sarebbe stata la prima e ultima volta. Non voleva che i suoi ricordi belli mutassero. Per allontanare quella negatività, pensava che i suoi nonni non ci fossero per un viaggio. Solo in questo modo ebbe il coraggio di entrare.
L'immenso salone non era cambiato di una virgola, il sofà color crema, i cuscini sui toni del biscotto e del caffè, l'arredamento classico, il tavolino ricco di fotografie. Non gli era permesso di toccare nulla, aveva al piede una specie di guanti sul blu, per permettergli di entrare e per proteggere le prove. Proseguì con il cammino della casa, si affacciò alla cucina e sorrise quando si ricordò le serate intere a preparare da mangiare ridendo e scherzando tutti e tre insieme, il corridoio aveva appese delle fotografie sue da bimbo, e sperava che almeno i suoi ricordi non venissero buttati, ai lati del corridoio si presentavano tre stanze, una era il bagno, un'altra la stanza da letto dei suoi nonni, e poi la sua cameretta.
La porta della sua cameretta era spalancata, già sulla soglia si poteva vedere la scrivania bianca, con ai lati l'armadio a ponte, il letto era di fronte la struttura con ancora tutti i peluche di quando era bambino, anche questi avrebbe voluto tenerli, sperò che glieli restituissero quando le indagini si sarebbero concluse.
La porta della stanza da letto era anch'essa spalancata, e si accorse che la maniglia non c'era, cosa alquanto strana poiché la casa era stata ristrutturata da non molto, e le porte erano quasi nuove, si appuntò di domandare questa cosa alla polizia. Fissò il letto dove erano stati trovati i suoi nonni. Le lacrime iniziarono a scendere, si asciugò le guance con la manica del giubbotto di jeans, strinse le sue braccia al petto, cercando di respirare, di attutirli, ma in quella casa si udivano solo i singhiozzi di Jeongin. Un poliziotto lo accompagnò fuori ,uscì dalla casa e fece un sospiro, Chan gli andò vicino e lo abbracciò, lui appoggiò la testa sulle sue spalle e si fece coccolare. Il corpo gli tremava, stringeva con le braccia il collo del biondo e in quel momento avrebbe voluto essere altrove, magari con i suoi nonni, con i suoi amici, magari solo lui e Chan. Forse meglio da solo.

«Erano da soli» sussurrò tra i singhiozzi, stringendosi alle braccia grandi del ragazzo «Erano da soli ed io non li ho aiutati!» quasi urlò non reggendosi più in piedi, cadendo sul prato curato della casa, sfuggendo tra le mani di Chan che lo prese di peso questa volta.

Quest'ultimo avrebbe voluto portarlo nella stanza che avevano prenotato, ma si sarebbe confrontato prima con il suo ragazzo, che piangendo si stringeva al suo busto, sussurrando parole sconnesse, mentre il biondo gli baciava la fronte e il viso.
Ad un tratto il poliziotto di prima si avvicinò, offrendo al ragazzo distrutto un pacchetto di fazzoletti, si accomodò vicino ai due giovani, e sospirò «Ragazzo, posso solo immaginare il dolore che sta provando» lo osservò il poliziotto con quegli occhi celesti «Ma vi pregherei di seguirmi in centrale, abbiamo le risposte delle analisi dei signori Mameli» quando sentì pronunciare quelle parole, Jeongin sussultò.
Chan gli accarezzò la schiena.
Si alzarono e seguirono i poliziotti.
Con gli occhi bassi, sperando in una risposta.

***

«Buongiorno Signor Yang – si voltò verso Chan – Signor?» il ragazzo si accomodò meglio sulla sedia, avendo la sensazione di cadere «Bahng».
«Perfetto Signor Yang e Signor Bahng, sono il comandante della polizia Adam Harris, abbiamo ricevuto le risposte delle analisi» porse il foglio, dato dall'ospedale, sulla grande scrivania. Jeongin aveva gli occhi persi e vuoti, quella centrale gli faceva timore, non ci era mai entrato, e sperava di non farlo mai.
Il biondo strinse le mani sottili del suo ragazzo, mentre il minore cercava di capire cosa stesse dicendo il comandante.
«Le risposte sono state appurate tramite le analisi, e devo farvi una domanda» domandò cautamente l'uomo sulla quarantina, cercando di andare dritto al punto «I Signori Mameli avevano dei rivali?» la domanda spiazzò entrambi, ma si composero poco dopo «No, i miei nonni erano persone cordiali, erano amici di tutti, non capisco dove volete arrivare» si agitò Jeongin, che non riusciva a connettere bene. Chan stringeva la sua mano cercando di calmarlo «So che siete ancora sotto schock, ma vi pregherei di rispondere in maniere coincisa» dichiarò il maggiore nella stanza, aprendo così le cartelle cliniche «Queste sono le analisi, i Signori non sono venuti a mancare per cause naturali – ispirò cercando di far collegare questa cosa ai due ragazzi – purtroppo la causa è ben diversa» Jeongin lo guardava sconvolto.
«In che senso?» gli occhi si fecero lucenti e acquosi, il respiro irregolare «Sono stati avvelenati»


Avete presente quella sensazione dove ogni cosa che vi viene detta, la sentite appannata, come i vetri della macchina quando piove, e dentro c'è l'aria condizionata, come se la vista e l'udito percepissero lo stesso turbamento.
Il cuore in tachicardia, quasi ad uscire fuori dalla gabbia toracica, il sudore freddo che percorreva sul corpo, le mani gelide, che avevano lasciato la stretta di Chan, tremava come se nella stanza ci fossero meno dieci gradi, e non fosse estate.
Gli sguardi attorni a lui erano di compassione, il suo ragazzo lo stringeva cercando di non piangere, doveva essere forte in quella situazione, il comandante si alzò e lasciò l'ufficio chiudendo la porta, dando intimità ai due ragazzi. Avrebbe chiarito dopo la questione.§
Poco dopo arrivò l'affanno, il respiro corto, Jeongin svenne tra le braccia di Chan, che in quel momento non riuscì a fare niente se non chiedere aiuto «Vi prego! Aiutatemi è svenuto!» urlava con tutta la voce che aveva, il comandante che era da poco uscito, chiamò l'ambulanza, poggiando il ragazzo a terra, con le gambe al cielo.
Chan sperò che tutta quella agonia finisse subito, non voleva essere scortese con nessuno, il dolore del suo ragazzo, era indescrivibile, il suo corpo né era la prova, non aveva ceduto a tutto quel dolore. Ma non poteva aiutarlo da solo. I rinforzi arrivarono subito, portando il ragazzo in ospedale. Chan strinse la sua mano attorno a quella pallida e magra di Jeongin.

La baciò per tutto il tempo, e sperò che quello fosse solo un brutto sogno.

Angolo Autrice

Heyy, come state? Tutto bene? 
Come avete passato questi due giorni? Vi siete riposati?
Sembra un'interrogatorio ahahaha, SCUSATEMII!
Mi dispiace per chi ha ricevuto la notifica che il capitolo fosse stato aggiornato, ma è stato un errore mio!
Capitolo molto impegnativo.
Come dicevo l'altra volta, questi sono momenti critici, che purtroppo, a mia discolpa, cerco di portare.
Non so se quel che sto scrivendo è giusto, non so nemmeno se possa piacere quel che faccio.
Tornando a noi.
Abbiamo delle risposte, non tutte, ma siamo sulla giusta strada.
Il cognome dei nonni di Jeongin è del tutto inventato, mi serviva un cognome italiano e quindi mi è venuto in mente questo ahahaha. 
Ricordo che, appunto, i signori Mameli, nonni materni di Jeongin, sono italiani, ma si sono trasferiti in Australia per stare vicino al nipotino. 
Scusatemi per l'orario, adesso vi lascio che è tardi.

Spero che il capitolo vi piaccia! 💜

Alla prossima! 

Sweet DispositionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora