12.Poteri

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DEMETRA



Vedere la situazione a casa mia mi ghiacciò il sangue nelle vene.
Scendemmo veloci e atterrammo in giardino, tra Samuele e Dafne e un gruppo di vampiri. Quando toccai terra, mi lanciai verso mia sorella, mentre Angel, Hananel, Daniel e Michele fermavano una barriera difensiva davanti a noi.
Subito si levarono rumori di scontri.
Dafne mi abbracciò piangendo e mormorando parole sconnesse.
«Non so cosa... cosa siano... quelle cose che hanno... i denti... e mamma, loro hanno... l’hanno presa... papà... io...».
«Shhh, sta tranquilla. Loro ci aiuteranno, sta tranquilla» le dissi,
accarezzandole la schiena.
Mi staccai da lei e guardai Samuele che fissava le creature, in posizione di attacco, intenzionato a combattere i mostri. Oltre lui, un’auto bianca era incastrata nel muro di casa, sotto la finestra della mia camera.
Rabbrividii.
«Che diavolo è successo?», domandai.
«Te lo dico dopo, eh?», ribatté lui, concentrato.
Doveva essere sconvolto, ma non lo dava a vedere e, a differenza di Dafne, sembrava presente a sé stesso.
«Dove sono mamma e papà?», domandai a Dafne. Lei fissava confusa gli angeli alle mie spalle. Le strinsi la mano. «Puoi fidarti», la rassicurai. «Mamma e papà?».
Ci guardammo per qualche istante, con le dita intrecciate, senza dire niente. Poi lei sospirò e rispose: «Hanno preso papà, forse lo hanno portato via. Mamma e Aria sono svenute, credo. Lì», singhiozzò e indicò un punto nel prato in cui due corpi erano stesi
a terra. «Non sono potuta andare a vedere perché se ci muoviamo, si muovono anche loro e... oddio, Demetra che sta succedendo?».
Si portò le mani al viso.

Guardai la lotta, nessuno sembrava badare a noi, ora. C’era anche
Arianna e dovevo assicurarmi che lei e mia madre fossero vive, che
stessero bene.
Fissai il punto in cui i corpi della mia migliore amica e di mia madre giacevano a terra. Senza pensare, iniziai a correre attraverso il giardino e mi gettai in ginocchio accanto a mia madre. Ne girai piano il corpo, esaminandola in cerca di ferite. Sembrava a posto.
Sbatté le palpebre un paio di volte.
«Mamma!».
«Demi... tesoro, stai bene? Che è successo?», chiese, sollevandosi
a sedere.
Mi spostai più vicina ad Arianna, anche lei aveva aperto gli occhi e si stava alzando. Non appena mi vide, si lanciò su di me. La strinsi.
«Pensavo che ti avessero presa di nuovo!», esclamò, spaventata.
Mia madre ci lanciò uno sguardo confuso. «Presa?».
Scossi la testa. «Niente, mamma. Voi state bene? Tutto ok?».
«Sì, sto bene… solo confusa».
«Tutto ok per modo di dire».
La solita Arianna.
Cercai Nathaniel con lo sguardo e lo vidi lottare contro due vampiri, pensai di portarle da Samuele e Dafne, così per gli angeli sarebbe stato più facile proteggerci. Le afferrai entrambe per la mano e ripercorsi il tratto di prato al contrario. Quando arrivammo vicino
a Samuele un grosso lupo piombò addosso a Dafne, atterrandola
con le zampe sul suo petto.
Lasciai Arianna e mamma, superai Samuele e scattai verso di lei. Il lupo girò la testa, qualcuno gridò.
Nathaniel mi aveva detto che esistevano i licantropi e altre creature oltre ai vampiri, ma non ne avevo mai visto uno.
Aveva il muso di un cane enorme, con le orecchie appuntite e piene di pelo; gli occhi rotondi e gialli, i denti enormi digrignati davanti alla mia faccia. Nulla a che vedere con quelli dei film.
Agii d’istinto: era addosso a mia sorella, non avevo tempo per pensare.
Corsi ad aiutarla.
Il licantropo indietreggiò e posò le zampe sull’erba fissandomi, la
bava gli colava ai lati della bocca.
Mi accucciai, bloccandomi come davanti a un cane rabbioso.
Non funzionò: mi saltò addosso e ci rotolammo sull’erba per alcuni metri finché un cespuglio a fine giardino arrestò la corsa e il suo muso si fece troppo vicino. Mi schiacciò a terra con tutto il suo peso enorme, scattò verso la mia spalla tentando di mordermi ancora una volta; afferrai il muso con le mani, puntai i piedi sul ventre e spinsi con tutta la forza che avevo. Sorprendendo me stessa e il lupo, lo scagliai via. Mi rialzai, pronta ad affrontarlo una seconda volta, ma fui anticipata da una figura alata che gli cadde addosso, infilzandolo con una lunga lama argentata.
Era Daniel.
Pulì la spada sull’erba e si avvicinò a me. «Tutto ok?».
Annuii, anche se non ero del tutto sicura. L’angelo indicò il corpo del licantropo, di cui era rimasto solo uno scheletro canino.
«Come hai fatto a farlo volare via in quel modo?», chiese.
«Non ne ho idea», risposi sollevando le spalle.
Daniel inclinò la testa, incuriosito, poi si girò e guardò il campo di battaglia che era diventato il mio giardino.
Del gruppo di creature minacciose di poco prima erano rimasti solo corpi e mucchi di polvere tra l’erba e in fondo, sotto un albero, un tizio vestito di scuro stava aiutando mio padre a liberarsi dalle corde che gli legavano le mani.
Lo avrebbero portato via... pensai.
Non ebbi il tempo di riflettere sul motivo di quel rapimento, perché il tizio si girò e accompagnò mio padre vicino al resto della mia famiglia.
Era Camriel.

Li raggiunsi e li studiai tutti per controllare che fossero vivi e vegeti davvero, che non fosse tutta un’illusione. Avevo avuto così tanta
paura per loro che il mio cuore si era già spaccato, aspettandosi qualcosa di tragico. Per fortuna, potevo ancora abbracciarli tutti.
Spostai lo sguardo su Samuele e Arianna, anche loro stavano bene.
Tirai un sospiro di sollievo. Nathaniel corse da me, mi abbracciò.
«Grazie al Cielo stai bene! Ti ho vista rotolare via con quel lupo e stavo cercando di liberarmi dai succhia sangue... per fortuna ho chiesto a Daniel di proteggerti», disse preoccupato. Studiò i miei occhi. «Sicura che sia tutto ok?».
“No, ma te lo dico dopo”, pensai solamente.
I suoi occhi luccicarono, annuì e mi baciò la fronte. Aveva funzionato, come il giorno prima alla villa.
Solo a quel punto, riuscii a rivolgere l’attenzione a Camriel.
Era quello meno provato dalla battaglia e, da ciò che ricordavo, avrebbe dovuto essere insieme a Gabriel in quel momento, dall’altra parte della città. Eppure, era venuto ad aiutare gli altri e aveva salvato mio padre.
Mi avvicinai. «Grazie», mormorai, poi gli afferrai la mano. Si lasciò toccare, ma l’allontanò un istante dopo, sfilando una sigaretta e iniziando a fumare. C’era stato un guizzo nella sua espressione, qualcosa che aumentò la mia curiosità nei suoi confronti.

Angels' War - PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora