7.Cambia tutto

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CAMRIEL

Mi abbassai e atterrai, lasciando rotolare il corpo della ragazza sull'erba umida, senza fare rumore; rimase in stato di incoscienza.
Mi ero fermato in un prato tra le colline toscane, quasi al confine col Lazio. Lì, nessuno l'avrebbe sentita urlare e mi sarei divertito come volevo.
Sesso, carne e sangue.

Era tarda notte e avevo attraversato le strade di Firenze in cerca di cibo, prima di fare l'ultimo tratto di viaggio verso Roma. Non avevo trovato nessuno di interessante a quell'ora, finché non avevo raggiunto la parte mondana della città. Molti giovani erano in giro e io avevo facilmente puntato una preda, aspettando il momento giusto per attaccarla.
Isolata dalle sue amiche, portarla via era stata una passeggiata.

Mi ero concesso una pausa prima della fine del viaggio, perché fino ad allora non avevo fatto altro che correre.
Il tempo che avevo trascorso all'inferno corrispondeva a tre giorni sulla Terra, perciò, appena tornato, mi ero subito messo in viaggio per Roma, come da ordini di Lucifero.
Avevo anche chiamato Nathaniel prima di partire, ma non mi aveva risposto. Prevedibile, dopo il nostro incontro di almeno cinquant'anni prima. Comunque, ero partito di fretta, in volo, limitandomi a lasciare un biglietto per James, in cui lo informavo della mia nuova missione.

Mentre riflettevo sul percorso che avevo fatto e su quello che dovevo ancora fare, studiando la direzione dell'ultimo tratto di viaggio, la ragazza si mosse sul terreno, mugolando.

Mi avvicinai a lei: si stava svegliando. Aveva i capelli biondi e la pelle molto chiara, era minuta, ma aveva un profumo inebriante.

Non indossava profumi o bagnoschiuma alla frutta, cose che mi avrebbero disgustato. Sentivo l'odore della sua pelle che mi penetrava il naso e le ossa, così come il suo cuore che pompava veloce

come un tamburo. Il sangue correva dal petto agli arti e la sua carne giovane era un invito a nozze.

La ragazza aprì gli occhi, confusa, poi alzò lo sguardo e mi vide.

Gridò e si alzò di scatto, spaventata.
«Chi sei tu? Che ci faccio qui?».

Sorrisi. La paura mi eccitava.
Un passo verso di lei, che arretrò per mantenere la distanza, «Chi sei?», balbettò di nuovo, cominciando a piangere.
«Che cosa vuoi da me? Perché sono

qui?».

Abbassai lo sguardo sul suo corpo: indossava un vestito nero attillato, che le avvolgeva ogni curva; la giacca lunga che portava per coprirsi dal freddo, riusciva a coprire un po' le sue voluttà, ma io

ero così affamato che i miei poteri mi permettevano di vedere oltre quelle barriere.
Stare all'inferno aveva incrementato il mio bisogno di mangiare e uccidere. Più sangue ingurgitavo, più me ne serviva.

Avevo cacciato durante il viaggio, era solo un'altra delle tante vittime di quei giorni. E della mia vita.

Continuai a sorridere all'idea di quello che le avrei fatto.

Lei, invece, gridò per la seconda volta, fece numerosi passi indietro e mi fissò orripilata, scorgendo nei miei occhi il rosso brace innaturale.

Mi spinsi in avanti, divorando in un batter d'occhio la distanza, poi le afferrai un braccio, per non farla fuggire.

Per quanto mi sarebbe piaciuto, non avevo tempo di giocare al cacciatore e la preda. Lei si divincolò.

«Mi dispiace, tesoro», dissi. «Forse non saresti dovuta andare in giro da sola a quest'ora di notte».

Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse.

«Sì, eri a Firenze», confermai il suo dubbio. «E no, non siamo più lì. Ti ho portato in volo... con queste».
Spalancai le ali nere e lei cadde a terra, chissà se per lo spavento o per lo spostamento d'aria.
Mi accucciai di fronte a lei.
Osservai meglio i suoi occhi allungati e ne notai il colore.

Angels' War - PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora