Chiaccherata al telefono

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"Hey, ti suona il telefono"

Dylan afferra il cellulare posato sul comodino e lo passa a me. Gli rivolgo un ringraziamento veloce e rispondo alla chiamata.

"Pronto?! Ci sei?"

Riconosco subito la voce metallica.

"Ciao, Corey!" Rispondo allegramente.

"Ho saputo ció che ti è successo... Davvero, mi dispiace un sacco. Ti trovi bene?" Mi chiede preoccupato.

"Uhm... si. Si sta bene qua. Sicuramente meglio che a casa. Non c'è mia madre tra i coglioni. Sto bene, sul serio".

"Oh, meno male, cazzo. Ti sei fatto degli amici?"

"Diciamo. Vado molto d'accordo con il mio compagno di stanza, Dylan. È un bravo ragazzo. Per il resto... non so. Ho parlato qualche volta con una ragazza, non è male".

Dylan, seduto dietro di me, sorride ascoltando il modo in cui descrivo. È sincero. I suoi sorrisi veri sono rari, per questo hanno un immenso valore.

Corey ride. "Wow. Un vero animale sociale. Ti sei già fatto qualcuna?"

"Mh, potrei" rispondo enigmatico. "Nah, la mia anima appartiene a Dio. Non posso concedermi al peccato della lussuria" scherzo.

"Uh, un vero santo. La tua mano non dice lo stesso".

"Detto da te è molto coerente... Ricordati che Dio ti osserva sempre".

"Dio si riempie di seghe guardandomi".

"Ma mai quanto lo faccio io".

Lui ride. Sento un'amarezza velata nella sua voce.

"Quando esci da quel posto ci facciamo una seratina insieme". Piccola pausa. "Ti faró uscire, Jon, se lo desideri. Io ho una stanza per gli ospiti. Puoi vivere lí finchè non trovi una sistemazione migliore".

"Grazie per il pensiero, ma non farti troppi problemi. Davvero. Sto bene qui. Ci penserà il tribunale ad affidarmi una nuova sistemazione. Ho quasi diciotto anni".

Altra piccola pausa.

"Va bene. Nel caso avessi bisogno di me, io ci sono. Non avere paura a chiedere. Ora devo andare, ho bisogno di preparare il mio progetto scolastico. Domani ti verró a trovare. Alle cinque di pomeriggio sono da te. Ciao".

"Ciao".

Chiudo la telefonata.

Non so cosa pensare. Mi piacerebbe abitare con Corey, ma non posso dargli troppi problemi. Ne ha già abbastanza. Aspetteró i diciotto anni per poi cercare una casa economica in affitto. I miei genitori dovranno darmi dei soldi. Troveró qualche soluzione.

Per ora ho davanti solo qualche settimana di ricovero. Ho quasi smesso con la droga. Fumo meno. Ma soprattutto, non ho piú allucinazioni ho perdite di controllo. La mia terapista dice che erano causate dalle condizioni malsane in cui vivevo. Probabile. Ma ora sto bene. La terapia sta funzionando. Mi hanno persino affidato un cane. Si chiama Fenrir, è bellissimo, enorme, ha il pelo grigiastro e lungo e gli occhi scurissimi. Andiamo molto d'accordo. Amo i cani.

A volte mi permettono di portarlo in camera, ma purtroppo Fenrir spaventa la gatta di Dylan. Il mio compagno di stanza passa infatti un sacco di tempo con la sua gattina, Honey. È (letteralmente) una palla di pelo che non fa niente tutto il giorno. Si sdraia e passa la giornata a fare pisolini, interrotti dai numerosi pasti. Non male come stile di vita. Dylan la adora. Passa ore ad accarezzarla, mentre lei fa le fusa. Sembra una grossa palla a cui viene trasmessa una scossa elettrica molto forte.

In questo momento Fenrir non c'è, Honey invece dorme vicino alla mia testa. Maledetta sfera pelosa. Poi mi ritrovo la bocca piena di peli.

Dylan si è addormentato. Strano, di solito è sempre attivo. Proprio come il suo gatto.

Non so cosa fare.

La nostra stanza è provvista di un cavalletto e delle tele economiche, quindi decido di produrre qualche brutto dipinto. Non sono proprio bravissimo, devo ammettere. Peró sono sensibile e riflessivo, so come trasformare una merda in un'opera d'arte. È una capacità importante.

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