Realtà distorta.

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Ho perso totalmente la concezione del tempo. Potrei essere sdraiato su questo fottuto letto da giorni, o forse da meno di un'ora. Sto vivendo ció che Dylan viveva ogni giorno. Me lo merito. Cerco di non pensare, ma la voce bastarda dentro la mia testa si alza sempre piú. Non ci si puó aspettare di controllare i pensieri, odiano essere sfidati e noi ne paghiamo le conseguenze. Non posso piú fare nulla. Non posso fingere che lui sia vivo. Non posso fingere che non sia mai esistito. Devo accettare la situazione. Vorrei tanto esserne capace. Il pensiero folle che Dylan sia ancora qui con me a volte sembra la realtà, una realtà distorta. Ora non so dove sia lui.

Io non credo in Dio. Non credo al Paradiso. Neanche all'Inferno. Dylan secondo la religione cristiana ci sarebbe finito, all'Inferno. "Non ha rispettato il dono prezioso che Dio gli ha donato". Certo. Dio prima li fotte, poi si lamenta se non ce la fanno. Come se fosse un gioco perverso. Giusto.

"La morte risale alle 3:00 circa. Il giovane si è suicidato, questo è certificato dall'analisi scientifica, tagliandosi i polsi con un coltello. Non abbiamo trovato il fornitore. L'istituto presta una grande attenzione ai suoi pazienti, non lasciando in loro custodia alcun oggetto che potrebbe essere dannoso per loro e per gli altri. La vittima deve aver rubato l'arma dalle cucine. In ogni caso, le ricerche sono in corso".

Questo è ció che ho sentito raccontare da un agente di polizia. Ha spiegato anche la reazione dei genitori. Sono venuti qui quando io dormivo. Sono felice di non aver visto. I sensi di colpa mi bastano.

Dylan non mi ha mai parlato dei suoi conoscenti. Un giorno dovró parlare con i suoi genitori. Devo. Si meritano di sapere ogni cosa. Si meritano di sapere come Dylan moriva ogni giorno sempre di piú. Si meritano le mie scuse, per non aver colto i segnali, per aver fallito miseramente il tentativo di salvarlo.

Quel giorno arriverà presto.

Sento bussare alla porta. Non mi sforzo neanche di rispondere.

"Scusa... c'è nessuno?" Un ragazzo apre lentamente la porta. Riesco a vedere fuori dalla stanza. Appoggiati al muro si trovano tantissimi fiori. Bello il pensiero, peccato che ormai è inutile.

Lo fisso infastidito.

"Mi dispiace molto" mormora.

Ah, ti dispiace.

"Sai, conoscevo Dylan. Era proprio un bravo ragazzo".

"Ottimo" rispondo seccato.

"Posso immaginare come ti senti".

Bravo.

"Ti ho portato del cibo. Devi mangiare. Sei a digiuno da due giorni".

Due giorni? Strano.

Infila una mano nella sua borsa e tira fuori un panino spiaccicato.

"Non è fantastico, lo so, ma per favore, mangialo".

Annuisco infastidito e allungo la mano verso il mio scarsissimo pasto. Tolgo la plastica che lo ricopre e gli dó un morso. Non ha sapore.

Il ragazzo sorride.

"Ricorda che, nel caso avessi bisogno di parlare, c'è sempre qualcuno pronto ad ascoltarti. Ti farebbe bene".

Wow, non vedevo l'ora di venire etichettato come "paziente numero X". Non ne ho avuto abbastanza, no.

Non basta mai.

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Capitolo corto stavolta perchè sí :)

Insanity.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora