Rinascita.

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Ho sentito morire ogni minuto trascorso dopo la chiamata, tanta è l'impazienza di vedere il mio "amico". Una parte di me desidera ardentamente di scappare, nascondersi in un angolo sperduto chissà dove e non dover affrontare l'incontro con Corey, ma ne ho avuti già abbastanza di sensi di colpa. Corey mi vuole bene, non si merita di soffrire a causa della mia vigliaccheria. Non ho nemmeno il coraggio di scappare, in ogni caso. Non mi rimane che stare qui, seduto su una stupida sedia, con i pugni stretti e il volto pallido.

Una figura si avvicina al giardino.

Vedendola, sento una forte stretta al cuore. Mi mordo forte le labbra, sperando invano di non apparire nervoso. Sono rigido come una statua e sembro sul punto di crollare a terra: non serve essere psicanalisti per capire il mio stato d'animo.

Corey mi guarda e sorride.

"Jonathan".

Mi gira la testa. Devo trattenermi per non saltargli addosso e stringerlo fino a soffocarlo. Mi passo le mani tra i capelli con un movimento isterico e abbasso gli occhi fissando il terreno.

"Hey..." la mia voce trema. Potevo aspettarmelo. Vorrei vomitare.

Si avvicina, e inizio a sentirmi male. Ti prego, non farlo. Appoggia il braccio sulle mie spalle. Ecco, lo sapevo. Cazzo.

"Ti va di andare in una zona piú... tranquilla? Qui... insomma, quella donna vestita di rosso mi innervosisce".

È difficile dare una risposta. So come puó finire se andiamo in un luogo appartato. La cosa mi preoccupa.

"Mh... va bene". Ecco la mia risposta definitiva. Fanculo.

Corey sorride.

"La tua... scusa, dicevo, l'altra parte del giardino mi sembra migliore, no?"

Il giardino, ottimo.

"È una bella zona, sí... Ci sono gli scoiattoli e i conigli selvatici. Begli animali, sono cosí... carini..."

Come sembrare un perfetto idiota, io lo so bene. Se esistesse il nobel per l'essere imbarazzanti, avrei la casa piena di premi. Lui comunque mi guarda e ride. È una di quelle poche persone speciali che riescono a farti sentire sempre a tuo agio, scacciando l'imbarazzo e le incertezze con un semplice gesto.

"Sí. Una volta avevo un coniglietto bianco. Si chiamava Snow. Molto scontato, ma ci si puó aspettare un nome simile dalla mente di un bambino di cinque anni. Un giorno sono tornato a casa dopo una gita con i miei genitori, e non lo trovai piú. Mia mamma mi raccontó che Snow era andato in un bosco, aveva trovato una coniglietta e aveva avuto tanti bellissimi figli. Io ci ho sempre creduto" racconta dolcemente.

Sorrido, lui anche.

"Vuoi una sigaretta?" Chiede.

"Sí, grazie Corey". Ne ho bisogno, sí.

Lui mi passa il pacchetto, sfilo una sigaretta e l'accendo. Solito rituale. Ma alla fine la vita è un insieme di rituali interrotti ogni tanto da avvenimenti speciali. È divertente pensare che proprio questo è uno dei momenti importanti.

"Cazzo, ne è successa di roba in questi giorni", dice Corey.
Decisamente.

Mi fissa. "Ti lascio il diritto di cambiare discorso quando vuoi, ma... cos'hai intenzione di fare ora?"

Oh, che domanda. Non ho idea di cosa fare, ora. Non so neanche come arrivare a domani, a dire la verità.

"Non lo so" rispondo "in tribunale hanno detto che la mia famiglia è incapace di prendersi cura di me e non posso crescere in un simile ambiente, inoltre avevo bisogno di una terapia per "ripulirmi". Ora... la terapia sta andando bene. Ho solo bisogno di qualche controllo ogni tanto, anche per qualche mese dopo aver finito il ricovero. Sai... ho davanti solo una settimana ancora, poi potró uscire. Il problema è trovare un luogo in cui andare. Sono ancora minorenne. Per poco, peró. Solo un mese".

A volte penso a quanto sia strano diventare un adulto. Ho creduto cosí spesso che mai sarei arrivato alla maggiore età, invece eccomi qui, solo un mese e compio diciotto anni. È assurdo. E spaventoso. Non penso spesso al mio futuro, è una specie di "tecnica di difesa". Non prendo spesso in considerazione l'idea che tra non molto dovró costruire da solo la mia vita, lavorare e guadagnarmi da vivere. La realtà è che non so neanche cosa faró domani.

Corey mi osserva compassionevole. "Jon, ho raccontato di te a mia madre". Oh, so già che mi odia, perfetto. "Sai, è rimasta molto colpita dalla tua storia. La verità è... lei è dispiaciuta per te. Ti vuole aiutare". Il mio cuore mi dà un forte colpo. Lo fisso intensamente. "So che sembra strano, ma... ha detto che dopo averti conosciuto, mi ha visto davvero felice".

I suoi occhi si inumidiscono, lui sorride e io ricambio. Ho reso felice una persona. Per la prima volta dopo anni, sento di amare me stesso.

"Corey, conoscerti è stata la cosa migliore che mi sia mai successa. Mi hai salvato dalla merda che mi circonda e, soprattutto, da me stesso. Non so come ringraziarti. Davvero, non so dove sarei ora, senza di te. Probabilmente sarei sottoterra e l'unico ricordo che rimarrebbe di me sarebbe una lapide vuota. Ma tu, tu mi hai fatto capire che significa essere apprezzato. Tu mi hai fatto vivere sul serio".

Ormai non riesco a fermare le lacrime. So bene che nasconderle è inutile. Corey ha la testa chinata verso il basso, gli occhi fissi sul terreno. La sua debole schiena trema forte. "Io ci ho provato, Jon. Ma non ho fatto abbastanza", "avrei potuto evitare tutto questo, avrei potuto essere meno egoista e provare a salvarti subito, fin dal primo momento in cui ti ho visto. Ma non l'ho fatto, perchè ho pensato solo a me stesso. Sono una merda".

Afferro le sue braccia e lo guardo negli occhi. "Tu sei davvero una persona meravigliosa. Di quelle rare da trovare. Ecco, quelle persone che, nonostante stiano cadendo a pezzi, pensano ad aggiustare gli altri prima di se stessi. È nobile, ma rischioso. Tu hai fatto molto per me, quasi troppo. E io non ho fatto nulla in cambio". Alza lo sguardo. "So che è difficile, ma ce la faremo, cazzo, ce la faremo. Siamo sopravvissuti fin ora, riusciremo sicuramente a lasciarci alle spalle questa merda. Ce lo meritiamo". Sorride. Nonostante gli occhi rossi e le guance rigate di lacrime, il suo volto esprime speranza.

"Ce la faremo, sí".

Mi stringe forte, e io prendo una decisione folle ma meravigliosa.

Lo bacio.

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