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"Dai, mangia bene," dico sbuffando, ma con un sorrisetto sulle labbra mentre lo guardo. Lui è lì, appoggiato al tavolo, con il kebab in mano come se fosse un peso, e lo scruta con aria distratta.

"Zitta," risponde lui con quel tono pigro, portandosi la piadina alla bocca e dando finalmente un morso. Non è un "zitta" cattivo, è quasi tenero, come se volesse mettermi a tacere solo per ridere un po'.

Sbuffo e giro gli occhi, ma dentro di me quel suo modo di fare mi fa sorridere.

"Domani cosa vuoi fare?" mi chiede all'improvviso, la voce più calma mentre mastica.

Ci penso per un attimo. Domani. Il nostro giorno. Forse l'unica cosa che ci è sempre venuta naturale: stare insieme e dimenticare tutto il resto.

"Tu cosa vuoi fare?" chiedo, inclinando leggermente la testa, ma già immaginando dove vuole andare a parare.

E infatti eccolo lì. Mi guarda con quello sguardo che conosco troppo bene, quel mezzo sorriso appena accennato che già mi innervosisce.

"Non fare il porco, te lo giuro," dico subito, stringendo gli occhi e fissandolo, prevedendo perfettamente i suoi pensieri.

"Non ho detto un cazzo," si difende, sollevando le mani come per discolparsi, ma gli occhi lo tradiscono. Più sereni, più leggeri, quasi felici.

"Quando vuoi," aggiunge poi, portando di nuovo il kebab alla bocca per un altro morso.

"Certo..." rispondo ironica,scuotendo la testa.

"Poi vediamo," dice lui con quella solita nonchalance, senza nemmeno guardarmi, ma lo sento che sta sorridendo sotto quei toni finti da duro.

"Ma la smetti?" sbuffo ancora, ma il sorriso mi scappa lo stesso.

Anche se c'è tanto da dire e tanto da risolvere, in momenti come questo sembra che basti solo questo: io e lui, e battibeccare tra un morso e l'altro.

Insieme Da Una Vita-PAPA VDove le storie prendono vita. Scoprilo ora