Chapter 7.

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/ 3,41 K vi adoro sempre di più!!
Questi otto capitoli sono stati più o meno "l'introduzione" di Kitten. La vera e propria storia inizia da ora.
P.s. scusate se il capitolo è un po' corto.
-K'

+...+

"Ricordi che dobbiamo parlare ancora delle regole, vero?"gli ricordò l'uomo in tono piatto.

Un rumore gutturale gli uscì dalle labbra, in risposta.

L'unica cosa a cui riusciva a pensare era al piccoletto, che ben presto sarebbe diventato di sua proprietà, seduto sulle gambe di Nicolai, dall'altra parte della scrivania, mentre discutevano, anche se di sicuro non sarebbe stato il più piccolo ad avere la meglio.

Oramai era tutto deciso e non voleva nessuna obbiezione.

"Un Daddy, davvero?!"quasi urlo, Louis, in preda alla disperazione."Non hai mantenuto la promessa di restare sempre insieme, e per cosa?! Per affari, mi hai dato via per affari!"continuò, ormai rosso in viso per la paura e rabbia.

"Scusa, okay? Ma dovevo, mi ha sempre aiutato a mandare avanti la casa, e in cambio non mi ha richiesto i soldi, ma solamente un buon sottomesso. Lui vuole te, Louis, nessun altro."mormorò sottovoce, con occhi bassi.

Aveva ceduto.

E anche gli occhi di Louis l'avevano fatto, lasciando andare le lacrime.

"Scusami, gattino."

~

"New York, New York, New York, New York.."gli rimbombava in mente.

"Stasera partirai per New York."
New York, così lontana dalla sua casa.

Cosa aveva fatto di male per meritarsi quello?!

Le mani tremavano, mentre metteva in una valigia le proprie cose, nonché gli acquisti fatti quello stesso giorno con un certo Richard.

Il piccolo cofanetto che aveva fra le mani si aprì in due parti al contatto con il pavimento.

La mano che stava percorrendo l'interno coscia di Louis gli fece spalancare gli occhi ed ingigantire le pupille.

"Non toccarmi!"scattò, girandosi verso l'uomo, spingendolo indietro per farlo allontanare da sé.

Il verde diventò più scuro, mentre lo guardava con la mascella serrata, in un espressione di fastidio e rabbia improvvisa.

Allungò la mano con un movimento veloce, stringendo il fragile polso di Louis, che piagnucolò alla forte stretta.

Quasi inciampò e cadde, quando fu strattonato in avanti e poi messo di spalle all'uomo con movimenti bruschi.

E, senza accorgersene, la guancia toccò il materasso e la testa fu spinta con forza contro di esso, per tenere fermo il moro.

Invano cercò di distendersi completamente sul letto. Due mani arpionarono le cosce, mantenendo il sedere di Louis in aria.

Cercò anche di ribattere quando il maglione a righe, che indossava ancora, fu sollevato, lasciando alla vista dell'uomo le natiche perfette e pallide, di un Louis che cercava di urlare, ma che non ci riusciva per le due dita fini e lunghe che gli premevano sulle labbra, tenendole chiuse.

Gli occhi verdi goderono nel vedere la pelle colorarsi di un rosa pesca, mostrando le onde, che delineavano il grosso palmo del riccio, che poco prima, dopo essere stato sollevato, schiaffeggiò una delle natiche di Louis.

La vista di quest'ultimo si appannò, per via delle lacrime che gli salirono agli occhi.

Il rumore del forte schiaffo era rimbombato attraverso le quattro pareti della, ormai non più, camera di Louis.

"Nessuno può dirmi cosa fare, tanto meno tu. Ora sei mio."ringhiò all'orecchio, di un Louis tremolante, dopo averlo tirato su con un altro strattone al maglione.

~

"Perché non li posso salutare?"si voltò di scatto, chiudendo un'anta dell'armadio con un tonfo.

"Perché.."Nicolai si sedette sul letto, già senza coperte, guardando il ragazzo, per dargli i motivi per cui non poteva salutare gli altri ragazzi, residenti in quella casa."Loro già sapevano che prima o poi tu saresti stato portato via da questa casa,"sospirò, guardando il ragazzo chinarsi per chiudere la valigia rosa."ma non sapevano che saresti andato a vivere a..New York. Avrebbero sicuramente fatto casino. New York è molto lontana da Londra, molto."

In risposta, Louis, cercò solamente di trattenere le lacrime, scuotendo in dissenso la testa.

Prima che il ragazzo potesse prendere le due valigie, Nicolai già le aveva impugnate entrambe, pronto a portarle al piano inferiore.

Come poteva aver accettato di farlo diventare un sottomesso?

Si sentiva malissimo mentre scendeva le scale, cercando di non fare rumore, per evitare di attirare l'attenzione di occhi, che non avrebbero dovuto vedere quello che stava succedendo.

Non sapevano che sarebbe partito quella stessa sera, e, da come lo aveva avvertito Nicolai, non avrebbero dovuto saperlo, fino alla partenza dell'aereo, perché sì, avrebbe preso per la prima volta l'aereo.

Con occhi bassi uscì dalla caso, che lo aveva accolto sin dalla sua più tenera età.

E delle lacrime non riuscì a trattenerle, quando scese anche gli scalini, che lo portarono al cancello principale, dove era accostata la stessa auto che quella mattina li aveva portati in centro per fare acquisti.

In lontananza poteva vedere la distesa di rose rosse, di cui per molto tempo non si sarebbe preso cura.

Vedeva la sua vita cadere pian piano, come facevano i petali delle rose, uno per uno.

"Io non posso accompagnarti."

E Louis, anche se ce l'aveva con lui per quello che gli aveva fatto, non poteva fare altro che buttarsi tra le sue braccia, singhiozzando silenziosamente.

"Fai il bravo, Kitty."gli baciò i capelli, sorridendogli rassicurante, mentre saliva sulla Ranger Rover, che li avrebbe portati all'aereoporto.

Richard chiuse la porta e fece il giro della macchina, arrivando al posto del guidatore.

"Harry."

"Nicolai."si salutarono i due uomini, scambiandosi una strana occhiata.

Si intendevano con poco.

Quando la macchina partì, Louis, era pronto ad urlare, e svegliarsi al centro del proprio letto, madito di sudore a causa del sogno, o incubo.

Ma non accadde.

La realtà lo colpì come uno schiaffo.

Kitten ||Larry Stylinson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora