Le urla alle mie spalle mi arrivavano spezzate alle orecchie.
L'erba intorno a casa iniziava a bruciacchiarsi e ben presto, se nessun fosse venuto in soccorso, anche quei piccoli alberi che avevano ramificato intorno alla mia casa, avrebbero fatto la stessa fine.
Le braccia che avevo usato per coprirmi il viso erano colorate dalla pece. Tanti piccoli taglietti erano intagliati sulla mia pelle chiara, poche volte esposta al sole.
La casa stava cadendo a pezzi.
Una tegola, usata per contornare il tetto, mi sfiora la testa, prima di rompersi vicino al mio fianco.
Come se uno mangiafuoco avesse fatto una magia, una vampata di fuoco fuoriesce dalla finestra. Alcuni piccoli pezzetti di vetro mi arrivano alle gambe, immobili sul prato di casa.
Non c'era nessuna via di fuga.
La staccionata, il doppio di me, era stata issata per vietare l'ingresso alle persone indesiderate e forse, in quel momento, mi pentii di aver suggerito a mia madre quell'idea.
Anche se con tutto me stesso volevo urlare, non ci riuscivo. Dall'altra parte della mia casa, ormai in fiamme, c'erano persone che urlavano frenetiche, alcune di disperazione, e io volevo solo che qualcuno mi venisse a prendere, e mi portasse da mia madre e dalle mie sorelle.
La cosa che mi rincuorava, però, era che loro non erano in casa, e, chiunque volesse fare un torno a loro, appiccando il fuoco in casa, non aveva avuto quella soddisfazione.
O almeno, avrebbero ucciso me.
I filetti d'erba si bruciavano con lentezza, come una miccia, prima della bomba.
Io ero la bomba.
Si stavano avvicinando con lentezza e quando mi avrebbero raggiunto io sarei "esploso".
Ma la staccionata alle mie spalle cadde. Il piede di una delle assi di legno era stato bruciato. Non badai alle piccole scaglie di legno, che mi graffiavano la pelle.
Riuscii ad uscire. E iniziai a correre.
Verso un posto senza fiamme.
Ma il fuoco mi seguiva, era più veloce di me, bruciava tutto quello che incontrava, e poi..il dirupo.
Louis urlò di disperazione, mentre si metteva a sedere, al centro del letto. Le coperte coprivano la maggior parte del parquet. Erano state scalciate lì, durante quel momento di agitazione.
Delle piccole goccioline di sudore gli bagnavano le tempie, cadendo poi sulla curva del collo e infine sulla maglia, appiccicata alla pelle per via del fatto che fosse bagnata.
Si lasciò cadere a peso morto sul morbido materasso, mantenendo un braccio steso e portandosi l'altro a coprirsi gli occhi.
Sogni, o incubi, così erano sempre più frequenti, e comprendevano sempre una casa incendiata. Quello che spaventava Louis ogni volta era che il sogno lo viveva in prima persona ed era molto vivido, quasi fosse un flashback.
Lasciò uscire quei pensieri dalla testa, accorgendosi che, ancora una volta, il letto era freddo e vuoto.
Tutto procedeva con normalità. La mattina si svegliava da solo, si preparava e faceva il letto, anche se Margaret lo sgridava sempre per quello. Poi aiutava quest'ultima in casa, Harry però glielo aveva vietato, ma, dopotutto, lui non era in casa, e Louis voleva rendersi utile, poiché gli era stato vietato di uscire. Così, da una settimana e passa, rimaneva in casa.
Pranzava e cenava con Harry, rimanendo con la bocca chiusa per tutta la durata, e infine si accucciava nel letto, mentre l'uomo si chiudeva nel suo ufficio per lavorare.
Ma Louis sentiva quel calore tutte le notti.
Lo sentiva quando si spogliava e quando si metteva a letto con solo il sotto del pigiama, il contrario di Louis.
Cercava di essere il meno rumoroso possibile, ma lui era sempre sveglio.
Sveglio anche quando gli faceva appoggiare la testa sul suo petto, all'apparenza duro, ma, una volta rilassato, un morbido cuscino.
Lui gli accarezzava i capelli e Louis si addormentava.
Oltre a questo non lo aveva toccato in nessun altro modo. E questo sorprendeva Louis.
Forse aveva frainteso il proprio "lavoro".
Si ridestò dal fissare fuori dalla vetrata, che sarebbe dovuta essere un muro e una finestra, quando dei passi turbolenti si fermarono proprio fuori la porta della camera da letto.
Il liscio quasi cadde dal letto, appena quest'ultima fu aperta, lasciando che una furia dai capelli viola, entrasse senza bussare.
"Harry, ho mangiato la tua colazio-..tu non sei Harry.."corrugò le sopracciglia, esclamando ovvia.
Guardò prima le coperte sul pavimento e poi il ragazzino sul letto, con una maglia che a malapena gli copriva il fondo schiena.
Quello si apprestò a scuotere la testa, alzandosi per raccogliere le coperte.
"Hei..piacere, io sono Gemma!"cinguettò la..viola?, avvicinandosi al moro.
"Louis.."rispose un po' titubante.
Da dove era uscita quella ragazza?
E lei, notando lo sguardo confuso di Louis gli fece un sorrisetto di scuse, allungando poi una mano verso di lui, di cui le unghie erano colorate di un verde eccentrico.
"Sono ehm..sono la sorella di..Harry."si morse il labbro inferiore, come se si trovasse a disagio nel dirlo.
E Louis avrebbe mentito dicendo che non fosse sorpreso. Quella ragazza, Gemma, sembrava così solare ed..esuberante.
Era l'opposto di Harry.
Ma si diede dello stupido.
Come aveva fatto a non notare la somiglianza? Era Harry al femminile.
"E tu chi sei?"chiese poi, sentendosi palesemente sotto lo sguardo fisso di Louis.
Come glielo avrebbe spiegato?
Non poteva dire: "sono il sottomesso di Harry, che chiamo Daddy, piacere" o sì?
Tuttavia Gemma aveva notato che il più basso si trovava in difficoltà, così gli pose un'altra domanda.
"Da dove vieni, Louis?"
"Londra."rispose senza esitazione.
Negli occhi della ragazza si accese qualcosa, nel sentire nominare quella città.
"Lo-londra? Quindi tu sei..oh. Beh..benvenuto."mormorò frasi prive di senso compiuto, tornando poi a borbottare qualcosa tra sé e sé come "avrebbe dovuto dirmelo", "è piuttosto piccolo" o "stanotte gli raso i capelli a zero".
Quando tornò a guardare il ragazzo lo trovò a disagio, intento nel tirarsi più in giù la maglietta, che per lui era di certo troppo grande.
"Mi sembri simpatico!"gli fece un sorrisone."Vuoi venire a fare compere con me? Sì? Fantastico! Ti aspetto giù."gli domandò e si rispose da sola, non dando voce in capitolo a Louis.
Questo poté solamente annuire e iniziare a prepararsi.
"Louis, ti è vietato uscire di casa, assolutamente."ma quel pensiero non gli attraversò nemmeno per un momento la mente.
/Okaay, in questo capitolo non succede nulla di che, e mi scuso, perché è passato molto più tempo del solito, prima che io aggiornassi. È che il primo giorno di liceo si avvicina e io muoio dall'ansia. Comunquee, cercherò di dare il meglio di me nel prossimo!
Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate della storia fino ad ora -accetto sia "complimenti" che critiche-.
P.s. Auguri allo Zio Nello!!!
-K'
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Kitten ||Larry Stylinson||
FanfictionI gatti possono essere adorabili e sensuali allo stesso tempo. Nemmeno il più grande capo d'imprese, conosciuto da molti come "Daddy", riuscirà a resistere al suo fascino. 100mila views: 25/07/16 #41 in Fanfiction 07/10/15