HALOA
+sono tornata con questo capitoletto, spero vi gusti XD
Tornai a casa come un fulmine, mangiai in un nanosecondo e mia madre continuava a guardarmi spaesata, senza proferir parola, anzi, stava sogghignando sotto i baffi.
«Devi prendere un treno?» domandò a bruciapelo, proprio nel momento in cui feci uno scatto felino per andare un camera.
Mi bloccai di colpo, prima di andarmi a spiaccicare contro la porta di legno con rifiniture di vetro «no» grugnii «devo andare a scuola per un rientro» tergiversai, mentendo spudoratamente, ma per mia fortuna non avevo la maledizione di Pinocchio.
Lei mi guardò con un sopracciglio alzato così mi portai d'istinto le mani sul naso, per verificare che fosse ancora della sua misura e non più lungo di me.
Tirai un sospiro quando constatai che fosse tutto al proprio posto.
«Un rientro il quarto giorno di scuola?» chiese ancora, inarrestabile.
Incrociò le braccia e mi guardò severa, come se la sua espressione mi facesse sentire in colpa.
«E che ne so, sono loro i pazzi» asserii alzando le spalle e cercando di essere il più convincente e naturale possibile.
Prima che potesse continuare il terzo grado per l'FBI corsi di buon grado in camera, dove mi chiusi a chiave per sicurezza, sarebbe stata in grado di fare un'intrusione coi fiocchi.
Guardai l'orologio appeso alla parete e tirai un sospiro di sollievo misto ad ansia, paura, e ancora ansia.
Avevo ancora un'ora per uscire, che tradotto significava mezz'ora per calmarmi e respirare, e dieci minuti per riuscire ad acchiappare l'autobus al volo.
**
Alle tre spaccate ero davanti al maestoso cancello del parco, immersa nel verde della natura.
Nonostante l'apparente tranquillità in viso ero paonazza e facevo un salto da canguro ogni volta che sentivo dei passi avvicinarsi: una volta era il vecchietto col chiwawa, l'altra la nipotina con i nonni e l'altra ero io, che iniziavo a fare avanti e indietro per quel mezzo metro.
«Ehi» sentii una voce maschile familiare e alzai gli occhi, incantandomi di riflesso: era vestito normale, maglietta e jeans, eppure sembrava un modello, forse per quei pantaloni stretti che gli fasciavano le gambe così divinamente.
«Rebecca, sei sulla terra?» ridacchiò lui, vedendo la mia faccia da pesce lesso.
Perché con lui finiva sempre che facevo figure del cavolo?Scossi la testa e annuii rinvigorita «si ci sono, dove ci mettiamo?» iniziai, giusto per chiare argomento e sorvolare sulla mia impacciataggine.
«Laggiù ci sono dei tavoli da picnic» indicò e lo seguii a ruota, attraversando l'area con altalena e scivolo.
«Se vuoi dopo puoi farci un giro» rise, senza dubbio aveva notato il mio sguardo intenso verso quei giochi che amavo tanto.
«No tranquillo, prima devo affrontare una guerra greca» ironizzai, per entrare il più possibile nell'ottica dell'aprire il mattone e studiare.
«Dai, allora» cominciò, posizionandosi sulla panca e sfogliando il libro.
«L'alfabeto» lo interruppi subito «lo odio, ci sono delle lettere che sembrano geroglifici» continuai scocciata, guardando esasperata la tabella con tutti i simboli.
«Hai ragione» ridacchiò, iniziando ad osservare quella nefasta pagina piena di cose arcaiche «scommetto che hai sbattuto la testa per questa» continuò, indicando la lettere xi.
