UN PARTO TRIGEMELLARE
GIUROEra sempre la stessa storia: correre millemila chilometri per smaltire tutte le calorie accumulate.
O, con un gergo ancora piu semplice, il pranzo al McDonald's.Ma contro ogni regola di fitness puro e crudo questa corsa in realtà per me si trasformava nel fingere completamente una maratona e portarmi dietro una bottiglietta di Coca-Cola da bere prima di un eventuale svenimento.
Insomma, proprio sana sta corsa.
Però dovevo ammettere che mi ci trovavo proprio bene nei miei pantaloncini corti sportivi, nella canottiera slavata ma comoda, scarpe da ginnastica e coda di cavallo.
Mi sentivo proprio una vera sportiva, di quelle che si allenano tutti i giorni, 24h su 24h, sette giorni su sette.
Invece io ero ferma a una volta ogni morte di papa, cioè quando mia madre mi buttava fuori di casa a calci e mi diceva di aver mangiato troppi biscotti, dettagli.
Mi vedevo già grande e cicciona, a Vite al Limite e Sommersi in casa per colpa dei trecento mila pacchetti di biscotti al cioccolato e un milione di calorie.
Scrollai distrattamente la testa per rimuovere questi strani presagi futuri inquietanti e paurosi, di sicuro dovevo prevenire tutto questo con una finta corsetta, ma meglio di niente dai.
Avviai la musica sul mio telefono e iniziai a camminare veloce, fare scatti improvvisi, ricamminare per non avere un infarto, e così via, un ciclo vizioso infinito addobbato da bellissimi sogni ad occhi aperti e improbabilissimi.
Come al mio solito, mi perdevo a fantasticare e di conseguenza mi perdevo anche nella mia città.
Un punto per Rebecca e il senso d'orientamento non funzionante.
Sbuffai e mi guardai in giro storcendo il naso: senza ombra di dubbio ero capitata nel quartiere dei ricchi, con fiori di tutti i colori possibili ed immaginabili, alberi e palme come se fossimo sul lungomare di una spiaggia caraibica.
Anche le statuette dei sette nani potevano godersi l'erba verdissima e super brillante come i bicchieri di cristallo che i ricconi sicuramente esibivano e conservavano nelle loro vetrinette dorate.
Continuai a camminare e a sbirciare nei rari e quasi impossibili squarci tra i cespugli d'oro e d'argento come una ladra professionista, pronta ad intrufolarmi per rubare l'argenteria e diventare a mia volta super ricca e famosa e futura moglie di Brad Pitt, o Johnny Depp, o entrambi.
Nel bel mezzo delle mie fantasticherie più disagiate, un rumore non sconosciuto mi arrivò dritto alla orecchie e subito dopo si manifestò nei peggiori dei modi.
Io, Rebecca Maggi, investita da un motorino guidato chiaramente da un ragazzo ricco e arrogante e maleducato e antipatico, e ricco.
Che strana la vita, fino a cinque minuti fa pensavo di morire per l'obesità, invece ora venivo uccisa da un ragazzino viziato e stramaledettamente ricco.
«Rebecca!»
O H C A V O L OGuardai con gli occhi spalancati colmi di odio e sorpresa il mio quasi investitore, che, mentre io con l'effetto slow motion cercavo di non suicidarmi battendo la testa sul marciapiede color argento, lui mi aveva afferrato per un braccio salvandomi da un trauma cranico assicurato.
In quei secondi di completo stordimento pensai che mangiare biscotti al cioccolato e diventare obesa non fosse così una brutta idea, almeno finchè il suddetto ragazzo non si tolse il casco rivelando la sua identità, facendomi desiderare di morire sul colpo.
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