Capitolo due.

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Stamattina la spiaggia è davvero bellissima. Sono le sei e le onde sono davvero buone. Fare surf per me non è solo un hobby, ma è una necessità. Sentire il controllo della tavola sui miei piedi, contrastare la forza delle onde. È una di quelle cose che devi provare almeno una volta nella vita. Prima facevo surf in modo più serio, partecipavo a delle gare e alcune le vincevo anche. Non ho mai abbandonato il surf, anche se non lo pratico più a livello agonistico. Dopo circa un'ora constato di esser stato abbastanza tempo in acqua ed esco per asciugarmi un pò.

Mi siedo sulla tovaglia e osservo le persone. È interessante osservare. Tu non conosci niente di loro, ma puoi immaginare, puoi provare ad indovinare. È così bello immaginare, quando immagini è tutto perfetto, più che nei sogni. Mentre guardo davanti a me vedo una figura familiare. Una ragazza in costume, che si stringe nella sua felpa grigia. Come non riconoscerla. La riconoscerei anche in mezzo ad una rivoluzione. Mi avvicino per salutarla.

"Ehi Stefanie." la saluto andandogli incontro. Lei si gira per capire chi sono e poi le sue labbra si incurvano in un sorriso dolce. "Ciao...Andrew, giusto?" mi chiede cercando conferma.

"Giusto." dico mettendo le mani nelle tasche del costume.

"Come mai qui a quest'ora?" mi domanda, togliendosi le cuffie dalle orecchie. Io la guardo negli occhi, e mi accorgo di quanto sia bella.

"Potrei farti la stessa domanda."

Lei guarda il mare. "Mi piace venire qui presto ogni mattina, poiché puoi trovare il tempo per te stessa. Magari pensi un pò nel frattempo." Io la guardo un pò stupito. Non mi sembrava così simile a me o forse è soltanto un'impressione che vuole dare. Annuisco con il capo"Si anche a me piace."

"Tu perché sei qui?" mi dice.

"Vengo qui a fare surf, di mattina presto ci sono onde spettacolari." le spiego, indicandogliele. Lei sposta la testa di lato. Sembra sorpresa.

"Non ti facevo uno che pratica il surf."

"L'apparenza inganna." rido. Si crea un silenzio imbarazzante per qualche secondo e cerco di interromperlo.

"Vieni siediti con me." gli propongo.

"Ok." dice.

Ci sediamo sulla tovaglia e cerco di scrutare il suo viso. Guardando il suo profilo, noto che è quasi perfetta. Sembra una statua. Il suo naso piccolo e all' in sù, si sviluppa in armonia con il resto delle viso, creando un contrasto con le labbra carnose e rosee. Lei nota che la sto fissando e si gira. "Che c'è?" mi domanda.

"Niente." gli rispondo.

"Allora perché mi guardavi così..."

"Così assorto?" la interrompo.

"Si, esatto." esclama.

"Perché sei bella e poi non credo sia la prima volta che ti fissano." gli dico.

Lei scuote la testa."Non come lo stai facendo tu. Di solito si interessano più al mio corpo." mi spiega.

"Anche io ho guardato il tuo corpo ma non prima di guardare TE." dico intonando più forte l'ultima parola.

Lei sembra imbarazzarsi.

"È davvero strabiliante che qui in California ci siano sempre le spiagge piene di gente. Anche di mattina presto." dice, cambiando argomento.

"Si è davvero bello. Ma lo cosa più bella è che ad ogni momento, ci sia un'atmosfera diversa." dico, mettendo le braccia sulle gambe.

"In che senso?" mi dice confusa. Io le sorrido. Le faccio segno di coricarsi e ubbidisce. "Adesso chiudi gli occhi." le comando. Lei gira la testa verso di me. "Perché?"

"Tu fallo." le dico.

Lei chiude gli occhi. Mi avvicino quasi a sfiorarle l'orecchio. "Non concentrarti sulle voci della gente. Concentrati esclusivamente sul rumore del mare. Vedi a quest'ora il mare è pieno d'onde o può essere calmo. È come se ti stesse parlando. Vuole comunicarti come si sente, e lo fa attraverso le sue onde. Anche noi vogliamo comunicare qualcosa.Magari non lo facciamo di proposito, ma è come se il nostro corpo si servisse di alcuni segnali involontari. Ad esempio gli occhi. Gli occhi sono le nostre onde e noi siamo il mare. Ecco perché quando siamo felici gli occhi ci brillano e quando siamo tristi si inumidiscono. Anche il mare quando è angosciato si agita, e quando è sereno brilla. Proprio come i nostri occhi. Alla fin fine Talete può aver ragione. Noi proveniamo dall'acqua. E quindi dal mare."

Prende un respiro e poi apre gli occhi. Mi guarda intensamente.

"E cosa dicono i mie occhi adesso."

"Che sei stanca, non so di cosa ma tu lo sei." La mia risposta sembra turbarla ma cerca di non farlo trasparire. Torna seduta e si sposta i capelli che gli ricadono sul viso.

"È una teoria interessante."mi dice.

"Grazie." rispondo.

Sembra volermi dire qualcosa ma non lo fa. Così lo faccio io.

"Hai da fare adesso?" le chiedo.

"No perché?" mi risponde.

"Seguimi." le dico.

Nota Autrice.
Ecco il secondo capitolo. Vi piace la storia? Se si lasciate una ★. Commentate per farmi sapere che ne pensate. Un bacio a tutti. Al prossimo capitolo.

L'estate che cambiò tutto. [#Whattys2015]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora