Capitolo 2

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Maschere

"Wow, come si suol dire, parli del diavolo e spuntano le corna!", esclamó eccitata battendo le mani Stacey.
Io sbuffai e finendo il mio pranzo, mi alzai per andare a posare il vassoio.
Non mi sarei voltata verso di lui, non volevo che leggesse nei miei occhi quanto potere avesse su di me, ma all' ultimo cedetti e i nostri sguardi si incontrarono, come due calamite che si attraggono. Strano. Presi un bel respiro e gli mimai con le labbra che gli dovevo parlare, facendogli cenno di uscire. Questo non era da me. Non ero mai io ad andare dagli altri,  bastava un mio cenno per farli venire da me.
Quindi non mi stupii quando  vidi il suo volto illuminarsi per la sorpresa, ma il secondo dopo tornò a incupirsi e fare un cenno di assenso. Evviva! Almeno questa era fatta, se non mi avesse risposto o peggio, avesse detto di no, mi sarei sentita morire. Avrei fatto tanta fatica per nulla e sprecato il mio tempo con una persona che non sapevo nemmeno fino a che punto lo meritasse.
Lo aspettai fuori dalla mensa. Tutti mi guardavano incuriositi e come dargli torto? Ma bastava che li fulminassi con lo sguardo per farli sgattaiolare via come topolini. Quando finalmente uscì, per ripicca per avermi fatto aspettare iniziai ad incamminarmi senza dire una parola. Lui mi seguì senza fiatare per tutto il tragitto, rimanendo sempre dietro di me. Questo in un certo senso mi ferí, perché forse non voleva più saperne di me, ma allo stesso tempo non si comportava né più né meno dei ragazzi che mi venivano dietro ogni giorno per chiedermi di uscire.
Quando arrivammo ai portici mi fermai. In un certo senso avevo paura a girarmi, non volevo scoprire che i suoi occhi erano ancora cupi e che forse iniziava ad odiarmi davvero . Poi però ripensai alle parole di Loren e mi decisi.
Quando i nostri occhi si incontrarono, tutte le mie paure svanirono. Non perché lui fosse contento, al contrario, se ne stava lì con le braccia incrociate ad aspettare che aprissi bocca. Ma qualcosa, non saprei spiegare di preciso cosa fosse, mi fece capire che per lui ne sarebbe valsa la pena. Sembrava così puro, sincero. Senza doppi fini.
É vero ci conoscevamo da poco, pochissimo in verità, non sapevo nulla della sua vita privata o della sua famiglia, ma c' era qualcosa in lui che mi fece capire che avevo sbagliato a non fidarmi e a non essere me stessa. Brandon era sempre stato molto gentile con me, nonostante tutti i miei trascorsi e i miei modi di fare. Non aveva mai fatto una piega, non saprei spiegarne il motivo, ma forse era riuscito a capire chi nascondevo davvero sotto la facciata da perfettina.
O semplicemente sapeva già con chi aveva a che fare, mi suggerì il mio inconscio. Preferii non ascoltarlo.
"Allora? ", mi chiese Brandon schiarendosi la voce e riportandomi alla realtà, " sto aspettando" . Sembrava davvero nervoso e forse un po' confuso. Come dargli torto, me ne stavo lì in piedi a fissarlo facendo scena muta dopo avergli chiesto di poter parlare . Mi stavo comportando da stupida e forse mi aveva già preso per pazza.
"Ti chiedo scusa, mi sono comportata come una stupida" .
"Come scusa? ", era sorpreso.
Lo ero anch'io se per questo, chi l'avrebbe mai detto? La Regina che si insulta da sola, non sia mai!
"Ho detto che mi dispiace. Sono stata una stupida" , speravo solo che questa umiliazione sarebbe servita a qualcosa.
Lui mi fissava come se avessi ammesso di venire da Marte e ne capivo il motivo, ma poi scoppiò a ridere e allora mi tranquillizzai.
"Ok, potrei essere d' accordo" .
Di sicuro lo stavo facendo divertire, fantastico.
"Bene, credo".
"Credi? ",sembrava che se la stesse spassando. Certamente, io gli chiedevo scusa e lui se la rideva, ottimo.
"Senti ti sembro un clown per caso? ", sbottai.
Non ce la facevo più, io cercavo di essere sincera forse per la prima volta nella mia vita, a parte con Loren e Stacey, e lui mi prendeva in giro, come se fossi la cosa più divertente al mondo, questo era troppo.
Lui si ricompose.
" Perdonami, hai ragione, ma devi ammettere che la cosa é piuttosto ironica no? Nessuno ti ha mai vista così a parte me e la cosa mi ha sorpreso a tal punto che non ho resistito, perdonami ".
Questo era troppo. Ci avevo provato. Dio mi é testimone che l' avevo fatto. Ma così era impossibile.
"Sei davvero uno stronzo! Anzi, stupida io a pensare di poter parlare con te ".
Girai i tacchi, volevo andarmene da lì, da lui. Mi ero illusa che lui potesse capirmi e invece era solo un imbecille che alla prima occasione si prende gioco dei miei sentimenti, proprio come tutti gli altri. Poi però qualcosa, o meglio qualcuno mi trattenne. Mi girai di scatto, gliene volevo dire quattro, ma mi precedette sul tempo.
"Aspetta" ,sembrava che mi stesse supplicando e c' era mancato poco che gli credessi.
"Che vuoi? ", forse riusciva ancora a salvarsi.
"Senti, ok, hai ragione sono stato uno stupido e un' insensibile poco fa, ma era una situazione talmente buffa che non ho resistito e ho sbagliato, mi dispiace".
Lo guardai male, soffermandomi a lungo sulla sua mano che ancora mi stringeva il braccio. Lui se ne accorse e sollevò le mani, come per difendersi .
" Io stavo solo cercando di essere sincera con te e tu mi trovi buffa e te la ridi? Ma dico io! Un tantino maleducato e infantile non credi? ", esclamai enfatizzando coi gesti.
Lui non fece una piega anche se sembrava dispiaciuto.
"Adesso se non ti dispiace, me ne vado. Ho solo perso tempo" .
Mi girai, e senza voltarmi andai verso i dormitori femminili per raggiungere le ragazze. Avevo bisogno di sfogarmi e di certo non avrei mai permesso che un imbecille del genere mi vedesse piangere per colpa sua. Stupida io che pensavo potesse essere diverso. Quanto mi sbagliavo.

***

La struttura dell'edificio della nostra università era davvero deliziosa, sicuramente con una storia appassionante dietro. Era rivestita interamente in mattoni rossi, con un porticato perimetrale e gli infissi in legno vecchi di chissà quanto. Le ale interne erano quattro o più, suddivise in base ai corsi di laurea e confluivano in un giardino interno, in cui vi era il bar. I dormitori erano ai poli opposti, situati nei due torrioni. Aveva in tutto e per tutto l'aspetto di un castello di epoca tardo mediovale. Queste mura, così pittoresche, mi facevano sentire al sicuro, come una principessa. Non credevo che, passando così tanto tempo qui, la nostalgia di casa mi sarebbe passata. Come non credevo di poter diventare qualcuno così lontano da ciò che sono. A volte il voler essere accettati dagli altri supera ogni priorità e diventa qualcosa talmente importante per cui bisognava combattere ogni giorno. Ma tutto questo mi aveva portato soltanto guai e tornare indietro mi sembrava ora più che mai impossibile.

Stavo per salire l' ultimo gradino che mi avrebbe condotto alle camere del dormitorio, quando due braccia mi presero da dietro  e mi coprirono la bocca. Provai a urlare e a dibattermi, ma fu tutto inutile. Chiunque fosse che mi stava aggredendo, mi stava conducendo in un corridoio buio e poteva anche pensare di riuscire nel suo intento, dato la spossatezza per gli eventi di oggi e in modo particolare per Brandon, ma di certo questo non significava che dovevo starmene zitta e buona. Gli morsi la mano con tutta la forza che avevo e gli pestai il piede. Sentii  i gemiti di dolore, ma non ero interessata a scoprire l'identità del mio assalitore, volevo solo scappare via.
Così scesi le scale più in fretta che potei e mentre stavo svoltando per andarmi a nascondere in un aula, sbattei contro qualcosa di molto duro. Strano, non ricordavo ci fosse un muro qui.

Non lasciarmi, resta al mio fiancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora