"Allora, qual é l'impellente dilemma per cui sono dovuto correre oggi? ", mi chiese Harry senza neanche salutarmi e 'accomodandosi' sul divano, se così si poteva definire, dato che praticamente ne aveva preso il pieno possesso.
"Beh, vedi...", iniziai ma venni subito interrotta.
"Prima che cominci il monologo Liz, potrei avere una birra o del caffè? Sono distrutto"
"Si, scusa. Non ci avevo minimamente pensato"
Quando gli porsi la birra, sedendomi nuovamente di fronte a lui, provai a ricominciare.
Cercando di capire come rendere più semplice ciò che in realtà, non avrebbe mai potuto esserlo.
"Allora, dicevo. Stasera come al solito, sono tornata tardi da lavoro e come sempre stavo mangiando davanti la Tv..."
"Hai finito di raccontare l'ovvio?", mi guardò a metà tra lo scocciato e l'interessato, incrociando le braccia al petto.
"Non é una stupidaggine Haz, abbi pazienza per favore!", lo fulminai.
"Ok! la smetto", disse sedendosi composto sul divano.
"Bene. Dicevo, stavo guardando la Tv quando al telegiornale passarono la notizia di una ragazza morta a Philadelphia", mi fermai guardandolo, non sapendo come continuare.
"Si, ti seguo", era il suo modo gentile per dirmi di proseguire.
"Beh, non indovinerai mai chi c'era tra le foto dei sospettati...", dissi ironicamente.
Lo vidi accigliarsi, forse iniziava a capire.
"Lui"
"Lui? Cioè, proprio lui, lui? Lui Peter McDonovan?", mi chiese sbalordito.
"Si", gli confermai.
"Dimmi che é uno scherzo!"
"Non lo é", abbassai lo sguardo mortificata.
"Ma porca...", si passò nervoso le mani fra i capelli e poi esplose.
"Lo sapevo! Sapevo che non ti dovevo dare retta, che avrei dovuto sbatterlo in galera già due anni fa!", urlò camminando avanti indietro per il piccolo spazio della mia roulotte.
Io non sapendo come calmarlo decisi di non intervenire.
Mi sentivo in colpa, sapevo che anni fa riuscii a convincerlo a non intervenire solo per paura.
Paura di Peter, delle conseguenze, della sua possibile reazione, della sua potente famiglia.
Dentro di me pensavo, forse scioccamente, che la polizia non avrebbe potuto nulla contro di loro e i loro soldi.
Harry aveva cercato di convincermi del contrario che avrebbero trovato il modo, ma io scelsi la strada più facile, da vile qual ero stata. Avevo preferito fuggire, nascondermi dalla bestia, piuttosto che affrontarla perché la paura era tale, di rivedere il suo volto, i suoi occhi, da non dormirci la notte e ancora oggi mi capitava di avere degli incubi a causa sua.
"E adesso? Adesso, il bastardo ha colpito, di nuovo. Ma vaffanculo! Devo intervenire Lisa, lo sai!", disse guardandomi serio.
Vederlo in quello stato, lui che non perdeva mai la pazienza, sempre sorridente, con un sorriso che andava da un occhio all'altro, sempre pronto a fare ironia su tutto, era destabilizzante.
Certo che lo sapevo, era per questo che l'avevo chiamato.
"Lo so. Infatti il problema è : cosa facciamo? Perché io non lo so Haz. Da un lato come sai, vorrei non pensarci più, ho una vita tranquilla qui, nessun problema, ho te, ma dall'altro sono tremendamente insoddisfatta, non ce la faccio più e mi sentirei terribilmente responsabile della morte di quella ragazza! Cioè, ho la testa così piena di 'E se' : se fossimo intervenuti in tempo, se fossimo riusciti a fare qualcosa... lei sarebbe ancora qui e invece a causa mia, ha dovuto subire tutto questo. Non ce la faccio a vivere con questo peso sulla coscienza Haz"
"Bene, perché è impossibile anche per me tesoro", mi disse sorridendo "È ovvio che dovremo intervenire Liz, non girarci troppo intorno. Io almeno lo farò sicuramente, scusami. So che la tua copertura è importante per te, ma qui quello che ci rimetterà di più tra i due" e ci indicò, " sarò io!"
"Lo so", non ce la facevo a sostenere il suo sguardo. I suoi occhi verdi, quasi azzurri, erano così intensi che sembrava volessero perforarmi il cervello per trasmettermi il buon senso.
"Allora saprai anche che il prima possibile faremo le valigie e torneremo a casa", mi disse con un mezzo sorriso.
Alla parola casa mi si illuminarono gli occhi.
Tutta quella faccenda era assurda e drammatica, ma mi mancava la mia città. In cui avevo vissuto giorni felici. Nonostante avessi perso i miei genitori molto giovane, mi ero creata una mia famiglia. Quando a diciott'anni dovetti farmi strada da sola, nel mondo del lavoro per potermi mantenere gli studi, mi ritrovai totalmente spiazzata, ma piano piano incontrai delle persone che mi aiutarono, che mi ospitarono e mi fecero sentire a casa mia.
Tutte le mattine avevo l'abitudine di andare a colazione da Jeff e Mary, che si prendevano cura di me come una figlia, furono loro a trovare la mia roulotte e a sistemarla per me, per rendermi più autonoma e non potei esserne più felice. Poi nel pomeriggio, dopo le lezioni, andavo a lavorare da Vinny, la fioraia, una vecchia zitella tutto pepe, che non perdeva giorno a darmi consigli sugli uomini, quanto mi mancava quella donna! Poi ovviamente c'era Harry, il mio vicino di casa, anche se ormai non lo era più da un pezzo. Era più grande di me di quattro anni e già a venti era riuscito ad entrare nell'arma. Lui mi faceva da amico e fratello maggiore, era stato lui a compilare per me tutti i documenti per rifarmi una vita qui, a darmi una nuova identità, a pagarmi l'operazione, date le mie pessime condizioni, ero ormai irriconoscibile. Senza di lui, non saprei cosa avrei fatto, che fine avrei fatto!
"Dici davvero?"
"Si Liz, non abbiamo scelta"
"Ma... Anche se tutto questo è fantastico, come facciamo con la copertura? Non posso presentarmi lì come una paladina, risolvere tutto e basta. Non siamo in un film Haz!"
"Non credere che non ci abbia pensato sciocchina! Per chi mi hai preso?", mi rispose evidentemente offeso, "Innanzitutto, non avrai bisogno di riprendere il tuo vecchio nome ovviamente, terrai la vita e l'identità che conduci adesso, nessuno ti riconoscerà puoi stare tranquilla. A stento ti riconoscevo io dopo che ti avevano fatta uscire dalla sala operatoria, figuriamoci Jeff o Mary"
"Ma non potrò dirgli chi sono?"
"Solo se strettamente necessario, meglio non correre rischi. Quando ti ho fatto scappare non mi pare che tu ti sia tenuta in contatto con loro o sbaglio?"
Stetti in silenzio perché da un lato mi vergognavo, mi aveva strettamente vietato di tenere contatti con le mie vecchie conoscenze a Philadelphia, ma un giorno mi ero sentita così sola che non avevo potuto evitarlo.
"Liz? Non l'hai fatto vero? Dimmi che la sensazione che ho è sbagliata", cercava disperatamente di autoconvincersi.
Piegai il capo per la vergogna. Avevo disobbedito alla prima regola della mia copertura 'tagliare tutti i rapporti'.
"Ma porca...! Liz! Non posso crederci. Perché non me l'hai detto?"
"Per dirti cosa? Che mi sentivo sola? Che mi mancava la mia famiglia?"
"Quella non è la tua vera famiglia!", mi urlò.
"Lo è stata per me! Harry smettila di farmi la morale ormai il danno è fatto"
"La fa facile lei. Siamo fortunati che non ti abbia rintracciata nessuno! Perché non so se l'hai capito, ma tu per loro dovevi essere morta. Morta, capito? Così hai rischiato di far saltare tutto, te ne rendi conto?". Ormai non faceva altro che urlare e questo non faceva che innervosirmi sempre di più. Odiavo quando non riuscivo ad avere una discussione civile non solo con lui, ma con tutti e Harry lo sapeva, per cui non si meravigliò molto quando iniziai ad urlare anch'io.
"Lo so, ok? Ma tu sei l'ultimo che può biasimarmi va bene? E poi è successo solo una volta, cavolo! Non puoi venirmi a urlare così come se fossi una bambina ritardata ok? Sono stata attenta, non fare il cretino!"
"Me lo auguro", sospirò, "Comunque tornando a noi. Domattina passerò presto e dovrai compilare dei moduli. Ti iscriverai al college..."
"Davvero?", chiesi sbalordita.
"Davvero e non fare quella faccia che non sei un pesce", mi disse avvicinandosi e chiudendomi la bocca con un dito.
"Dicevo, ti iscriverai nel suo stesso college ..."
"Cosa?", urlai. Non potevo credere alle mie orecchie.
"Si Liz, come pensavi di aiutarmi se no? Per forza di spirito santo? Standogli lontana un chilometro? Certo che certe volte mi chiedo davvero se ci sei o ci fai"
" Haz, non fare lo stronzo!"
"Se magari mi facessi finire almeno una frase!?", sospirò.
"Adesso te lo dirò un ultima volta e guai a te se mi interrompi. Ti iscriverai al suo stesso college, così potrai comunicarmi i suoi spostamenti e farmi sapere di più sulle persone coinvolte. A proposito, quale hai detto che era l'università?"
"La UPenn "
"Beh, c'era da aspettarselo da uno come lui"
"Come farò con l'alloggio? Non credo che a metà semestre ci siano posti disponibili "
"Lo credo anch'io, per questo continuerai a stare qui dentro. Non penso sarà un problema no?", mi guardò.
" No", d'altronde come ci avevo abitato per più di due anni, continuare a starci un altro po' non mi avrebbe creato disturbi o cose varie. Quella roulotte era casa mia ormai.
"Perfetto. Mancano solo i dettagli ma ne discuteremo meglio domattina dopo un caffè", si guardò l'orologio al polso, meravigliato,"cioè tra qualche ora. Fantastico ", disse ironico.
Prese la giacca e si incamminò per il breve tragitto che conduceva alla porta.
"Ciao Liz", mi salutò senza neanche guardarmi.
Io rimasi sulla soglia, tenendo la porta aperta, guardandolo andare via.
Mi sedetti sugli scalini a guardare l' immensità del cielo con le sue piccole stelle e mi persi fra i mille pensieri che mi offuscavano la mente e che mi riportavano alla nostra discussione e a quello che era successo tempo addietro.
Rientrai dopo poco, l'aria della notte era fresca, nonostante fossimo in primavera e speravo che mi avrebbe aiutato a schiarirmi un po' le idee, che mi avrebbe evitato i flashback che mi avrebbero tormentato quella notte, che probabilmente avrei passato insonne. Ma c'era una cosa in tutto quel caos che riusciva ancora a darmi serenità: il pensiero di tornare a casa mia.
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Non lasciarmi, resta al mio fianco
Chick-LitMiriam e Brandon si incontrano per la prima volta al college. Lei è bella, ha vinto una borsa di studio ed è considerata la regina della scuola, lui è il quaterback della squadra di football ma, al contrario di quel che si potrebbe pensare, a Brando...