Capitolo 13

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La ritrovarono dopo tre giorni, in un vicolo non molto lontano dalla Upen, coperta solo di un giubbotto della squadra della sua facoltà, blu e bianco, numero ventitré. Il corpo martoriato, nuda. Probabilmente era stata violentata. Furono subito avvertiti i familiari che, residenti in zona, arrivarono in pochi minuti, straziati, facendo portare via il corpo dall'ambulanza.  Risalirono al proprietario del giubbotto, apparteneva al quarterback della squadra di football della facoltà, Brandon Leeroy, di buona famiglia, proveniente da Tucson, Arizona. Attualmente residente nel college, avevano scoperto che il ragazzo frequentava spesso la giovane McCallister. Lo prelevarono dal complesso come principale sospettato, interrogandolo alla centrale. Vennero chiamate anche due sue amiche, Loren Whitman e Stacey Lenswood, per interrogarle sugli ultimi giorni in cui l'avevano vista, per investigare sui rapporti col sospettato e chiedere conferme. Le ragazze continuavano a smentire l'ipotesi che potesse essere stato il quarterback, nonostante tutte le prove accumulate dalla polizia, non facessero altro che riportare a lui.
Comunicarono il nome di un secondo sospettato, Peter McDonovan, un altro ragazzo di buona famiglia, con fedina penale pulita.
Venne chiamato anche quest'ultimo, ma venne subito rilasciato per mancanza di prove che attestavano un qualche sospetto su di lui, affermando, così come le altre due ragazze, la presenza di un potenziale stalker che stava perseguitando la giovane McCallister.
La polizia venne a conoscenza che la ragazza non aveva alcun rapporto al di fuori di queste persone, nessuno che l'avesse presa di mira per vendetta, così poterono accorciare i candidati e dedicarsi solo a questi ultimi.

Le ragazze, troppo attaccate alla vittima, furono subito scartate, ma vennero messe sotto torchio per spremere fuori tutte le informazioni che potessero ritornare utili. Purtroppo non seppero dire con certezza cosa stesse facendo la ragazza negli ultimi giorni di vita, prima di essere stata ritrovata morta, cosa che non aiutò molto le indagini per via dei buchi che si erano creati. Gli agenti dovevano ricostruire i fatti in base alle poche persone che l'avevano vista durante quei giorni, il percorso e le persone incontrate. Le possibilità di riuscita erano davvero poche.

Vi fu una visita da parte del signor McDonovan al sospettato Leeroy, chiedendo di vedere un caro amico, incontro che culminò quasi con una scazzottata e il signor Leeroy venne subito rimandato in cella. Venne messo a verbale che il sospettato era un tipo irruento e con tendenze violente, per via di un racconto fornito da un barista e poi confermato dal signor McDonovan, spiegando che l'aveva picchiato al locale solo perché aveva baciato la vittima.

Il signor Leeroy, accompagnato dal proprio avvocato, confermò il suo rapporto con la ragazza, confermando l'esistenza dello "stalker", negando il suo coinvolgimento in tutta la vicenda, spiegando i suoi sentimenti per la vittima, il loro rapporto amoroso, che il gesto violento al bar era dovuto ad un attacco di gelosia, tipico gesto di gioventù, istintivo, non irruento. Che il signor McDonovan in realtà non era affatto suo amico, ma un semplice compagno di squadra. Che non gli era mai piaciuto e aveva cercato di mettere in guardia la signorina McCallister di questa sua opinione sul ragazzo, consiglio che probabilmente la vittima non aveva seguito. Avevano anche pensato fosse proprio il signor McDonovan il possibile stalker, cercando di far luce sulla vicenda, con un piano, ammise, abbastanza stupido. Non seppe dire se le ipotesi furono confermate dalla ragazza, poiché l'ultima volta che l'aveva vista era stato di sfuggita qualche giorno prima del ritrovo del cadavere. Del perché la vittima indossasse il suo giubbotto non seppe spiegarlo, sapeva solo che quello stesso si trovava in camera sua e da qualche giorno non lo trovava, ma era disposto a collaborare tranquillamente con la polizia, agevolando le indagini per qualsiasi domanda volessero porgli, affermando fino all'ultimo la sua innocenza. 
La polizia con il consenso dell'Università, mise a soqquadro la sua stanza e quella della vittima per cercare prove che potessero aiutare le indagini. Trovarono solo dei pannelli con mille frecce nella stanza di camerata della vittima, che indicavano il punto a cui era arrivata la ragazza nelle indagini svolte personalmente, mentre nella stanza dell'indagato trovarono solo delle foto della giovane. La biopsia sul cadavere della vittima aveva avuto pochi riscontri positivi. Pur non avendo trovato alcuna impronta o traccia di DNA estraneo a quello della ragazza, scoprirono che questa era stata picchiata, legata, violentata e solo in un secondo momento portata nel vicolo. Il che faceva presumere che fosse stata assassinata proprio dentro al college, non lo stesso giorno del ritrovamento, bensì proprio il giorno stesso della scomparsa, intorno alle quattro del pomeriggio. Orario di lezione per gli studenti. Quindi il killer, approfittando dell'assenza dei compagni nelle proprie stanze, aveva potuto agire indisturbato. Come fosse riuscito a far uscire dalla facoltà il cadavere della ragazza senza destare sospetti era ancora un mistero. Nessuno in segreteria o bidello aveva visto qualcosa di strano e le uscite di sicurezza erano tutte vicine alle aule, quindi era improbabile che l'assassino fosse uscito proprio da un punto in cui un qualsiasi studente poteva spuntare all'improvviso, con un cadavere con sé.  

Il signor Brandon Leeroy venne accusato di essere il principale sospettato e fu dunque trattenuto dalla polizia in galera sino all'esito del processo, che sarebbe avvenuto entro novanta giorni. Il principale sospettato venne processato in tribunale, alla presenza dei familiari e conoscenti della vittima e la giuria giudicò l'imputato non colpevole per mancanza di prove concrete e per non aver trovato l'arma del delitto. Venne messo in libertà il giorno stesso senza alcuna traccia negativa sulla fedina penale.
I poliziotti, sotto la pressione dei familiari della ragazza, stanno ancora indagando.

Non lasciarmi, resta al mio fiancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora