Capitolo 9

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Imprevisti

"Quindi! Raccontami un po' di te!", gli chiesi cercando di apparire abbastanza gentile.
"Beh in realtà ti basterebbe vedere la mia camera per capirmi" , mi guardò in modo strano, con quei bellissimi occhi di ghiaccio.
Non seppi decifrare quello sguardo. Mi inquietava e allo stesso tempo era gentile. ..

Come poteva essere?

Mi ricordò di quando Brandon mi portò nella sua stanza, ma qui stiamo parlando di tutt'altra persona. Meglio stare molto attenti. Soprattutto quando c'era uno sguardo del genere in mezzo.

"Addirittura?! Dai non tenermi sulle spine! ".
Sembravo troppo falsa?
"Ad una condizione? ", mi chiese sorridendomi.
"Sentiamo" , ero curiosa.
"Vieni a cena con me" e così dicendo mi guardò con uno sguardo da cucciolo smarrito da paura.
Nel senso buono però.
Mi sa che questo ragazzo soffriva di bipolarismo, o non si spiegherebbe l'arcano!
Mi sembrava così puro e dolce a volte!
"Volentieri" , dissi sinceramente.
Speriamo bene.

****

Due giorni prima

Durante gli allenamenti Peter mi venne incontro chiedendomi il numero di telefono, dentro di me ovviamente non volevo farlo e credevo che anche lui si fosse accorto della mia esitazione.
"Non ti fidi vero? ", mi chiese ridendoci su imbarazzato.
Strano e carino.
"Beh puoi biasimarmi? ", gli chiesi sinceramente.
"Certo che no! Lo capisco, ci siamo appena conosciuti. Ma permettimi di offrirti qualcosa almeno! ".
Sembrava stranamente sincero.
"Non dovrei essere io a dovermi sdebitare? D'altronde sono stata io a caderti praticamente addosso"
"E che razza di uomo sarei se facessi fare tutto a te! ? Anch'io ero sovrappensiero, parte di colpa è anche mia se per questo", mise il broncio.
Ma siamo seri?
L'ha fatto davvero?
Ma cos'era un bambino?
Però era adorabile.
Non farti abbindolare troppo Miriam, stai attenta.
"Come vuoi. Ma non oggi. Domani magari?", cercai di essere persuasiva.
"Ci conto!", mi salutò andandosene correndo.
Forse c'eravamo sbagliati?
Forse non era davvero uno stalker psicopatico...
Chissà, era ancora troppo presto per dirlo.

Brandon dall'altra parte del campo, probabilmente aveva osservato tutta la scena, mi stava guardando. Mi fece segno di vederci fuori, acconsentii, così poté tornare agli allenamenti.
Dopo altri quattro giri di corsa, con e senza ostacoli, mi diressi agli spogliatoi femminili. Mi feci una doccia veloce, mi misi un'asciugamano e mi diressi all'armadietto dove avevo lasciato le mie cose.
"Miriam ci sei?".

Era Brandon.

Che ci faceva qui? Non dovevamo vederci fuori?
Si vedeva che mi stavo davvero iniziando a fidare di lui, perché l'unica cosa che riuscii a pensare fu che per fortuna ero sola, altrimenti la coach me ne avrebbe dette di tutti i colori, anziché preoccuparmi del fatto che fossi una ragazza, sola, in un bagno femminile, con un ragazzo che conoscevo da poco e per di più in asciugamano.
"Si, che vuoi?".
"Volevo parlarti".
Continuava a rimanere fuori dalla porta d'ingresso, gentile da parte sua, ma questo non favoriva certo il piano. Dovevo convincere Peter che mi stavo interessando a lui e non potevo riuscirci se avesse per caso, preso dalle sue manie, visto Brandon lì fuori.
Lo raggiunsi e lo spinsi dentro, chiudendo la porta dietro di me.
Mi strinsi meglio dentro la già stretta e piccola asciugamano, come se potesse magicamente coprirmi di più, ma ovviamente se cercavo di spingerla verso il basso rischiavo di rimanere nuda sopra e viceversa, per cui pregai mentalmente che fosse una cosa veloce così da potermi rivestire al più presto.
Lui si schiarì la voce in evidente disagio.
Caro, siamo in due, ti sbrighi? , pensai nervosa dalla situazione.
"Che devi dirmi di così urgente da non poter aspettare che fossi presentabile?", gli chiesi acida.
"Guarda che sei fantastica anche così... Forse mi sono espresso male. Volevo dire che stai sempre bene... Va beh, lasciamo perdere", disse scoraggiato.
Poveretto, mi stava facendo sentire una femme fatale, tenero.
"Brandon, potresti cortesemente sbrigarti? Sai vorrei rivestirmi se non ti dispiace"
"Si, certo! Cioè no... Volevo dire... Maledizione!", si innervosì ed io non potei trattenere una risata, era troppo buffo.
Non l'avevo mai visto così imbarazzato, di solito era sempre stato lui lo sbruffone, ma adesso il rossore gli arrivava fino alle orecchie e per tutto il tempo aveva cercato di non guardarmi.
Era davvero un bravo ragazzo.
Faceva quasi venir voglia di stuzzicarlo.
Mi avvicinai di più, ero troppo curiosa di sapere come avrebbe reagito alla mia vicinanza.
Attenta Miriam, a giocar col fuoco, rischi di bruciarti, mi ricordò il mio subconscio, che stranamente aveva la voce di Loren.
L'avevo detto io che era la voce della coscienza!
"Che stai facendo?", mi chiese lui lievemente allarmato.
Probabilmente iniziava a sospettare che ci fosse qualcosa di strano perché continuò, "Lo sai vero che non ti conviene? Sono un uomo Miriam, non mettermi alla prova più di quanto non sia già ".
"Forse voglio solo vedere fino a che punto riesci a mantenere la tua facciata da bravo ragazzo in una situazione simile".
"Sei sadica lo sai?", mi disse mettendosi le mani dietro la schiena e appoggiandosi al muro.
"Solo con te. Non eri tu che volevi abbattere le mie barriere? Bene, adesso sono me stessa e ti sto studiando. Sono affascinata da quanto l'uomo riesca così poco a resistere in certi casi. Sembra che l'istinto prenda, non so, il 90% del vostro cervello? È così?", gli chiesi angelicamente, avvicinandomi sempre di più, al punto che ormai ci separavano solo un paio di centimetri.
"Stai giocando col fuoco, lo sai?".
"Si. Allora?", dissi colmando la poca distanza che ci separava.
"Si è così e se non ti allontani di tua spontanea volontà non risponderò di me e non dirmi che non ti avevo avvisata!".
Mi sentivo davvero potente, era strano pensarlo in un momento simile, ma per me riuscire a ridurre un ragazzo come Brandon in questa condizione, era una soddisfazione personale.
Gli toccai il petto con un dito e in una mossa repentina mi prese i polsi ribaltando la situazione.
Me l'ero cercata, lo sapevo benissimo, mi aveva letteralmente messo con le spalle al muro e in un certo senso, tutto questo mi gratificava.
Era passato troppo tempo dal nostro primo bacio e nonostante avessi continuato a pensare che questo avrebbe solo complicato le cose, che sarebbe stato meglio continuare dopo aver risolto la situazione con Peter, ammetto che in quel momento non ci pensai affatto.
Eravamo fuori dal mondo, come accadeva spesso quando eravamo solo noi due. Ed io iniziavo a stancarmi di reprimere le emozioni che solo lui riusciva a trasmettermi.
Stanca di dover stare perennemente sotto stress. Di pensare cosa potevo o non potevo fare.
In quel momento volevo lui, punto e basta. Non c'erano sotterfugi, solo noi.
"Hai visto? E adesso che sei in gabbia che fai? "
"Niente" , risposi tranquillamente.
Lo spiazzai, com' era ovvio.
In quel momento nei suoi occhi potevo leggere le migliaia di emozioni che vi passavano davanti come un treno in corsa.
Stupore, allarme, inquietudine, indecisione, rabbia e...
Mi persi perché si scaraventò sulle mie labbra e non seppi più nulla. Dove mi trovavo, perché?
Esisteva solo lui e quelle labbra che sembravano avere una tremenda sete di me.
Era un bacio diverso da quello di qualche settimana fa, non c'erano freni e lui mi stava prosciugando.
Avevo le sue mani ovunque, ma non mi fermai, ero tremendamente accaldata e avevo sete, sete di lui.
Per tutto questo tempo non avevamo fatto altro che resistere e resistere, per un motivo o per un altro, adesso volevo solo essere io, in preda alle emozioni più forti. Proprio come ora.
Mi staccai dal bacio bisognosa d'aria e lui prese a baciarmi la mascella, il lobo dell' orecchio, il collo e quando iniziò a morsicchiarlo sentii dei brividi, brividi di piacere e ansimai.
Il mio seno stava per esplodere sotto l'asciugamano e volevo che lo liberasse che gli desse tregua e soddisfazione. Ma non lo fece, si limitava solo a torturarlo, massaggiandolo e carezzandomi i capezzoli da sopra lo spesso tessuto, senza mai scioglierlo.
Stronzo crudele.
Mi prese ad accarezzare la coscia nuda, piano, fino all' interno per poi nuovamente abbassarsi.
Io ero così vogliosa che se non l'avesse fatto lui, gli sarei saltata al collo e l'avrei fatto mio.
Ma non potevo muovermi perché con una mano mi teneva fermi i polsi in una posizione da sottomessa.
Io sottomessa ad un uomo.
Già, che figura. ..
"Brandon" , lo supplicai.
Lui pareva non sentire perché continuava ad accarezzarmi il dentro coscia senza mai arrivare al mio centro, mentre con la bocca accarezzava le sporgenze che venivano fuori dall' asciugamano.
Era una cosa tremenda, mi stava letteralmente mandando a fuoco.
"Brandon, ti prego! ", lo supplicai di nuovo, stavolta a voce più alta. Lui alzò la testa, mi guardò con uno sguardo infuocato e poi mi lasciò andare.
"Sei fortunata che sono stato io e non qualcun'altro", mi disse ancora con quello sguardo sistemandosi i capelli.
Io lo trovavo irresistibile.
Ero completamente presa e persa per lui.
"Un altro al mio posto ti avrebbe già fatta sua o peggio".
Era arrabbiato, no furioso.
Perché?
"Non provarci mai più Miriam, mi hai capito?"
Mi venne a un millimetro di distanza.
"Non mi piacciono per niente certi giochetti, non così", sembrava demoralizzato.
Si avvicinò alla porta e guardandomi aggiunse "Comunque complimenti, se l'è bevuta, sei stata un ottima attrice" e se ne andò, lasciandomi ancora in balia dell' eccitazione del momento.
Senza parole.
Ma cos-?
Cos'è successo?
Perché se n'é andato?
Mi sentivo abbandonata, confusa e con un senso di disperazione che cresceva di minuto in minuto.
Che avevo fatto?

Non lasciarmi, resta al mio fiancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora