Capitolo 27

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"Josh...Josh mi senti?" mi alzo e corro a prendere un bicchiere d'acqua.
Quando rientro nella stanza è ancora immobile sul pavimento e cerco invano di farlo riprendere.
Dopo vari tentativi prendo il bicchiere d'acqua fredda e lo verso sulla sua faccia.
A quanto pare funziona e un gemito di dolore esce dalle sue labbra.
"Stai bene?" chiedo ansiosa.
"Mai stato meglio" dice ironicamente e porta una mano sulla testa, nel punto in cui l'ho colpito.
Lascio un sospiro di sollievo che tenevo da quando scoperto chi era ad essersi intrufolato in casa mia e poggio la testa sul suo petto.
"Scusa" sussurro e delle lacrime mi rigano il viso.
"Ehi, piccola va tutto bene, tutto bene" inizia ad accarezzarmi i capelli mentre altre lacrime rigano il mio viso.
"Non è vero" dico tra un sighiozzo e l'altro "poteva andare peggio".
"Shh" e continua ad accarezzarmi i capelli.
Passiamo così il resto della notte.
Sul pavimento, lui appoggiato alla poltrona e io tra le sue braccia.

***
Mi sveglio sentendo il mio telefono squillare e lo cerco con la mano, ma non lo trovo.
La superficie su cui sono distesa è dura e solo quando apro gli occhi capisco dove mi trovo.
Vedo Josh davanti alla finestra e alzandomi lentamente vado verso di lui e gli prendo la mano.
Lo osservo mentre squadra il panorama, sovrappensiero.
Si gira con un leggero sbuffo e senza dire niente mi attira a se.
Tra le sue braccia mi sento al sicuro, è come se ogni mio piccolo frammento di me in quel momento si unisse.
Mi bacia la fronte e con voce bassa mi comunica che deve tornare a casa.
Lo accompagno alla porta e la apro facendolo andare fuori.
Rimango un attimo con lui sullo stupide della porta per salutarlo e mi sporgo un po' in avanti per baciarlo.
Dopo neanche un minuto lui è già lì, più vicino alla macchina che a me.
Non si volta neanche per un secondo, tranne che poco prima di salire definitivamente sull'auto.
Mi sorride leggermente, un sorriso strano, di quelli che ti confondono.
Ma non nel senso di ammiccante, come se lui mi volesse ma qualcosa glielo negasse.
Finalmente sale sull'auto, io lo saluto con la mano e chiudo la porta.
Vado verso la veranda e prendo tutto ciò che vi avevo lasciato dentro.
Chiudo la porta-finestra e mi dirigo verso la mia camera.
Senza fare rumore mi rimetto sul divanetto e mi distendo.
Rimango per un po' a guardare il soffitto, sentendo in sottofondo i respiri profondi delle mie cugine.
Dopo circa una mezz'ora circa che sono in queste condizioni prendo il telefono e guardo l'ora.
Sono le 8.40.
Mi alzo lentamente senza fare rumore e vado in cucina per fare colazione.
Apro la dispensa per vedere cosa ci sia dentro e alla fine prendo una brioche e mi faccio un caffè.
Mentre verso il caffè nella tazzina sento arrivare qualcuno dal corridoio.
È mia madre.
Viene verso di me e fa scorrere una mano tra i miei capelli dandomi un bacio sulla fronte.
Le sorrido e l'abbraccio forte.
Avevo bisogno di quell'abbraccio, era tanto che non ne ricevevo uno da lei e mi mancava.
Mi stacco dall'abbraccio dopo un paio di minuti e le chiedo se vuole del caffè.
Lei annuisce e io mi alzo per prendere un'altra tazzina.
Le passo la tazzina piena di caffè bollente e dopo averlo bevuto rimaniamo un po' lì a parlare.
L'indomani sarei dovuta andare a scuola, quindi appena vidi che gli altri si erano tutti svegliati dissi a mia madre che dovevo studiare e me ne andai in camera mia.
Le mie cugine erano sul letto e mi diressi verso la scrivania.
Per non essere maleducata non le cacciai via dalla mia camera, ma chiesi di non fare troppo rumore.
Dopo vari tentativi di studiare con loro che parlavano di pettegolezzi e ridevano come galline mi alzai, presi dei vestiti puliti e andai in bagno a cambiarmi, nella speranza che al mio ritorno si sarebbero placate.
Entrai in doccia e ci rimasi per un tempo a mio parere infinito, lasciai scorrere l'acqua calda sul mio corpo nella speranza che facesse scivolare via tutte le tensioni.
Non riuscivo a togliermi dalla mente il suo sguardo.
Era diverso dal solito, come se volesse celare qualcosa.
Non c'è la facevo più, chiusi l'acqua, aprì velocemente la tendina e mi vestii.
Indossavo un paio di jeans e una felpa blu, le prime cose che avevo trovato.
Misi quel minimo di trucco per coprire alcune bolle che avevano deciso di rovinarmi la vita e legai i capelli ancora bagnati in una treccia laterale.
Andai in camera mia e presi alcuni libri di studio, cuffiette, ipad, telefono, chiavi e gettai tutto dentro una borsa a tracolla abbastanza grande per tutto.
Poi mi diressi verso la scarpiera e misi delle converse bianche alte.
Mentre andavo verso la porta urlai un veloce "mamma vado in biblioteca" e mi chiusi la porta alle spalle.
Camminai verso la macchina e iniziai a guidare senza una meta.

La vita di un'adolescenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora