Capitolo 5

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Il tragitto verso casa è breve e quando arriviamo la troviamo vuota, evidentemente i miei non erano gli unici che non ci sarebbero stati oggi.

Una volta entrata mi dirigo verso il frigo e trovandolo pieno solo di dolci ordiniamo una pizza.

Mentre mangiamo guardiamo un film comico e lui continua a imitare le loro voci facendomi divertire ancora di più.

Finito il film iniziamo a svolgere i nostri assegni e mentre facciamo arte interrompo l'argomento per chiedergli di ieri sera.

"Posso chiederti una cosa?" chiedo timidamente.

"Dimmi"

"Perché ieri sei andato a quella festa?"

"Volevo solo distrarmi"

"Da cosa?" inarco un sopracciglio e ora mi sembra di metterlo sotto interrogatorio.

"Da te" sembra una cosa talmente dolce e io sto iniziando ad arrossire.

"Davvero?" chiedo sentendomi ancora più in imbarazzo.

"Si, non riuscivo a non pensarti e ho immaginato che se fossi andato lì mi sarei distratto, quindi ho iniziato a bere"

"Alla fine però mi hai comunque chiamato" mi scappa una risatina e il suo sorriso si fa più ampio.

"Non so perché l'ho fatto, ma non me ne pento di sicuro" si prende la mano e il mio battito accelera.

"Ne sono contenta anche io" gli sorrido e un ciuffo di capelli gli ricade sul viso, ma lo sposta velocemente.

Qualcuno bussa bruscamente alla porta e anche se non vorrei vedere chi è vado ad aprire.

Quando apro mi trovo davanti Ricccardo.

Perchè è qui? è successo qualcosa?

"Scusa, avevo bisogno di parlarti" attraversa la stanza a grandi passi e si mette affianco al piccolo tavolido davanti il divano della sala.

"È successo qualcosa?"

"No, niente di grave. Sai è tanto che volevo dirti questa cosa, ma non ne ho mai avuto il coraggio" si avvicina a me e cerca di baciarmi, ma io mi sposto giusto in tempo.

"Cosa ti prende ora? Sei sicuro di sentirti bene?" chiedo abbastanza sconcertata dal suo comportamento, gli voglio bene certo ma come amico.

"È che mi piaci dal primo momemto in cui ti ho vista e non te l'ho mai detto"

Lo guardo in silenzio non sapendo cosa rispondere.

"Sapevo che non sarei dovuto venire" inizia a camminare avanti e indietro, io lo sto ancora guardando e una voce arriva dalla mia stanza.

"Em chi è?" Fede richiama l'attenzione e Riccardo ora mi sta fissando, la tristezza gli si sparge in viso e il senso di colpa per il mio amico che ho appena ferito mi invade.

"Vedo che però sono il terzo incomodo quindi è meglio che tolga il disturbo.

Attraversa la sala dirigendosi alla porta e non faccio in tempo a spiegare che è già andato via.

Mi dirigo in camera passando prima a prendere un bicchiere d'acqua e poi prosaguendo.

"Chi era?" Chiede Federico appena varco la soglia.

"Nessuno, cosa fai?" cerco di cambiare argomento e se ne accorge, ma non protesta.

"Niente di interessante"

"Vuoi che andiamo a prendere la tua macchina?" domando soerando che dica si, voglio uscire da questa casa.

"Va bene"

"Magari prima possiamo fermerci al centro commerciale"

"Io? In un centro commerciale? No grazie, passo"

"Su, cosa c'é di meglio di passare ore dentro i nogozi a guardare la tua ragazza che prova un vestito dopo l'altro?" rido e lui insieme a me, cerco di convincerlo allora mi avvino di più a lui e caccio il labro inferiore.

"Per favore" continuo e alla fine sospira arrendendosi.

"Okay, ma questa è l'ultima volta" sospira di nuovo e io gli di un bacio.

Gli afferro il braccio e prendendo la borsa e i soldi sotto il post it dei miei genitori corro verso la macchina.

Ci diragiamo al centro commerciale più vicino alla postazione dell'auto.

Ogni negozio in cui entro provo e compro un infinità di cose, sentendo i commenti di Fede su come sono sexy ad ogni abito.

Quando finalmente usciamo circa tre ore lui è più sfinito di me, quasi non entriamo più nell'auto con tutte le buste che vi sono dentro.

Presa poi anche la sua macchina torniamo a casa mia, ora vi sono anche Sara e Francesco.

Io mi dirigo suboto in camera per poggiare le buste che ho in mano e Fede mi segue portandone altre.

"Hai comprato troppa roba"

"Non è vero, non è troppo...è solo abbastanza" dico cercando una giustificazione.

"Va bene, va bene non te lo dico più. Ora però devo andare, è tardi" guardo l'orologio ed effettivamente ha ragione "ti scrivo quando arrivo, ciao piccola" mi abbraccia e mi sento subito a casa.

"Ciao" esce dalla stanza e dopo poco sento la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi.

La vita di un'adolescenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora