-Asia vuoi aprire questa dannata porta?-
Tolsi una cuffietta e alzai la testa. La direttrice sbraitava dietro la porta. Mi alzai e aprii la porta.
- Scusi Signora,non l'avevo sentita...-
-Ti conviene imparare a sentire presto, tra tre ore verrà un uomo a conoscerti. Comportati bene o non uscirai mai di qui. Se tutto andrà bene ti porterà via oggi stesso, non succede tutti i giorni, lo sai.-
Lo sapevo eccome, ero nell'istituto da un decennio. Allora avevo 16 anni: troppo piccola per uscire e troppo grande per le famiglie.
-Cosa devo fare, Signora?-
- Vestiti elegante, fai la valigia, saluta chi conosci e comportati bene.- poi aggiunse - Non ritardare, per nessun motivo. Alle 17:15 nel mio ufficio.-
Annuii e lei fece tre passi indietro.
-A dopo Asia.-
-Grazie Signora. Arrivederci.-
Chiusi la porta. Che fosse la volta buona? Chissà. Mi sdraiai nuovamente sul letto e continuai ad ascoltare musica, ma la mia mente era in posti lontani e sconosciuti. La crepa sul soffitto si era fatta più scura, avevo quella stanza da anni ma mai una volta che l'abbiano coperta con della pittura. Forse avrei avuto una stanza nuova, senza crepe e macchie d'umido. Sotto casa mia l'ufficio di un avvocato con il monocolo. Oppure una fioraia dall'accento francese. Una stanza di una palazzina londinese. Dalla finestra avrei potuto toccare un albero del viale. In estate saremmo andati al mare, in inverno in montagna. Avrei fatto sport strani, avrei indossato abiti di prima mano e i miei capelli avrebbero avuto un taglio nuovo alla settimana.
Forse.
La musica si fermò e il mio telefono si spense con una vibrazione; Batteria Scarica.
Lo misi a caricare mi diressi verso il bagno dopo aver tirato fuori da piccolo armadio un vestitino e dei sandali. La porta dell'armadio cigolò, segno evidente del tempo che passava e logorava quel casolare che mi ospitava.
Quando fui pronta ero in ritardo di qualche minuto. Non potevo permettermelo. Infilai in fretta le scarpe e corsi fuori dalla stanza. Le scale erano sgombre perciò scesi il più veloce possibile, mantenendomi allo scorrimano sui pianerottoli. Ero quasi arrivata quando urtai qualcuno e gli caddi rovinosamente addosso.
- Tutto bene, ragazza?-
Non era un bambino dell'istituto e neanche un manutentore. Non lo avevo mai visto prima.
-Certamente. Mi scusi ma devo andare.- Dissi scendendo uno scalino.
- Ha le ginocchia rosse almeno quanto il viso. Non deve preoccuparsi per me, non sono mica il re!-
-Ho solo caldo. Se permette dovrei andare. Sono in ritardo.-
-Un attimo solo. Mi potrebbe dire dove sia l'ufficio della Direttrice?-
-Mi segua-
Ufficio della Direttrice? Come me? Perfetto, avevo fatto una figuraccia ancor prima di conoscerlo...
-Come si chiama, signorina?-
-Asia P-
-P? Penelope?-
-E' l'iniziale del cognome. Non so quale sia per esteso, nessuno me l'ha mai detto.-
-Penniman.-
-Eh?-
-Sarà Penniman.-
Ci trovavamo davanti all'ufficio. Bussò lui e un attimo dopo il Signor Raganelli aveva già aperto la robusta porta rossastra. Ci fece accomodare in una poltroncina rosa antico, consumata lungo il perimetro del cuscino. Il ragazzo mi fece sedere, restando lui senza posto. Lo guardai e lui mi sorrise. E che sorriso!
Signora Agatha entrò e salutò il ragazzo.
-Signor Penniman, lei è Asia. Asia P-
- Ci siamo già presentati- disse ridendo, mentre si torturava le mani.
-Vuole sapere qualcosa in più oppure passiamo subito alle carte?-
-Una sola.- Si chinò e mi chiese se volessi andare con lui. Annuii decisa. -Vuoi sapere qualcosa?-
-Ha dei libri a casa sua?-
-Certo che ho dei libri ma...-
- Allora va bene.-
Fece spallucce e si alzò.
-Possiamo procedere.-
Tirò fuori dei certificati e dei documenti dal cassetto della scrivania marroncina. Erano raccolti in una cartella verde. Colore della speranza. Speranza che andasse tutto per il meglio.
-Si fida o vuole leggere tutto?-
Pensò un attimo poi rispose.
-Mi fido, Mi fido.-
Cominciò a firmare in mille fogli poi, dopo 15 minuti, mi guardò sorridente.
-Ti accorgerai presto dell'errore che hai fatto, Asia. Ora sei mia figlia. ORA SEI MIAAAA-
Mi travolse in un abbraccio e mi lasciò con un bacio sulla guancia.
-Io non sono più tanto sicura di volertela lasciare eh, con questi abbracci potrebbe soffocare.-
-Ma noo- rise. -Hey, hai preparato la valigia vero?-
Gli risposi di si.
-Andiamo a prenderla allora.-
Si congedò con la direttrice con una stretta di mano e si fece accompagnare nella mia stanza.
Una bambina venne a salutarmi piangendo, non sapeva con chi stare senza di me. Gli altri la prendevano in giro per la sua lunga treccia. Michael (avevo letto il suo nome nei documenti) si inginocchiò per stare alla sua altezza e le promise che saremmo tornati presto. Con un regalo grande.
La portò in braccio fino all'uscita, poi la dovemmo salutare.
Ero libera ora. Andammo in un bar per fare merenda con una cioccolata calda, poi prendemmo un taxi. Ci lasciò davanti a un Hotel, in un paese vicino a quello dell'istituto. "Hotel La Peonia".
Ci fecero aspettare per 30 minuti prima di farci entrare nella camera di Michael. Io mi addormentai in un divanetto, quindi lui dovette portarmi fino al letto destinato a me. Dormii come un sasso tutta la notte, mi svegliai solo alla voce di Michael che parlava al telefono.CIAOO, io mi chiamo Gaia e mi sono cimentata nella scrittura circa un anno fa, con questa ff. L'ho tenuta per tutto questo tempo per me e per alcune mie amiche interessate a leggerla. Sono state loro a spingermi a pubblicarla e proprio stamattina ho deciso di riscrivere i primi capitoli e farveli avere. Pubblicheró la storia una volta a settimana con regolarità perché la storia è in realtà quasi terminata.
Lasciatemi qualche commento e stellinate per farmi sentire in vostro calore, ne ho bisogno.
Mi piacciono le critiche costruttive perché mi permettono di migliorare perciò non esitate a farle.
Grazie mille per aver speso del tempo con me.Un ringraziamento anche alle persone che mi hanno sempre sostenuto durante la scrittura di questi capitoli: Ally, Giorgia, Giada e Sabrina.
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POISED • Mika •
FanficEra tardi e Andy dovette tornare a casa dai genitori, dove viveva. Rimanendo ancora una volta sola mi diressi verso la stanza accanto, dove avevo lasciato Mika. Era solo e girato di spalle, guardava fuori dalla finestra. Mi avvicinai silenziosamente...