8 - Vaganti

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Hai presente il disagio? Naturalmente è una domanda sciocca, ma io intendo quel disagio grave, quello puro. Non come quando il professore dice che interroga e tutti abbassano lo sguardo facendo finta di cercare qualcosa nella cartella. Non come quando hai mal di stomaco e ti ritrovi in una conferenza da cui non puoi né assentarti né tanto meno scappare per correre al bagno e non come quando ti confessi all'amato il giorno di natale e la sua risposta è, "Buone feste anche a te."

Io ero lì, con due persone sconosciute che erano certe di essere morte,in una triste stanza che ricordava un grande cubo al secondo piano con si e no due finestre con le tende chiuse, come se ci nascondessimo da qualcosa. Il disagio puro galleggiava nell'aria.

La così detta stanza sarà stata grande quanto il salotto di casa mia,dieci metri per dieci. Sembrava abbastanza normale e aveva ragione la bambina a dire che era grande per tre "Vaganti".Per il resto sembrava impersonale, per dir meglio inanimata. Niente foto, niente quadri, al massimo qualche vaso di un brillantissimo color bigio, dei giochi e dei passatempi come monopoli e risiko buttati da una parte a terra.

Ci presentammo, naturalmente mentii sul mio nome dicendo che mi chiamavo, ancora, Eleonora. Poi la bambina, di nome Altea, mi spiegò come si strutturava il palazzo In Mezzo; l'edificio dove ci trovavamo, era una costruzione suddivisa in infiniti piani in continuo cambiamento ed aveva un anima sua. Ad ogni Vagante che si aggiungeva, una stanza nasceva per ospitarlo, e ad ogni Vagante che lasciava l'edificio, la stanza poteva essere riutilizzata da un altro Vagante o demolita. Io accettai quella spiegazione tanto stravagante per vera, avevo viste tante cose strane che non potevo soffermarmi su ogni dettaglio che non quadrava. Lei avrà ripetuto la parola"Vagante" una quindicina di volte in una sola frase, ed io ancora non avevo ben capito il significato di quella parola. Solo dopo intuì che il termine Vagante era utilizzata per la gente che abitava In Mezzo e che aspettava pazientemente il suo turno per ricevere il biglietto per andare dall'altra parte.

In quel momento eravamo al centro della stanza, seduti intorno al tavolo. Altea beveva del tè preso alla macchinetta, e il così detto"nipote", soprannominato Drufus, a quanto pareva non aveva un nome, era di fronte a me con il cappuccio alzato e una bandana scura sulla fronte con una scritta più chiara "WOW." Mi esaminava, almeno credevo, e sbatteva le dita sul tavolo. Quel ticchettio costante poteva innervosire anche un santo.

Come un ladro in questura non riuscivo a guardare il poliziotto in faccia,dato che appena alzavo gli occhi il ragazzo mi fissava con il suo sguardo inquisitore.

"Senti."Alla fine sbottai.

"La smetteresti di guardarmi con quella faccia? Neanche ti avessi rigatola macchina." Ero abbastanza isterica, ma devi capirmi che non ero nel mio periodo migliore e non ne potevo più di quella atmosfera.

Lui strinse ancor di più gli occhi e smise di tamburellare con le dita.

"Non posso di certo cambiare la mai faccia, ci sono nato del resto." E ricominciò con il suo picchiettare.

"Ah sei nato ingrugnato in quel modo?" La bambina rise alla mia battuta e il ragazzo si sentì tradito da sua nonna. "Dai ragazzi, non litigate." Disse lei sorseggiando il suo tè.

Drufus si rivolse alla bambina. "Mi sono stufato di questa situazione.Fagli le domande che devi e cacciala da qui." Si alzò di scatto e uscì da quella stanza. La bambina, gentilmente mi rivolse un sorriso. "Devi perdonare mio nipote, non è abituato a conversare con altre persone." Allora mi alzai anche io e mi avvicinai ad una delle due finestre a guardare fuori per strada. Esaminai la città di In Mezzo, un posto che non potevo ancora visitare dato che ero intrappolata nel suo edificio principale.

Altea sembrava preoccupata. Scese dalla sedia e si avvicinò a me. "Vuoi giocare a dama?" Mi chiese prendendomi per mano e allontanandomi dalla finestra. "Non è nostra, l'abbiamo trovata qui insieme a tutto il resto. Saranno di sicuro dei Vaganti precedenti."

Non sono ebete, anzi di solito sono gli altri ad essere stupidi. Davvero quella bambina pensava che non mi sarei accorta che mi aveva allontanato volontariamente dalla finestra? Allora voleva che non mi facessi vedere dagli altri Vaganti anche se non c'era nessuno per strada? Certamente era per via dei miei capelli. Notai con preoccupazione che attiravano troppa attenzione.

"Che cosa mi devi chiedere?" Chiesi senza mezzi termini, riferendomi alla frase che aveva usato Drufus abbandonando la stanza. "Anche io ti devo fare qualche domanda." Continuai approfittando della situazione.

"Tutte e due cerchiamo risposte, ma è troppo noioso così." Disse in modo enigmatico, poggiando la scatola della dama sul tavolo ed aprendola.Posizionò tutti i pezzi con una cura maniacale, al centro perfetto di ogni quadrato.

"Quello che davvero mi manca della vita sono le sfide, mi piaceva molto confrontarmi con gli altri bambini. Qui è tutto così facile e noioso."

Una per una, le sue piccole dita mettevano le pedine, sia quelle nere che quelle bianche e appena finito di posizionare tutti i pezzi, mi rivolse un sorriso. Aveva l'aspetto di una bambina, ma se era davvero una nonna, chissà quanti anni aveva veramente.

"Una sfida mi allieterebbe, che ne dici?"

"Una sfida?"

"Esatto. Ad ogni pedina che si mangia, il Vagante avrà diritto ad una domanda. Dall'avversario si pretende la sincerità, ovviamente, sennò questa sfida non avrebbe senso."

Non mi piaceva la piega che stava prendendo. Forse credeva che essendo lei stessa una bimba, l'avrei sottovalutata e sarei caduta nel suo tranello. Altea mostrava una certa maestria, mentre io ero una dilettante. Non passavo il mio tempo sui giochi da tavolo, anzi li odiavo, al contrario di mio padre che li adorava e mi aveva costretto ad imparare le regole di quella maledetta dama. Non avrei mai immaginato che quello spreco di tempo mi sarebbe stato poi utile.

"Va bene." Dissi semplicemente, sperando che quelle poche regole che conoscevo avrebbero strappato qualche domanda alla bambina.

Effettuammo il sorteggio per il colore. Bianco, la prima mossa era la mia. Avevo dodici pezzi in fila pronti per essere mossi, davanti a me un avversario che aveva difficoltà a trapelare la sua forza.

Iniziai la partita, ma dopo quattro mosse, la prima domanda fu richiesta. La pedina bianca era nelle sue mani e sorridendomi mi chiese. "Sei veramente morta?"


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