11 - Il mio Spettacolo

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Volevo che quella giornata finisse. Volevo andarmene via da lì. Volevo rivedere i colori che inconsapevolmente animavano la mia vita. Volevo risvegliarmi con il mio cane Jachi che russava sulla mia pancia scambiandomi per il suo letto. Volevo rivedere la mia irritante madre e il mio ansioso padre fare colazione in salotto.

Volevo, volevo, volevo. Tutte quelle frasi che nascevano nella mia testa erano dei piccoli aghi che si conficcavano dritti nel mio cuore facendolo sanguinare copiosamente. Quei pensieri, quei ricordi, quella vita, quelle cose tanto semplici che avrei voluto riavere mi stavano veramente uccidendo. Non volevo accettare quella situazione, ma la verità era ben diversa e solo una cosa era certa.Ero il tesoro che tutti cercavano nell'edificio In Mezzo, ero la salvezza per tutti loro, per quei Vaganti. Nessun posto era abbastanza sicuro, nessun luogo lontano da tutti loro, nessuno tranne uno. Ero esonerata da altre disgrazie, almeno per il momento. Altea e Drufus non sembravano interessati a me in quel modo, come gli altri Vaganti.

"Vuoi tapparti quella bocca, maledizione!" mi intimò Drufus con voce severa serrandomi la bocca con la sua mano. Era fredda e grande, e dato che era stranamente morbida, i piccoli calli che aveva sulle dita erano più evidenti al tatto, ma studiare quella sua mano della stessa tonalità dell'acciaio non era la mia priorità in quel momento.

Mi dimenavo, urlavo e tentavo di allontanarlo da me. L'unica cosa che pensavo era che volevano la mia testa e io dovevo fare di tutto per tenermela stretta.

"Ti devi calmare. Accidenti!" Eravamo a terra e lui aveva quasi preso il sopravvento, e poi intervenne Altea con la sua voce tranquilla ad interrompere il mio tentativo di fuga che consisteva nel colpire ripetutamente a calci il mio aggressore.

"La verità è che ti chiami Melania e non Eleonora, non è così?"Iniziò la bambina riflettendo. "Tu pensi di essere ancora viva e non ne sai il perché, ma soprattutto hai quel colore di capelli che risalta a più di dieci kilometri di distanza. Per finire sei perseguitata da Lilium, cosa che non mi stupisce più di tanto visto che quella ragazzina ama torturare la gente, ma si è stranamente incaponita con te... La faccenda è più stramba del previsto."Concluse l'eloquente discorso che, parola dopo parola mi fece calmare. Quella bambina aveva un che di soporifero, era un calmante vivente in quel momento. Naturalmente il ragazzo rovinò quell'attimo di quiete e vedendomi più tranquilla lasciò la presa chiedendomi,"Si può sapere che cosa hai fatto a quella piccola dittatrice per farti una cosa del genere?" Io non risposi guardandoli sbalordita.Almeno in quel momento, e vorrei sottolineare in quel momento, non avevano cattive intenzioni, anzi.

Volevano solo capire. Volevano sapere perché io ero finita in quella stramba ed insolita situazione, il problema era che ne sapevo meno di loro.Non conoscevo questa Lilium, né tanto meno perché ce l'avesse così tanto con me! Mentre ragionavo mi chiesi anche se tutto quello che mi era capitato dovevo per forza raccontarglielo.

Dovevo fidarmi di quei due? Mi avrebbero creduta? Il biglietto era un premio troppo ambito per gettarlo al vento in quel modo solamente per sapere la verità, ma come ben tu sai, io non racconto mai la verità.

Io racconto storie. "Io e Lilium ci siamo scontrate." Iniziai adire. Ragionai su tutto quello che mi era capitato e su quel luogo di cui sapevo meno o niente. Avevo poche informazioni e mi bastarono per raccontare una storia che fosse ragionevole per loro.

"Io mi chiamo Melania Ombrelli... E sono morta."

L'inizio era una finta confessione e sapevo che poteva destare sospetti. Nel gioco della dama ero obbligata a dire la verità e avevo detto che ero viva, ma ormai avevamo finito di giocare. Sperai che la prendessero come una confessione di una ragazza impaurita che non accettava ancora la realtà della sua situazione.

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