"Sei veramente morta?"
Come potevo dare una risposta a quella domanda, quando nemmeno io sapevo cosa diavolo mi fosse successo? Neanche avevamo veramente iniziato la partita che già la bambina mi aveva messo sotto pressione. Dire la verità? Quale verità? Cosa potevo dire ad una bambina che mi guardava con occhi insistenti e penetranti. Voleva una risposta, ma a cosa le serviva proprio non lo sapevo. "Ecco,appena gli mangio una pedina glie lo chiedo."
"No."
Quelle due lettere messe insieme assecondavano le condizioni che la bambina aveva dettato. Era la verità, anzi, potevo anche evitare, ma se si fosse accorta che mentivo, addio alle mie domande e non potevo correre quel rischio. Infondo non dovevo dare una spiegazione, solo una risposta.
Lei sembrò soddisfatta e mise la pedina appena mangiata alla sua destra,poi mi fece cenno di continuare. Quella pedina nera era alla portata in quel momento, quella stessa pedina nera che si era guadagnata una domanda adesso era lì, senza difese. Ma se l'avessi mangiata, poi Altea lo avrebbe rifatto a sua volta consentendole un altro vantaggio. Mangiare? Essere mangiati?
"Ma va al diavolo!"
La catturai convincendomi con un "Infondo è solo un gioco."
Un gioco a cui dovevo stare attenta alle domande che facevo e, su per giù, ne avevo veramente poche se avevo veramente intuito la bravura del mio avversario.
Con la pedina nera nella mia mano pensai con giudizio alla mia richiesta.Per prima cosa dovevo conoscere il mio rivale.
"Quando sei... diciamo scomparsa?"
Lei non nascose la sua sorpresa. Credeva che le avrei chiesto di "In Mezzo" o altro, ma non quella domanda. I suoi occhi mi fissavano,erano come annebbiati e guardavano oltre me. Osservava un mondo che ormai era solamente nei suoi ricordi, nei suoi pensieri, nel suo cuore.
"Noi non parliamo mai del passato." Disse come premessa prima di rispondere alla mia domanda.
"Il 30 ottobre del 1909, non riuscirono a guarirmi dalla tubercolosi."Lo sguardo non era rivolto a me, ma a quel bracciale che accarezzava e guardava con nostalgia.
"A quanto pare il mio fratellino, crescendo, ha dato vita ad un bellissimo bambino, il padre di Drufus. Sono molto felice di questo."Disse più di quello che le avevo chiesto, ma di certo non obbiettai.Anche se non lo do a vedere, mi piace molto ascoltare le persone,ascoltare le loro storie. Chiunque ha qualcosa da raccontare, basta semplicemente ascoltare.
Altea non era altro che una bambina, una dolce ragazzina a cui le mancava la famiglia. Avrebbe tanto voluto crescere, ma non le fu concesso.Pur così piccola era piena di rimpianti, e da come guardava quel gioiello al suo polso, avevo intuito che si trattava di un regalo dei suoi genitori.
Una cosa mi saltò alla mente pensando alla sua storia.
Lei aveva un bracciale, ma era vietato. Io la ricordavo bene la chiacchierata che avevo fatto con Catia, la ragazza del bancone al piano terra. Aveva espressamente detto;
"In questo mondo non è permesso avere oggetti personali, a parte i vestiti naturalmente. In caso contrario si va incontro ad una sanzione." O qualcosa del genere.
Quel braccialetto, quei giochi da tavolo, quei vasi, come era possibile? Mi chiedevo se fossero andati incontro alla sanzioni pur di avere quegli oggetti. Ma non toccava a me fare le domande.
Lei si riprese e mangiò, come previsto, l'altra mia pedina bianca.
"Perché credi di essere ancora viva?" Chiese, sta volta con perplessità,come se non capisse la mia situazione.
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In Mezzo
ParanormalSono una bugiarda e forse è un controsenso sputare la verità solo alla fine, anzi è proprio da ipocrita. Io, Melania, come dovrei comportarmi in questo momento? Dovrei dirmi che tutto andrà bene? Che risolverò di certo questa folle situazione? E dir...