- El? - lo chiamò. Probabilmente era svenuto come al solito dopo aver bevuto troppo. Azzardò un passo in avanti.
I suoi occhi fissi nei propri. Vuoti.
Lanciò un urlo, anche se urlare era una cosa da femmine, anche se lui era un ragazzo silenzioso.
Drake si svegliò di soprassalto, strappato dal sonno dal proprio grido, la t-shirt madida di sudore incollata alla schiena e la fronte imperlata che si asciugò con il dorso della mano.
- Ancora. Merda - imprecò, stringendosi la testa fra le mani.
Ancora quello stupido, stupidissimo, maledetto incubo.
Erano ormai quattro anni che lo tormentava, quattro anni di silenzio, non lo aveva detto a nessuno, né ad Ares o a Evan.
Cosa avrebbe dovuto dir loro? 'Sogno ogni notte qualcosa per cui non dovrei incolparmi ma che non riesco a fare a meno di dirmi che avrei potuto evitare'?
Non voleva la loro comprensione né qualunque altra forma di attenzione. Si rassegnava ad essere il Drake che tutti conoscevano - e temevano -.
Si alzò, corrucciato. Gli doleva la testa, probabilmente per la carenza di sonno dovuta al proprio vagabondare la notte senza una meta precisa.
Si diresse in bagno e si lavò la faccia, fissandosi attentamente allo specchio. I capelli neri arruffati, nulla di strano; gli occhi vigili, chiari, arrabbiati col mondo e le labbra strette in una linea sottile, impenetrabile.
- Ma come siamo belli, stamattina! - esclamò in falsetto, sarcastico. Forse era davvero pazzo, ma ciò non toglieva che si odiava.
Sì, lui gli aveva portato via anche quel briciolo di amor proprio e autostima che racchiudeva nel profondo.
Per quanto potesse essere spavaldo, strafottente e pieno di sé, dentro era pieno di paure sciocche e rancore. Quello ne possedeva tanto, soprattutto da quel giorno.
Si vestì, ovviamente di nero, indossava solo abiti neri, e andò in cucina a fare colazione. Il proprio appartamento era tristemente deserto.
- Era bello quando mi preparavi la colazione - mormorò fra sé e sé, versandosi il caffè.
Era, appunto.
Dopo colazione raccolse le proprie cose ed andò a scuola. Ares era già arrivato, come di consueto appiccicato a Dean.
O al damerino, come constatò il moro.
Era felice per il ragazzo dagli occhi azzurri, però quei due gli davano comunque il voltastomaco, soprattutto ora che erano in fase 'lovey-dovey'.
La mattinata trascorse tranquilla, tanto che per poco non si addormentò sul banco. Durante la pausa il rosso si fermò a scambiare due chiacchiere con il barista carino dell'altra classe, snobbando il suo altissimo fidanzato dagli occhi verdi.
Drake ne approfittò per aspettare Ares nel loro posto prediletto, insieme a Evan.
- Ciao, Evan.
- Ciao, Drake - replicò lui, soffocando uno sbadiglio. I suoi occhi verdi si assottigliarono.
- Qualcosa non va? - domandò il moro, mentre l'amico chiedeva, contemporaneamente:
- Dov'è Ares? -. Regnò per un lungo istante il silenzio, poi Drake fece spallucce, si sporse in avanti...
E lo baciò.
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Un bacio per caso
RomansaDrake ha ventun anni, i capelli dello stesso colore del pelo dei cavalli frisoni e dei particolarissimi occhi chiari che paiono bianchi. Qualcuno lo definisce emo, a lui non piacciono le etichette. È, insieme ad Ares, suo migliore amico numero uno...