"Siediti per favore" mi intima la professoressa.
Faccio come mi ha detto e lei si siede di fronte a me.
"Capisco che hai dei problemi, che non vuoi aiuto e tutto quanto. Però non puoi continuare così, senza nemmeno sforzarti di trattare meglio gli altri"
La interrompo prima che possa finire, "senta, se vuole farmi da psicologa le dico subito che é tempo perso!" alzo la voce irritata.
"Non sarà tempo perso se accetterai almeno di ascoltarmi. Fallo per me, voglio solo farti stare un po' meglio" dice sconsolata continuando a guardarmi.
Annuisco e la lascio parlare, mi sembra inutile fare la difficile adesso."So che dentro di te c'è ancora la ragazza che ho conosciuto quattro anni fa, quella che si é presentata mezz'ora in anticipo il primo giorno di scuola per assicurarsi il posto in prima fila. Sei cambiata completamente Sophia, c'è un motivo e capisco che tu non voglia parlarmene. Il consiglio più utile che posso darti é fidati di Liam, quel ragazzo può aiutarti davvero. Anche lui ha molti problemi e scommetto che se 'farete squadra' potreste sentirvi molto meglio entrambi".
Mentre lei continua a raccontare la storia di Liam io la ascolto attentamente e non riesco a credere che sia riuscito a rimanere la stessa persona che era. Io non ci sono riuscita, infatti eccomi qua.
Mi sento peggio di prima, come farò a trattare ancora male quel pulcino indifeso senza sentirmi in colpa?"Puoi andare, non ha senso trattenerti oltre. Buona giornata" conclude alzandosi, indossando il suo cappotto e uscendo dall'aula.
In questo momento mi costringo a cercare quello sfigato. Esco nel corridoio e inizio a sperare che se ne sia già tornato a casa, eviterei di dover essere sentimentale. Riesco a sentire la sua voce ma é strozzata e debole, svolto l'angolo e lo vedo accasciato a terra con i soliti bulli che gli lanciano calci sullo stomaco. Non so se intervenire o meno. Beh, non direi di avere scelta, mi basta presentarmi alle loro spalle per farli correre via.
Liam cerca di alzarsi ma ricade ogni volta, alzo gli occhi al cielo e gli porgo la mano per aiutarlo."Ormai l'infermeria é chiusa, puoi scordarti che ti aiuti a sistemarti" lo informo e lui annuisce.
Mentre camminiamo per uscire dalla scuola, lo vedo stringersi la mano sul petto, deve fargli molto male.
"Per quanto ti hanno lanciato piedi addosso?" chiedo per informazione.
"Non mi sono messo a contare i minuti sai? Non lo so. Un po' comunque" risponde con una smorfia.
"Devi davvero fare molte lezioni extra di Boxe perché fai pena"
"Te l'ho detto, davanti a loro mi sento impotente" mugugna lui.
"Sei impotente, sfigato" rispondo sbuffando. Mi chiedo come andrà a finire questa conversazione priva di senso.
"Grazie".
Sgrano gli occhi e mi fermo a guardarlo, "grazie? E per cosa?"
"Se non fossi arrivata tu probabilmente sarei in ospedale" fa spallucce.
"Senza probabilmente" rido.
"Beh, eri li per caso o mi stavi cercando?" chiede ricominciando a camminare.
"Ecco. Volevo dirti una cosa, non mi interrompere perché é già difficile di per se. Chiaro?!" dico secca, lui annuisce e prendo coraggio, "volevo chiederti s..." sospiro, "Sc...scusa" sussurro.
Ride, "questo é quello che non riuscivi a dire?" continua fino a quando non preme gemendo di dolore dove lo hanno colpito. Come se il signore avesse sentito il mio desiderio di tirargli un pugno. "Per cosa mi stai chiedendo scusa?" chiede alla fine.
"Per averti scaricarito stamattina. Forse e dico forse, non avrei dovuto mollarti li come un idiota" confesso.
"Ah, tranquilla, ci sono abituato" fa spallucce per l'ennesima volta e rivolge lo sguardo ad una macchina, "devo andare, sono venuti a prendermi. Ci vediamo domani in biblioteca, solita ora mi raccomando, non fare tardi! Ciao" gli faccio un cenno con la mano prima che si giri per andarsene e lasciarmi camminare da sola fino a casa. Ma a me piace stare sola, no?