15. Guess what?

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End of time.
Guess what?


-Belle

Sono venti minuti che aspetto Zayn seduta su questa panchina nel parco. Mi guardo intorno, sospirando e mi stringo nel cappotto per il freddo.
Ma quando arriva?
Controllo di nuovo il cellulare, ma niente. L'ultimo messaggio risale a diciassette minuti fa.
Una soffiata di vento mi fa volare i capelli sul viso e caccio una mano dalla tasca per sistemarli.
Qualcosa di fastidioso mi gratta la gola dall'interno ed io spalanco gli occhi, prima di cominciare a tossire violentemente.
Mi porto entrambe le mani alla bocca e sento il viso in fiamme e gli occhi bagnarsi.
Un signore si avvicina e mi poggia una mano sulla spalla.
"Signorina, tutto bene?" chiede. Io continuo a tossire forte.
Allontano le mani per provare a rispondere, quando vedo che sono ricoperte di sangue.
Chiudo gli occhi per qualche secondo. Sapevo che prima o poi sarebbe successo.
"Oddio, chiamo il pronto soccorso" Io scuoto la testa.
"Devo.." biascico, tossendo.
"Andare.. in ospedale.." riesco a dire. Lui annuisce e chiama qualcuno. Io non riesco più a respirare.
"Sta bene?" chiede ancora il signore.
"Stanno arrivando, resista" dice quando io non rispondo. Ma non ce la faccio. Mi manca l'aria e non riesco a smettere di tossire.
Chiudo di nuovo gli occhi e stavolta non li riapro. Faccio in tempo a sentire il suono di un ambulanza, prima di perdere tutti i sensi.

Quando apro gli occhi, affianco a me c'è un'infermiera che scrive qualcosa su una cartellina. La guardo e provo a bagnarmi le labbra per parlare.
Lei però mi precede e si volta verso di me.
"Oh, buongiorno" sorride. La conosco già, è la stessa che mi ha visitato l'ultima volta insieme al dottore.
"Come ti senti?" chiede.
"Stanca" sussurro.
"Immagino. E' stato un attacco molto pesante"
"E'.. grave?" chiedo. Lei alza le spalle.
"Sì" dice schietta. Io annuisco.
"Aspettavamo ti svegliassi, non sapevamo come rintracciare i tuoi genitori" mi dice poi.
"Non c'è bisogno di dirglielo" scatto.
"Sì, invece"
"No, ho diciotto anni"
"Ma i tuoi devono saperlo, non è una cosa da niente quella che hai"
"Lo so! Lo sanno già, non c'è bisogno di chiamarli ora" mi oppongo.
"Ma.."
"Senta, ho diciotto anni da un bel po', non ho più nessun vincolo legale e ai miei non interessa, quindi lei non deve avvisare proprio nessuno"
"Che caratterino" commenta. Io la guardo male.
"Scusi?" chiedo. Lei mi sorride.
"Va bene, va bene. Se non vuoi non chiamerò" cede.
"Bene" rispondo prima, di alzarmi.
"Dove credi di andare ora? Sarai anche 'libera da ogni vincolo legale' ma sei ancora sotto osservazione, non muoverti di lì" dice.
"Non posso uscire?" chiedo.
"Non ora"
"Nemmeno per una passeggiata?" Lei sospira.
"Dopo ti accompagno a fare un giro, se proprio ci tieni"
"Fuori?"
"No" Io sbuffo.
"E per quanto tempo resterò segregata qui, sentiamo?" chiedo. Lei ride.
"Però, ti sei svegliata con la luna storta eh!" scherza.
"Pochi giorni, comunque" mi assicura.
"Giorni?! No, lei non ha capito. Io devo uscire in poche ore. Massimo un giorno"
"Beh, non puoi" Io sbuffo per la centesima volta, tornando stesa sul lettino.
"Grazie mille" dico, sarcastica.
"Di niente" sorride lei, poi torna a scrivere. Io mi allungo a prendere il telefono e l'unica cosa che ci trovo è un messaggio di Zayn.
'Scusami Belle, ho avuto un imprevisto, non posso venire oggi'
Tranquillo, sto bene, penso. Rimetto il cellulare a posto e guardo l'infermiera.
"La prego" dico. Lei mi guarda e: "cosa?" mi chiede.
"Mi faccia uscire"
"Ti sei appena svegliata, un po' di pazienza"
"Ma mi sto annoiando!" esclamo e lei sospira.
"Va bene. Scendi. Ma appena ti senti male torniamo qui e non esci più" mi avverte. Io mi limito ad annuire in risposta. Mi metto a sedere e poggio i piedi a terra.
Quando mi alzo, rabbrividisco per il freddo.
"Metti questa" dice l'infermiera, porgendomi una vestaglia blu. Io me la infilo, controvoglia, solo perché fa davvero freddo. Poi però prendo anche il mio giubbino e lo indosso.
"C'è un giardino o qualcosa del genere?" chiedo.
"E' tutto ghiacciato fuori!"
"Lo so, ma voglio uscire" mi impongo. Lei rotea gli occhi.
"Okay, okay" cede. Si mette al mio fianco perché non sono nel massimo delle forze, poi mi accompagna fuori. Percorriamo un lungo corridoio ed io sento gli occhi di qualche persona su di me. Abbasso lo sguardo e continuo a camminare, accelerando il passo. Usciamo all'aperto e quello che vedo non è esattamente un giardino, ma più una piccola piazza vuota che mi va bene comunque.
"Copriti" mi dice la donna. Io mi limito a sedermi su una panchina e ad incrociare le braccia al petto.
Dopo qualche minuto esce un ragazzo in lacrime. Il mio sguardo finisce immediatamente su di lui, che ricambia, passandosi una mano sulle guance.
"Tesoro, come sta?" chiede la mia infermiera, andandogli incontro.
"Male" risponde lui, tirando su col naso. Lei gli sorride intenerita e prova a confortarlo.
"Si riprenderà, vedrai. I medici lo hanno promesso e c'è da fidarsi" gli dice dolcemente. Lui annuisce, poi torna a guardarmi.
"Oh, vieni che vi presento" dice lei, trascinandolo verso di me.
"Harry, lei è Belle, una nostra paziente" Le nostre mani si stringono ed io sento una scarica elettrica attraversarmi le ossa.
Continuo a guardare i suoi occhi verdi e quasi mi ci perdo dentro.
"Purtroppo non posso rimanere qui, Belle, dobbiamo rientrare" dice l'infermiera.
"Posso riaccompagnarla io" dice subito Harry. Lei guarda me.
"Va bene?" Annuisco perché non voglio entrare di nuovo.
"Dopo torno a controllarti. Non farle prendere freddo, mi raccomando"
"Sì, sì" Lei ci lascia ed il ragazzo si siede accanto a me.
"Stai bene?" chiedo.
"Più o meno. Mia sorella no però" confessa.
"Ha fatto un incidente in auto ed ora è in coma.." spiega, anticipando la mia domanda.
"Mi dispiace" dico sincera.
"Anche a me" risponde. Rimaniamo in silenzio per un po'.
"Quindi.. perché sei qui?" chiede poi. Ha completamente smesso di piangere ed ora si sta passando una mano tra i folti capelli ricci.
"Non sono proprio al massimo della forma, ecco" dico.
"Cos'hai?" domanda ancora e forse è il fatto che non l'ho detto mai a nessuno, nemmeno a Kath o Zayn, forse è perché qualcosa mi spinge a fidarmi di lui, forse perché ho bisogno di parlarne con qualcuno, ma decido di dirgli la verità.
"Un tumore allo stomaco" rispondo, come se fosse normale.

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