In effetti, affrontandola in due, la bestia faceva ancora meno paura che studiandola in solitario, ci si faceva forza e, quando la forza non bastava, ci si lagnava tra noi e ci si liberava di un peso importante; infatti ne parlavamo solo tra noi perché il resto del mondo ci avrebbe preso per pazzi e, anche se non l'avesse fatto, non avrebbe mai potuto capire la sensazione che si prova a svegliarsi "diversi" e ad andare a dormire nello stesso modo; forse nei sogni ero come prima, ma solo nei sogni.
Comunque questo non influì assolutamente con il mio studio presso l'istituto tecnico commerciale che anzi, procedeva meglio di prima, molto meglio, ero tra i primi della classe e non l'ero mai stato, i miei neuroni dovevano esserci ancora tutti o forse i pochi rimasti lavoravano assiduamente e davvero bene, magari semplicemente necessitavano di un po' di solitudine!
Successe che lavorai, più precisamente praticai un tirocinio presso un'agenzia marittima che mi costò una spremuta di meningi tale da riempirvi una brocca, capii durante questo periodo che io, senza dubbio, ero nato per lavorare, per tanto odiai ancor più lo studio (alla mia età era normale odiarlo).
Allo stesso tempo però ero intento a concludere al meglio la mia stagione scolastica in modo da trovar velocemente lavoro e quindi di impegnarmi subito in quella che al momento sembrava esser la mia vocazione.
Durante il tirocinio feci altri due pensieri, importantissimi, basilari, il primo fu un irrefrenabile desiderio d'una ragazza che mi venisse a prendere al termine del mio orario d'ufficio, perché dopo tanto lavoro necessitavo di tanto amore, il secondo fu che, con la bestia sveglia, lavorare mi costava più fatica e la risentivo per intera subito dopo aver terminato i miei compiti e quindi durante il mio ritorno alla periferia (dove abito e dove frequento le mie compagnie).
E quanto avrei voluto che una ragazza fosse stata a sentirmi lagnare dei miei compiti troppo pesanti per un tirocinante, ma che io, a bocca chiusa, avevo portato a termine con pochissimi errori (ad un'ipotetica femmina avrei certamente raccontato di non averne commesso nemmeno mezzo, di errore).
Ritornato a scuola mi resi conto che due settimane appena di lavoro mi avevano profondamente cambiato, innanzitutto detestavo l'organizzazione (inesistente) della mia scuola, delle lezioni, di tutto; secondariamente odiavo la mia compagnia che mi faceva perder tempo in un locale che penso sia magico perché da sempre riesce a risucchiare le energie vitali delle persone e spero vivamente che le racchiuda in un qualche contenitore perché altrimenti sarebbe un grande spreco.
Non odiai i singoli, odiai l'insieme.
Ben presto capii che commettevo un errore a chiamar bestia il mio povero cervello che io stesso avevo martoriato, lei era il mio dono, certo mi aveva fatto prender un bello spavento, mi aveva fatto desiderare persino la morte, ma superata quella prova mi aveva donato un amore per le arti (e per i lavoro) che non avevo mai avuto, o per lo meno non così.
Coglievo nuovi aspetti nella letteratura, cambiavo genere musicale quasi ogni mese passando per molti ma non per tutti perché una vita non basterebbe, vedevo le cose, gli eventi, sotto un'altra luce e, soprattutto, io e quella che chiamavo bestia (poi dono) iniziammo ad andare d'accordo, e ancora oggi mi sento fortunato ad aver pagato quel conto salato poiché è servito a farmi crescere, ha dato un contributo decisivo nello sviluppo della mia personalità e del mio carattere, delle mie passioni e dei miei interessi.
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Il dono.
General Fiction"Il dono" è il racconto di una vita in poche pagine. Scritto da un ragazzo di appena diciotto anni, questo racconto nasce come uno sfogo, come un tentativo di analisi che ha come obiettivo quello di riportare alla luce gli episodi chiave della sua v...