E su quella panchina mi scappò di rubarle un bacio.
Uno vero, intendo, e fu il primo tra noi due, ma non il primo in assoluto né per me né per lei, e in quel momento (e anche adesso) avrei voluto con tutto me stesso che le cose fossero andate diversamente, avrei desiderato un passato diverso, senza baci, poiché quello appena dato era l'unico che avevo voluto, avevo anche faticato per averlo e quindi meritava d'esser primo.
Anche senza il primo bacio, lei diventò il mio primo amore.
Diventammo una coppia fissa, inizialmente anche molto ben vista, io ero felicissimo e mi piace pensare che lo fosse pure lei, a volte dava l'impressione di esserlo.
Ma mi sarei aspettato tutt'altro rapporto, lei era capace a scriver frasi d'amore ma non a praticarlo se non con qualche bacio, ma prima di venir frainteso, io non desideravo di possederla, solamente esigevo un po' più del suo tempo.
Lei non trovò mai abbastanza tempo per me e io ne soffrivo ma l'amavo troppo per lasciarla e troppo anche solo che per rimproverarla come un vero uomo fa con la propria donna (intendo con parole dure, non se ne parla di alzare le mani!).
Le nostre giornate insieme furono noiose poiché io in quanto uomo le organizzavo, ma non sentendomi abbastanza legato a lei perdevo la libertà di fare le pazzie che amavo fare e che forse anche lei avrebbe amato se avesse amato me, ma temevo il suo giudizio perché troppo spesso mi assaliva il dubbio che non m'amasse affatto dal momento che il suo comportamento non mutò se non per qualche giorno ogni tanto in cui, evidentemente, si era destata di buon'umore.
Vero è anche che non era affatto facile indovinare cosa le passasse per la testa, posso affermare senza indugio che da sempre è la ragazza più misteriosa ch'io conosca.
Fatto sta che mi lasciò dopo appena quattro mesi di rapporto, in cui per più d'uno nemmeno l'avevo vista, poiché aveva lasciato la "città grigia" e beata lei che ne aveva la possibilità.
Mi disse che non provava per me quel ch'io provavo per lei, e non m'apparve come una novità, ma ci rimasi male perché proprio in quel periodo mi ero raccontato, come scusa, che la povera aveva problemi a dimostrarmi il suo affetto, mentre, in quell'istante, venivo a conoscenza del fatto ch'era proprio l'affetto ciò che le mancava.
Mi chiese di mantenere i contatti, le chiesi di tagliarli del tutto, e vinsi io, almeno nella sconfitta vinsi qualcosa: non martoriare ulteriormente il mio cuore affranto già da prima, che in quel momento subiva il colpo di grazia; continuare un rapporto d'amicizia avrebbe significato rigirare il coltello nella piaga e nient'altro.
Per lasciarmi m'aveva chiesto di vederci presso dei giardinetti vicini alla nostra scuola, erano molto belli e felici e non so perché scelse quel posto per darmi una notizia tanto triste.
Sedevamo su una panchina, ed eravamo i più adulti perché tutt'intorno bambini piccoli giocavano a palla o a rincorrersi, mentre mi diceva certe parole amare piangeva come un neonato, e sbriciolava foglie secche che raccoglieva da terra, forse come antistress.
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Il dono.
General Fiction"Il dono" è il racconto di una vita in poche pagine. Scritto da un ragazzo di appena diciotto anni, questo racconto nasce come uno sfogo, come un tentativo di analisi che ha come obiettivo quello di riportare alla luce gli episodi chiave della sua v...