Era molto tesa e si vedeva, ma non mi faceva pena né nel suo pianto né nel suo tremolio generale, aveva saputo esser fredda con me che con lei ero sempre affettuoso come non l'ero mai stato con nessuno, e meritava lo stesso trattamento.
Esclamai qualche sdolcinato aforisma, poi m'alzai, la guardai e dissi a bassa voce:
"mi dispiace!"
Dopo di che la baciai in fronte come si fa con i morti, perché per me era proprio morta in quel momento, tra l'altro era morta suicida, e io odio il suicidio in quanto manifestazione suprema di vigliaccheria.
Me ne andai, ma pochi metri dopo crollai, o meglio il mondo mi crollò addosso, improvvisamente sentii il grosso peso dell'abbandono e già dopo nemmeno un minuto soffrì d'una solitudine indescrivibile.
Dato che mi sentivo mancare, ma proprio fisicamente, m'abbandonai ad un pianto infantile seduto su alcuni scalini ancora all'interno del giardinetto ma lontano dalla vista di chiunque.
Sentii il bisogno di parlarne subito con il mio amico pianista, quello che aveva domato la bestia assieme a me, da quel momento ci lega qualcosa di ancor più forte del sangue stesso.
Raccontai a lui dell'accaduto ancora con i lacrimoni agl'occhi e credo fu una delle poche persone che m'hanno visto piangere durante la mia vita, e sì che io ho pianto più di tutti, specie per essere un uomo, ma dal momento che me ne sono sempre vergognato ho sempre prestato attenzione a trattenermi in pubblico.
Quella volta non potevo fingere che non fosse successo nulla perché era una vera tragedia per me, avevo puntato tanto su quella ragazza che immaginando una scena presunta proiettata nel mio futuro era certo che affianco a me avrei immaginato pure lei.
E in quel momento, guardando il mio futuro, mi vedevo solo.
Fumavo di nuovo come un turco, curioso, perché addirittura per la ragazza stavo smettendo, e non mi fu difficile perché l'amavo più persino del tabacco, ma, appena mi lasciò, un impeto d'odio fece si ch'io immediatamente giurassi amore eterno al tabacco, di nuovo.
Il mese successivo sembrava andasse tutto bene, il mio odio s'era trasformato in indifferenza e mi convinsi del fatto che non avrei mai dovuto amarla dal momento che il mio amore non lo meritava per niente.
Per un periodo pensai di non amarla per davvero, e vivevo sereno, non felice, ma sereno.
Ora che mi conosco un poco di più posso dire che sono abilissimo ad auto - convincermi di fesserie, ma, dal momento che le bugie hanno le gambe corte, dopo poco tempo non vi (mi) credo più.
Infatti ero ancora innamorato, perso, perso!
Un giorno mi svegliai sentendomi vuoto per metà, e non mi ci volle molto a capire ch'era lei che mancava, avrei dovuto sostituirla; in quei giorni a scuola avrei dovuto scegliere la ragazza che avrebbe preso il suo posto.
Arrivato a scuola vedevo attorno a me solo oche, m'abbandonai all'idea che il mondo esterno alla scuola non fosse che una gigantesca proiezione della fauna che avevo sotto gl'occhi, e mi rassegnai alla solitudine, e la soffrii per mesi.
Ad un certo punto mi resi conto che non potevo che amare lei e lei soltanto.
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Il dono.
General Fiction"Il dono" è il racconto di una vita in poche pagine. Scritto da un ragazzo di appena diciotto anni, questo racconto nasce come uno sfogo, come un tentativo di analisi che ha come obiettivo quello di riportare alla luce gli episodi chiave della sua v...