Capitolo quattro

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Appena esco dalla biblioteca, mi dirigo verso la mia camera.
Rimugino su quello che è successo e continuo ad essere sempre più fiera di me stessa. Insomma, lui mi ha davvero fatto uscire di testa.
Penso che ora mi detesti ancora di più e non so davvero come faremo a convivere per due mesi senza ammazzarci a vicenda.
«Principessa Adley?» dice entrando una cameriera.
«Sì?»
«Vostra madre e vostro padre vi attendono nel salone generale.» La donna fa un inchino e poi esce.
Ho paura di scoprire cosa vogliano da me i miei genitori, ma mi alzo comunque dal letto e inizio a camminare verso il salone.
Appena arrivo alla porta busso, e quando sento che mio padre tossicchia, entro. È il suo segnale per farmi capire che posso entrare.
«Adley, ci ha sorpreso sapere che non eri con Aven» dice mia mamma, indicandomi una poltrona vicino a lei.
Mi vado a sedere e assumo un'aria confusa. Non devono sapere nulla di ció che è successo, perchè anche se glielo dicesse Aven, sarebbe costretto a dire che non è stato proprio la simpatia in persona con me.
«Oh, ehm, sí, è vero. Ero andata a riposare nella mia stanza perchè ero alquanto stanca, mamma» le dico, guardando alcuni libri sul tavolo.
Lei annuisce e poi mi dice: «Ti sei comportata in maniera davvero discutibile prima, quando sono arrivati i Medley. Spero che tu abbia una giustificazione per questo.»
Be', ecco... No.
La guardo con aria colpevole e mi stringo nelle spalle.
Lei sbuffa e alza gli occhi al cielo.
«Quando sarai regina dovrai mantenere un certo autocontrollo, non potrai assolutamente fare nulla di ció che hai fatto lì fuori, sono stata chiara? Spero di non dovermi ripetere.»
«Avró più autocontrollo la prossima volta. Se avró la mano insalivata me la terró cosí; se mi pruderà il vestito, moriró piuttosto che grattarmi e se qualcuno sbaglierà il mio nome, io diró che è incredibile come si ricordino del mio vero nome.»
Papà ridacchia, mentre mia mamma apre la bocca per dire qualcosa.
Mio padre la precede.
«Suvvia, Edly, non capiterà più. Ora chiudiamo questo argomento e passiamo a quello per il quale ti abbiamo chiamato: il ballo.»
Ditemi che sto sognando. Ditemi che non è vero. Non puó essere vero.
Non voglio nessun ballo in mio onore nel quale conosceró la mia "anima gemella", perchè non conosceró mai la mia vera anima gemella. Se mai esista, sia chiaro.
«Oh» dico.
A volte le mie risposte mi lasciano senza fiato. Non riesco proprio a dire una frase sensata?
«Io e tua madre, come ben sai, ci siamo conosciuti al ballo del mio diciassettesimo compleanno e ci amiamo moltissimo. Vogliamo che anche tu possa trovare una persona con la quale passare il resto della tua vita che ti renda felice.» A mio padre vengono gli occhi lucidi e mia mamma si alza per andarlo ad abbracciare.
«Oh, il mio Xander. Il mio amato Xander» dice mia mamma.
Si abbracciano e io mi sento un tantino di troppo. Spero di non diventare mai così, insomma, che schifo!
Dopo tre minuti si ricompongono e mia mamma dice: «Comunque, potrai scegliere due ragazzi che ti hanno colpito e invitarli a stare da noi per un po', in modo tale da conoscerli meglio. Cosa te ne pare?»
Uno schifo. Un vero grandissimo schifo, ecco cosa me ne pare.
«L'idea non mi alletta molto» dico, sprofondando nella poltrona.
«Non possiamo fare altro. In queste due settimane tu dovrai: scegliere cento candidati e mandare loro gli inviti al ballo; scegliere l'abito, le scarpe e quelle cose che piacciono a te; scegliere la muscia e le decorazioni.»
«Ma..» provo a dire, ma mio padre mi blocca.
«No, Adley. Imparerai molto presto che noi reali siamo costretti a fare cose che non vorremmo fare la maggior parte del tempo.» Detto questo se ne va, lasciandomi sprofondare ancora di più nella mia tristezza e nella poltrona.
Insomma, che incoraggiamento!
Decido di alzarmi dalla poltrona e di andare in biblioteca, per leggere qualcosa.
Mentre cammino per i corridoi, sento delle voci maschili in una stanza. Penso che sia la stanza destinata ad Aven, quindi tendo l'orecchio (molto discretamente, peró, non voglio che qualcuno mi sorprenda a spiare).
«Come no?» dice la voce più anziana.
«Non ho potuto fare nulla. E non ci tengo nemmeno. È un vero disastro!» Questa è invece l'inconfondibile voce di Aven. Ma di cosa stanno parlando?
«Non mi importa se il tuo cuore si sia fermato quando l'hai vista, devi fare quello che ti ho chiesto! Non dovrebbe essere così difficile! Ora te lo ripeto, stammi bene a sentire..» Io peró non posso stare bene a sentire perchè una guardia mi guarda con aria perplessa e decido quindi di camminare disinvolta verso la biblioteca.
Appena arrivo mi chiudo dentro. Non ho la più pallida idea di ció di cui stavano parlando quei due, ma penso si trattasse di una ragazza. Forse Aven deve fidanzarsi e, come me, non ne ha voglia. Forse.
Le due ore dopo le passo su un libro che parla di una noiosa storia d'amore tra due ragazzi. Ovviamente lui e lei si amano dal primo istante in cui si vedono, lui darebbe la vita per lei e cose del genere. È noioso, ma comunque mi distrae dalle mie preoccupazioni.
Quando lo finisco, mi alzo e guardo l'ora: sono le sette e trenta minuti.
Evidentemente non ho passato solo due ore su quel libro, ma molto più tempo. Quindi è ora di cena.
Quindi mi tocca rivedere Aven. Bene.
Quando arrivo nella stanza del terzo e ultimo pasto, la cena, trovo già tutti dentro, pronti a mangiare.
Mi sistemo vicino a mia madre, con davanti di nuovo Aven, che non alza nemmeno la testa dal piatto vuoto per rivolgermi un'occhiata. Ma va bene così, perchè suppongo di fare abbastanza per tutti e due, dato che Aven si è cambiato e ora sta decisamente meglio (anche se come abbia fatto ad essere più bello di prima, va oltre il mio intuito). È impossibile staccargli gli occhi di dosso.
Ma lo faccio perchè mia madre mi dice: «Adley cara, vorresti andare a dire alle cameriere che possono iniziare a portare i piatti?» Annuisco e mi alzo.
Vado da una ragazza che si trova vicino alla porta e le riferisco il messaggio.
Lei annuisce e va a chiamare le altre.
Una guardia giovane, un ragazzo, si avvicina e mi dice: «Buona sera, principessa Adley.» Io gli sorrido e lui si inchina.
«Buona sera a lei, come sta?» dico. È bellissimo per me vedere che alcune guardie sono come questo ragazzo. Perchè oltre che davvero carino, è anche gentile. Moltissime guardie sono invece vecchie e scorbutiche. La maggior parte, direi.
«Molto bene, adesso che mi avete sorriso, grazie. Voi?» Arrossisco e gli sorrido di nuovo. Penso che sia il primo complimento che io abbia ricevuto da un ragazzo. La cosa mi rende molto felice.
«La ringrazio. Io sto bene, grazie per averlo chiesto.»
Lui sorride e poi guarda verso il tavolo.
Mi dice all'orecchio: «Penso che ora dobbiate andare.»
Guardo anche io verso mia madre e vedo che mi fa dei cenni con la mano per dirmi di andare da loro.
Aven ora mi guarda e non riesco a decifrare l'espressione che ha sul viso, ma non sembra contento. Non che l'abbia mai visto felice, ma ora è anche... arrabbiato, direi.
Guarda il ragazzo vicino a me, me, suo padre e poi gira la testa verso le finestre.
Saluto il ragazzo, di cui non so nemmeno il nome, e torno al mio posto, mentre mia madre segue tutti i miei movimenti.
«Allora, ti sei divertita?»
Oh, certo a dire ad una cameriera che puó portare la cena e ad una guardia buona sera e come sta, mi sono divertita come una pazza.
«Molto, grazie» dico.
«Cosa voleva quel ragazzo?»
Dio mio, ma questa è davvero una madre o è una specie di macchina che vuole sapere anche come mi sono lavata le mani?
«Solo essere gentile.»
Mamma storce il naso.
Aven mi fissa serio.
Mio padre tossicchia.
Io guardo prima uno, poi l'altro e poi sbuffo e rinuncio a capirli.
Arrivata la cena, mangiamo, con papà e Sebastien che parlano tra loro e mia madre e la madre di Aven che ridacchiano. Io e Aven non ci diciamo nulla e mangiamo fissando il piatto.
Quando finalmente finisco, mi alzo es esco, decisa ad andare subito a dormire.
E invece no.
«Adley, ti ringrazio per la rinfrescante conversazione di prima» dice una voce alle mie spalle.
Mi volto e trovo Aven, ancora più bello di cinque minuti fa, con i capelli spettinati e quel sorrisetto arrogante.
«Come mai siamo passati dal voi al tu?» gli chiedo quando ritrovo la voce.
«Non so, magari quando ci si offende a vicenda e ci si tira bicchieri d'acqua in testa, si sblocca il tu.»
«Spiritoso, davvero. Ora lasciami andare a dormire» dico cercando di entrare in camera.
«No, prima ascoltami. Io non ho assolutamente voglia di diventare tua amica o di vederti sempre, ma davanti ai miei genitori dobbiamo sembrare amici, okay? Devi fare questo per me.»
Mi viene da ridere. «Io per te non voglio fare nulla e tanto meno fingere di essere tua amica. Non ho nessuna intenzione di aiutarti.»
«Lo prendo per un sì, allora. A domani, dormi bene, amica.»
E se ne va, lasciandomi così.

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