«Principessa Adley.»
È sempre la stessa storia. Io ho sonno, voglia di dormire e sono, magari, nel mezzo di un sogno fantastico nel quale la mia anima gemella sta arricciando le sue labbra per stamparle sulle mie, apro gli occhi e mi ritrovo la faccia di Annica, la mia cameriera personale, che mi chiama per avvisarmi che è ora di alzarmi. Ditemi perchè non posso semplicemente vivere in un mio sogno e finire, per un benedetto secondo, di baciare quel ragazzo. Per una volta.
Almeno peró le altre volte in cui venivo così dolcemente strappata dal mio sonno, non dovevo affrontare una giornata in compagnia di Aven.
Va bene, magari nemmeno gli altri giorni ero molto contenta di alzarmi, ma oggi ancora meno.
Mi alzo molto insonnolita e aspetto che Annica mi chieda come sto.
Ma non lo fa. Mi chiede invece cosa voglio indossare oggi.
Inizialmente non mi importa molto, ma poi realizzo che Aven è davvero bello, e che io magari non gli ho fatto la migliore impressione. Realizzo anche che se lui mi vedesse al massimo del mio splendore, probabilmente smetterebbe di trattarmi così male.
«Voglio che tu mi renda bellissima, Annica. Voglio trovare un vestito che mi stia bene come nessun altro».
Lei mi sorride e poi mi chiede: «Qualche evento particolare?»
Scuoto la testa, ma lei ridacchia.
«Cosa c'è?» le chiedo.
«Nulla, solo che mi sembrava che voi non aveste mai provato interesse nel mostrare al mondo la vostra incredibile bellezza, e sapere che volete farlo proprio quando c'è il principe Aven nei paraggi... Non so, mi fa sorridere.»
Le sorrido e la vado ad abbracciare. Voglio davvero molto bene ad Annica, e, al contrario di molte principesse e cameriere che mantengono le distanze tra loro, io considero Annica una vera amica. E così lei considera me. O almeno spero.
«Grazie Annica, ma non sono bella e non faccio nulla per quell'arrogante odioso, chiaro?»
Lei si mette a ridere e poi dice: «Chiaro. Ora vediamo come rendervi davvero incantevole.»Esattamente quarantacinque minuti dopo mi guardo allo specchio del bagno e rimango con la bocca aperta.
Quella ragazza non posso essere io.
Non dico di essere brutta, ma di sicuro non sono bella. Non lo sono mai stata.
Eppure quella ragazza sono io.
Il vestito bianco che ho scelto è davvero bellissimo. È trasparente, ma pieno di ghirigori bianchi che riempiono tutto l'abito, non lasciando intravedere nulla.
I miei occhi verdi sembrano diversi, ora che hanno un po' di mascara e un ombretto rosa. Sembrano più grandi e profondi, mi piacciono.
Le labbra sono invece molto più carnose, con il rossetto rosa chiaro che mi ha messo Annica e i capelli sono semplicemente fantastici. Sono sciolti, ma hanno dei brillantini bianchi verso le punte e sono intricati in una coroncina bianca e argento che ha scelto la mia cameriera.
Ringrazio Annica e poi esco rapidamente dalla stanza, perchè è già molto tardi e sono in ritardo per la colazione, pardon, primo pasto.
Ad un certo punto, dopo dieci minuti, inizio a correre per non arrivare quando tutti hanno finito e rallento solo quando sono abbastanza vicina.
Appena arrivo davanti alla porta, il ragazzo con il quale avevo parlato ieri,
mi sorride e si inchina.
Gli sorrido anche io e poi proseguo il mio cammino, verso il tavolo.
Vedo che sono già tutti seduti, ma quando arrivo si alzano. Ovviamente tutti tranne Aven, che non alza lo sguardo dal suo toast.
Quando lo vedo mi viene voglia di gettargli in faccia ogni possibile liquido io trovi. È molto snervante.
Quando si risiedono tutti e sto cercando di farlo anche io, il padre di Aven tossicchia e lui alza lo sguardo su di me. Non penso che volesse farlo, ma dato che mi trovo esattamente davanti a lui, una sosta su di me i suoi occhi dovevano per forza farla.
Fissa il vestito, il mio volto, i miei capelli e poi la sua bocca si apre un po'.
Penso che sia la stessa reazione che ho avuto io quando l'ho visto per la prima volta, ma non penso che lui mi reputi la ragazza più bella del mondo.
Distoglie lo sguardo, chiude la bocca, e poi dialoga con sua madre o gioca con il cibo per il resto del pasto. Senza rivolgermi mai l'attenzione.
Quando abbiamo finito tutti, ci alziamo e andiamo ognuno in diverse stanze.
Io non so bene dove andare, ma spero di non incontrare Aven.
Non l'avessi mai pensato!
Mentre cammino per i corridoi, vado a sbattere contro qualcuno. Qualcuno di estremamente affascinante.
«Scusa» borbotto imbarazzata.
«Imparare a camminare è una cosa che si impara ad un anno di vita. Perchè tu a sedici non hai ancora capito come si deve camminare? Non è tanto difficile: un piede avanti, poi l'altro e se vedi una persona davanti a te la eviti. Non le vai addosso.»
«Non mi ero accorta che ci fossi, va bene?» dico, esasperata.
Lui mi fissa un secondo, poi distoglie svelto lo sguardo e inizia ad andarsene.
«Aven, perchè non possiamo essere amici? Come quando giocavamo da piccoli. Non mi ricordo quasi nulla, ma so che eravamo amici e che io ti reputavo simpatico. Cosa è cambiato?»
Si volta e mi guarda, serio.
«Non capisci? I bambini vanno d'accordo con tutti gli altri bambini.
I principi non vanno d'accordo con tutte le altre principesse. Oh, e non è cambiato nulla, solo che non mi interessa essere tuo amico, anzi.»
Davvero gli ho chiesto di essere amici?
«Oh, ma vaffanculo! Ti detesto Aven Medley! Ti detesto!»
«Anche io, Adley Hillsy, anche io.»
Me ne vado, prima di iniziare a piangere. Mentre scendo le scale velocemente le lacrime inziano a scorrere senza che io possa fermarle.
Cerco di asciugare il trucco che probabilmente sta colando giù, ma non riesco. Ad un certo punto, raggiunto il giardino, mi siedo sul bordo della fontana e lascio che lacrime scendano senza che io provi nemmeno a fermarle.
Non so nemmeno perchè io stia piangendo. Forse perchè mi dà fastidio quando Aven mi tratta male o forse perchè non riesco a farmi rispettare.
Ad un certo punto, non so quanto tempo dopo, sento una mano sulla mia spalla, che tiene stretto un fazzoletto.
Mi volto e vedo il ragazzo. Vorrei sapere come si chiama per non definirlo solo "il ragazzo".
Prendo il fazzoletto e mi asciugo le lacrime. Da bianco è diventato nero.
Devo essere tremendamente brutta.
«Come state, principessa?»
Ma stiamo scherzando? Stai vedendo una ragaza piangere e le chiedi come sta? Perchè io ovviamente quando sono felice piango a dirotto e dimostro tutta la mia felicità stando seduta sulla fontana del giardino, da sola.
«Male» gli rispondo.
«Non voglio sapere nulla da voi, Adley, ma è una cosa seria?»
«No, non preoccuparti» gli dico.
Mi accorgo che ieri gli ho dato del lei che invece ora gli sto dando del tu e, non so per quale motivo, arrossisco.
«Va bene.»
Si sta per alzare, ma poi io gli chiedo: «Come ti chiami?»
Lui sembra sorpreso dalla mia domanda, ma poi mi dice: «Braysen, vostra altezza.»
Conosco un Braysen, è il principe di Togrem, un regno abbastanza potente.
Anche con lui avevo giocato quando ero piccola, ma non me lo ricordo per niente. La mia memoria è pessima.
Peró so che ha più o meno sempre la mia età, come questo ragazzo.
Gli sorrido e mi alzo con lui.
«Ti ringrazio, Braysen, per avermi dato questo fazzoletto. Probabilmente adesso sarei in una pozza di lacrime immensa.»
Lui ridacchia e poi mi dice: «Non dovete nemmeno dirlo. Se avete bisogno io sono qui per voi.»
Sento dei passi dietro di me e quando volto la testa vedo che è Aven.
Guarda me e Braysen e poi dice: «Adley, tuo padre ti cerca.»
Sorrido a Braysen e gli dico: «Grazie ancora per tutto, Braysen. Ti sono infinitamente riconoscente per la tua gentilezza e simpatia. Appena avró bisogno di una spalla su cui piangere, letteralmente, mi rivolgeró a te.»
Lui sorride, un sorriso che potrebbe illuminare un giorno pieno di nebbia e poi dice: «Non aspetto altro.»
Aven tossicchia e io lo oltrepasso, senza degnarlo di ulteriori attenzioni.
«Non sai dove sia tuo padre» dice, raggiungendomi.
Lo ignoro e affretto il passo, aggiungendo altro fiatone.
«Sul serio, Adley, dove vuoi andare?»
Mi raggiunge di nuovo, senza un minimo di fiatone, mentre io dovrei sedermi e riposare per anni.
Il mio respiro sembra il russio di una mucca particolarmente stanca.
«Adley! Fermati!»
Mi fermo, ma solo perchè se proseguissi morirei di affanno.
Lui si mette davanti a me e io devo distogliere lo sguardo, perchè devo evitare di pensare a quanto sia bello.
«Ehi, ma hai pianto?»
Ehi, ma hai pianto? Mi verrebbe da ridergli in faccia, ma con il fiatone che ho è meglio non fare gesti inconsulti.
«No, non ho pianto. Ora vuoi dirmi dove cavolo si trova mio padre?»
«Sí che hai pianto».
«Aven, per caso hai sbattuto la testa contro un water quando eri piccolo?»
Lui mi guarda con un sopracciglio alzato e poi dice: «Penso di no.»
«Io penso di sì, invece. Non so quali siamo i tuoi problemi, ma sono tanti. Adesso dimmi dov'è mio padre.»
Aven fissa un punto dietro di me, e poi riporta la sua attenzione sul mio viso.
«Ci ho ripensato. Voglio essere tuo amico.»
Gli rido in faccia. Sul serio, mi viene da ridere e non riesco a smettere.
Quando mi ricompongo gli dico: «Anche io ci ho ripensato. Non voglio essere tua amica, nè qualunque cosa si avvicini ad essa.»
E me ne vado, pronta a vagare per ore prima di trovare papà.
STAI LEGGENDO
The Princess
Storie d'amoreSe tuo padre ha invitato per due mesi la famiglia regnante di Medley nel vostro castello per porre fine alla vostra rivalità; se il loro figlio Aven si rivela il ragazzo più bello, stupendo, meraviglioso, arrogante e odioso del mondo; se al ballo de...