II. Fotografie, Grifondoro e Bacchette Magiche

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"Signorina Sophieanne Emily Black,lei ha il diritto di frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts". Queste parole continuavano a ronzarmi in testa come uno sciame di api killer. Subito dopo letto quella lettera una cosa come 300 volte, avevo afferrato carta e penna e mi ero sbrigata a scrivere a Remus di presentarsi immediatamente a casa mia. Appena aveva ricevuto la lettera si era smaterializzato davanti alla porta, accompagnato da Zia Andromeda e da Ninphadora, mia cugina. Quel giorno Dora aveva i capelli lunghi fin sotto l'orecchio e lilla, un colore che le donava tantissimo. Mi sarebbe piaciuto un sacco essere una metamorfomagus come lei.
Remus portava sotto braccio una scatola vecchia e rovinata, quasi come se fosse appena stata dissotterrata. Una volta entrati ci eravamo seduti tutti intorno al tavolo della cucina e Remus l'aveva aperta, tossicchiando per la polvere che svolazzava. All'interno, quella scatola era un tripudio di rosso e oro. Lupin aveva iniziato a tirare fuori una sciarpa rossa e dorata, una cravatta, qualche spilla e decine e decine di fotografie. Io avevo afferrato la sciarpa di lana, che puzzava terribilmente di muffa, e l'avevo osservata attenta. Era una bella sciarpa. Puzzolente, ma bella. Mentre Remus e Andromeda guardavano le foto e Ninphadora spiegava a grandi linee cos'era Hogwarts alla mia famiglia, io avevo afferrato una foto a caso da dentro la scatola e l'avevo guardata. Un ragazzo dalle guance paffute e con i capelli biondi guardava l'obbiettivo sorridendo e salutava, mentre un altro ragazzo con i capelli color biondo cenere si portava una mano alla fronte e sbuffava esasperato. Un altro ragazzo cacciava la lingua e si buttava in avanti, sbilanciando il ragazzo paffuto. L'ultima figura aveva i capelli lunghi e neri, ma furono i suoi occhi a permettermi di riconoscerlo. Mio padre era improvvisamente saltato sulle spalle del ragazzo che cacciava la lingua, facendo si che si buttasse in avanti e che sbilanciasse il biondo. Mi chiesi quale dei quattro fosse Jimmy, quello morto. Forse quello biondo e grassottello? "Ehy, Rem" lo chiamai, distraendo lui e Zia Meda dalla profonda crisi di nostalgia. "Questo è papà, giusto?" chiesi, mostrandogli la foto ed indicandogli mio padre. Lui annuì. "Ma quale sei tu? E qual'è Jimmy?" chiesi, guardando Remus avvicinarsi alla fotografia. Lui mi guardò confuso. "Jimmy?!" chiese stranito. Zia Meda alzò un sopracciglio. "Jimmy, quello che è morto" sussurrai, cercando di non farmi sentire dagli altri. Lui rise debolmente. "Si chiama James. Ed è questi qui" disse, indicando con il dito il ragazzo che aveva la lingua di fuori. Sorrisi. "E questo sono io" rise, indicando il ragazzo che sbuffava. In effetti si assomigliavano. "Caspita" dissi, guardando prima la foto e poi lui. "Sei davvero invecchiato" confessai, facendo esplodere una risata generale. Alla fine mi misi a ridere con loro.
Mi affascinavano le fotografie che si muovevano. Avevano quel movimento che le faceva sembrare più vere, cosa che le foto babbane non trasmettevano.
"Secondo me staresti bene, in Grifondoro" ruppe la risata Ninphadora, guardandomi dritta negli occhi. All'improvviso si fermarono tutti. "Io- non so, credo di si" risposi incerta. In realtà non ci avevo mai pensato. "Si, ti ci vedo proprio" aggiunse fieramente Remus, gonfiando il petto con il suo orgoglio da grifone. "Potrebbe anche essere Tassorosso" si intromise Andromeda, posando sul tavolo la foto che teneva tra le dita. "Pensateci: ha un cuore grande ed è molto altruista. Darebbe qualsiasi cosa per aiutare gli altri" continuò, guardando a turno Ninphadora e Remus. "Non proprio..." dissi, pensando che in realtà non era di certo la descrizione perfetta del mio carattere. "E perché non Corvonero?" chiese ad un tratto Remus. Lo guardai confusa. "È molto diligente e caparbia" spiegò lui. Io sbuffi contrariata. "Io credo che possa essere smistata anche in Serpeverde" sussurrò seria Ninphadora. Remus la guardò con gli occhi spalancati. Andromeda non sembrava shockata più di tanto. "È molto furba ed ambiziosa. Non vedo perché il capello dovrebbe passare sopra queste sue doti" spiegò tranquillamente, rimettendo in ordine le foto che sua madre aveva sparpagliato per il tavolo. "Non mi sembra" rispose secco Remus, spostando velocemente lo sguardo da me a Dora. Io non ci capii molto, comunque. "Diciamo che ha tutte le potenzialità per entrare in ognuna delle case. Non credo sia il caso di litigare per questo" sentenziò Andromeda severa, arricciando la bocca in un'espressione autoritaria. I due si zittirono all'istante. "Ok," sussurrai insicura. "Potreste spiegarmi come faccio a procurarmi una bacchetta?"

Un mese più tardi, Remus si era smaterializzato di nuovo davanti alla mia porta e mi aveva portato a Londra, dove avevamo preso una stradina secondaria ed eravamo entrati in un posto buio e muffoso, ma comunque abbastanza affollato. Ogni tanto alcune persone stringevano la mano a Remus e mi guardavano in modo strano, anche se non mi importava. Ero troppo felice ed elettrizzata per accorgermi degli sguardi cattivi che mi rivolgevano. Comunque, eravamo usciti dalla porta sul retro e Remus aveva estratto la bacchetta con fare teatrale. Risi, scuotendo la testa. Picchiò tre volte sui mattoni rossi e questi si aprirono, creando un'apertuta sempre più grande e sempre più simile ad una porta. "Benvenuta a Diagon Alley" esclamò grave Remus, afferrandomi la mano e trascinandomi per la via affollata, quasi più eccitato di me. Era un caldo pomeriggio di Agosto, ed oltre ad essere caldo ed afoso c'erano tante di quelle persone che mi sentii quasi male. "Ora andiamo da Madame Malkin, poi al Ghirigoro e poi-" mi schiarii la voce rumorosamente, cercando di attirare la sua attenzione "rilassati, Rem." ridacchiai. Lui rise insieme a me. Entrammo velocemente dal Ghirigoro e da Madame Malkin, e ne uscimmo con un enorme carico di libri e le divise pronte. Non era comunque ciò che mi interessava. "Sai dove andiamo ora?" chiese Remus con un sorriso. Io annuii. "Mi serve una bacchetta" constatai, mentre sprizzavo gioia e curiosità da tutti i pori. "Direi." rispose Remus facendomi strada, fino ad arrivare davanti una piccola bottega che doveva chiamarsi "Ollivander". Remus entrò per primo, facendo tintinnare il campanello fuori la porta. "Oh, signor Lupin. Che piacere" salutò il vecchio dietro il bancone. Aveva i capelli bianchi e unticci, e due occhi profondi, inquietanti. Mi mettevano in soggezione. "Salve, Signorina Black. Ero sicuro saresti entrata da quella porta" disse rocamente, facendo il giro del bancone e venendo a stringermi la mano. La afferrai titubante. "Ma veniamo al dunque. Lei è qui per la sua bacchetta. Sbaglio?" chiese, iniziando a girovagare tra gli scaffali. Io annuii. Dovevo ancora decidere se fosse stato il caso di parlare. Tirò fuori un metro da sarto ed iniziò a prendere la misura del mio braccio destro. "Terrà la bacchetta con questa mano, è esatto?". Sussurrai un "si" molto timido. "Uhm. Ottimo, ottimo. Provi questa: legno di salice, nucleo di prime di fenice. Dodici pollici e tre quarti. Rigida." spiegò, estraendo dallo scaffale una scatola lunga e stretta. Ne tirò fuori una bacchetta scura e liscia. La impungai e diedi un colpo con la mano, ma quando alcune boccette posizionate dietro il bancone esplosero, capii che non era quella giusta. "Uhm. Non ci siamo proprio. Gliel'ho già detto per caso che è la bacchetta a scegliere il mago?" disse l'uomo, voltato di spalle per scorrere con le dita lungo tutta quella serie di scatole. "Questa potrebbe fare al caso suo. Legno d'ulivo, nucleo in corda di cuore di drago. Quindici pollici. flessibile.". La bacchetta che mi porse aveva un colore chiaro, e tutt'intorno vi era un solco a spirale colorato di verde. Quando presi tra le mani quella bacchetta una strana energia mi attraversò il braccio, riscaldandomi il petto e dandomi una piacevole sicurezza. La agitai prontamente, ed una brezza mi scompigliò i ricci e mi spiegazzò i vestiti. "È lei" esclamò felice Remus. Io non riuscivo a smettere di sorridere. Pagammo anche la bacchetta e uscimmo da quel posto, felici ed elettrizzati come due bambini. "Oh, ma non ho ancora preso il tuo regalo!" quasi urlò Lupin, trascinandomi nell'ennesimo negozio. Non avevo nemmeno fatto in tempo a leggere l'insegna che mi aveva strattonato dentro. "Ciao Remus, la tua civetta è pronta" disse cordialmente la donna che evidentemente gestiva il negozio. Sembrava un vero e proprio negozio di animali, solo che vendevano esclusivamente quelli che dovevano essere animali domestici da mago. La commessa tirò fuori una gabbia che conteneva una stupenda civetta dorata. Aveva gli occhi blu scuro e profondi, quasi senza la pupilla. Dispiegò le ali, mostrandosi nella sua bellezza più totale. Mi ero appena innamorata di quella civetta. Nel frattempo Remus aveva pagato ed eravamo usciti da quel posto. "È stupenda" osservai, completamente ammaliata dagli occhi dell'animale. Remus mi guardò sorridente. "È tua" rispose, sentendo verso di me la gabbietta. "Fai sul serio?" chiesi, sorridendo contenta e afferrando la gabbia. Remus annuii. "Prendilo come un invito a scrivermi, quando sarai ad Hogwarts" spiegò, cingendo le mie spalle con un braccio e iniziando a camminare per la via. "Lo farò" risposi, con lo sguardo concentrato sull'animale.

Salve a tuttiiiii!!
Ecco a voi il secondo capitolo!
Spero vi piaccia!
Un bacione
•sese•✨

•scruta la mia anima•||Harry Potter||IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora