Capitolo I

342 20 2
                                    

14/09/2015

7:00 a.m.
Fa un caldo tremendo. Giro il cuscino cercando il lato più fresco; perfetto. La sveglia suona. La mia voglia di dormire supera persino il suo rumore assordante. Sento dei passi. Realizzo la situazione e scatto giù da letto. Era la mamma che stava raggiungendo la mia stanza per svegliarmi con la solita delicatezza di un pellicano con una lisca di traverso. Non apro gli occhi prima di essere arrivata in cucina, mi siedo e lentamente le mie palpebre si schiudono.
- Buongiorno - mia madre aveva lo sguardo puntato su di me, arzilla come se si fosse svegliata già da tre ore; e infatti era proprio così. Non riesce mai a dormire oltre le quattro.
- Buongiorno - dico con quel filo di voce che riesco appena a emanare.
- Dormito bene? Dai sbrigati che oggi è il primo giorno! -
Non so perchè, ma lei sembrava più entusiasta di me. Probabilmente era contenta di non avermi più tra i piedi la mattina.
Rispondo un "yeah" molto poco entusiasta, poi inizio a prepararmi.

8:10 a.m.
Tutta agghindata, d'altronde è il primo giorno, arrivo al luogo dell'incontro. La piazzetta dove in questi tre anni io e le mie migliori amiche abbiamo passato gran parte delle nostre giornate era diversa. Hanno piantato degli alberi ai lati e ammetto che la cosa non mi dispiace, penso solo a come si potrebbero sentire quei poveri salici a dover infilare le radici nel cemento.
Oggi l'ingresso è alle 8:30, come sempre Roberta è la prima ad arrivare. È seduta alla nostra panchina, quella sul lato della pasticceria. Appena la vedo le corro incontro.
- Roby! - urlo. Tutta la piazza si girò a guardarmi ma a me non importava.
Come sempre stavamo aspettando Anna; non riesce proprio a essere puntuale quella ragazza, ma non è mai colpa sua bensì di quella peste di suo fratello Mattia che fa sempre i capricci perchè non vuole andare a scuola. Ed è solo in terza elementare...cosa dovremmo dire noi povere classiciste condannate a passare cinque ore al giorno tra testi in greco e canti dell'Inferno.
- Bu! - sedute sulla panchina alle nostre spalle appare Anna. No, non ci ha spaventate, ma fingemmo comunque di essere sorprese. Non capita tutti i giorni di vederla così in vena di scherzi, di solito è Roby la burlona del gruppo.
Finalmente riunite ci incamminammo verso scuola raccontando a turno delle nostre vacanze.

8:30 a.m.
Tutta la scuola è riunita nel cortile in attesa che la campana suoni. Gente che si abbraccia, gente che ride, chi si riincontra, chi piange...Roberta, così entusiasta fino a pochi minuti fa, voleva già che tornasse l'estate. Io cercavo di confortarla parlandole delle vacanze natalizie e dicendole che in teoria era ancora estate, ma niente da fare.
- Uffa! Ora potrò vedere Marco solo il sabato! E dovrò studiare il pomeriggio, lo stress, i compiti in classe e poi non voglio rivedere quel maledetto di Burcelli! - disse. Una cosa per volta: Marco è il fidanzato di Roby, stanno insieme ormai da due anni, hanno passato tutta l'estate insieme nella casa sulla spiaggia di lui; Burcelli è il nostro prof di italiano, un vecchio burbero e maschilista, abita da solo col suo cane di cui parla come un figlio ma "meno rompiscatole di un marmocchio", citando le sue stesse parole.
Il suono della campanella e le urla degli altri alunni risollevarono il morale di Roby che, in preda a uno dei suoi sbalzi d'umore, ora saltellava allegra verso l'ingresso.
Di corsa cercammo la nostra classe. Terzo piano, l'ultimo, e come se non bastasse sul lato est della scuola, quello dei laboratori e il più isolato.
La classe era la solita prigione rovente composta da quattro mura, un tempo bianche. Una carta geografica dell'Europa strappata ai bordi, una comune lavagna e una spoglissima cattedra verde senza cassetti. Anna e Roberta si erano già organizzate per i posti e infatti si collocarono al primo banco di fronte alla cattedra, cosa che personalmente mi terrorizza; immagino come sarebbe passare un'ora di fronte al professore di scienze, Mr. Lama, incapace di pronunciare le "P" e le "T" senza innaffiare gli studenti.
Io mi posizionai al primo banco dal lato della porta per motivi di "fuga veloce da fine lezione", accanto a me ancora nessuno. Bene, la cosa non mi dispiaceva. Odio praticamente tutti in questa classe, non sono una ragazza molto socievole con chi non mi va a genio.

9:00 a.m.
Fa il suo ingresso la nostra amatissima prof di matematica, la Ivanotti, simpatica signora sui cinquanta dalle guance rosse e rotonde, un po' come le mie. Ispira simpatia solo a guardarla.
- Buongiorno ragazzi! - dice con un sorriso stampato in volto - Bentornati, spero che abbiate passato delle belle vacanze. Iniziamo con l'appello: Bellavia Carla, Cosenza Lorenzo, Costa Maria, Di Mauro Roberta...Torino Anna, Vinci Carlotta -
A causa del mio cognome mi ritrovo sempre ultima e raramente vengo interrogatata a inizio anno, i prof si ricordano della mia esistenza intorno inizio ottobre.
Una voce dal tono basso e potente provenie dal corridoio - Dai, mi faccia entrare la prego! La sveglia non ha suonato. È il primo giorno, non posso entrare in ritardo il primo giorno! -
Pensai: << Stupido ragazzo, già in ritardo >> e credo sia ciò che hanno pensato tutti.
Dopo aver convinto il bidello a lasciarlo passare, si fionda sull'uscio della porta. Era Andrea Raimondi, il ragazzo più egocentrico e loquace della classe. Tutti i posti erano occupati tranne quello accanto a me...
...si preannuncia un anno divertente.

Diario di una yandere occidentaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora