21 - Guastafeste

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«Non riesco proprio a credere che questo fine settimana ci sposiamo», sussurrai. Usava la mia pancia come cuscino, mentre io gli accarezzavo distrattamente i capelli.

«Io non riesco a credere che ci siamo tolti di mezzo nonna Josefine», rispose lui, fissando il soffitto. Cambiò posizione sul mio letto. «Per quanto le voglia bene, sarebbe stata la solita guastafeste. Mi toglieva le caramelle, da piccolo, dicendo che mi avrebbero fatto i denti così neri che nessuna si sarebbe fatta mordere da me, anche se ero il Principino».

Risi, contraendo i muscoli sotto la sua testa. «Povero piccolo, nessuna voleva essere morsa?».

«Diciamo che alla fine una femmina l'ho trovata. Mi è saltata addosso su un divano, ma sono dettagli», rispose sereno, dandomi un pizzico sul fianco. «Ero stato così premuroso da prepararle una camomilla, e lei l'ha buttata per terra».

«Che ingrata», aggiunsi, ridacchiando. Poi il mio stomaco brontolò. «Mi sa che è ora di cena».

«Ma sto tanto comodo», si lamentò lui, mettendosi su un fianco. Le sue labbra sfioravano il mio ombelico, coperto dalla sottile maglietta.

«Ti togli tu o ci penso io, maschio?», chiesi, facendolo ridere. Per quanto quel contatto mi piacesse, stavo morendo di fame, visto che avevamo saltato il pranzo per una convocazione urgente nella stanza delle riunioni con Wladimir. In tono confidenziale ci aveva detto che gli Angeli erano in America, e che aveva paura di una terza guerra contro di loro.

«Guastafeste», borbottò, per poi lasciarmi libera. Sentii la pancia insolitamente leggera.

Mi tirai su, raccogliendomi i capelli in una coda, mentre lui mi aspettava sulla porta per uscire. Allisciai la maglietta, un po' spiegazzata visto che Alexander aveva dormito con la testa sulla mia pancia per tutto il pomeriggio, e andammo in terrazza. In altre situazioni avremmo utilizzato la sala comune, dove servi correvano di qua e di là per portare i piatti ai nobili, ma quella mattina erano arrivati Vivian e Gideon, e volevamo fare qualcosa di più intimo.

Vivian aveva accompagnato la madre a Palazzo, ma era ripartita subito a causa di alcuni problemi alla Corte australiana, dove risiedeva, e perciò non avevo avuto la possibilità di conoscerla.

Ora era seduta ad un lungo tavolo in terrazza, accanto a Wladimir. Così vicini, potevo vedere quanto si somigliassero, non solo per la mascella dai tratti rigidi, ma anche dagli occhi. Dall'altra parte, un seggiolino era occupato da un bambino all'incirca di cinque anni, che continuava a mordicchiare una coscia di pollo come un piccolo cavernicolo.

Vivian si alzò, presentandosi e lasciandomi un bacio sulla guancia, e poi indicò il carnivoro. «Lui è mio figlio Jordan», spiegò, ma Jordan era troppo occupato a togliere la pelle dal pollo per prestarci attenzione. Wladimir si allungò e la tolse per lui, paterno, e disse: «Non fare bocconi troppo grandi, Jo».

Lei tornò a prendere posto alla tavola, mentre Alexander mi faceva sedere alla sua sinistra, dato che la destra era occupata da Wladimir. Lui si mise a capotavola, probabilmente per il suo status da Imperatore. Cominciammo a chiacchierare amabilmente, e quando Vivian ci chiese come ci fummo conosciuti, tossii per nascondere una risatina. Mi stava strangolando a morte, ma poi è spuntato il preside e lui ha mollato la presa, sennò non sarei qui.

«A scuola», rispose vago Alexander, ma anche lui si stava visibilmente trattenendo.

«Ma che carini, amici in comune, eh?», ci disse Vivian, per poi continuare: «Ed il vostro primo appuntamento?»

«In biblioteca», rispose prontamente il mio fidanzato. «Beh, non è stato un vero e proprio appuntamento. Ero nuovo da quelle parti e Victoria mi ha consigliato cosa leggere». Aveva un tono così angelico, mentre ometteva che mi aveva praticamente rubato il libro dalle mani.

«E quando avete comin...», tornò alla carica, ma Wladimir sbuffò: «Falli respirare un po'». Entrambi lo guardammo grati.

Vivian mise il broncio, mentre una voce diceva: «Quanto mi piacerebbe riuscire ad azzittirla così anche io». Wladimir rise, mentre un uomo con le fossette - che ormai erano un marchio di fabbrica Bloodwood - si sedeva accanto a Jordan.

«Va' all'inferno, Gideon», borbottò Vivian.

«Che cos'è l'inferno?», chiese il piccolo.

«È dove vive tuo zio».

Gideon la ignorò, e si concentrò su di me. «Victoria, suppongo», disse con un sorriso. Annuii, mentre Alexander si metteva le mani sulla pancia e diceva: «Ma dove sono gli altri? Io ho fame».

Lo zio dell'Imperatore batté le mani in un gesto plateale, come a richiamare i servi. «Sbrighiamoci, presto! L'Imperatrice ha fame». Scoppiammo tutti a ridere, tranne ovviamente Mister Muso Lungo.

«Ah-ah», rispose, sbuffando.

Vivian si mise una mano sul cuore. «No, aspetta, tu sei figlio di Wladimir? Ma io sapevo di avere una nipotina!».

«Ma non vi stancate a fare sempre le stesse battute?», borbottò Alexander, guardandomi ed alzando le sopracciglia, come a dire: "Aiutami, che ci fai lì impalata?".

«Cordelia e nonna Ludovice che fine hanno fatto?», chiesi per cambiare discorso. Sotto al tavolo, sentii un pizzico sulla coscia. Alexander mi lanciò un'occhiataccia, scuotendo la testa.

«A proposito di loro due...», cominciò Gideon.

«Il nostro silenzio costa caro», continuò Vivian.

«Esatto», asserì il primo, annuendo.

Wladimir mi guardò esasperato. «Cosa posso offrire ai miei deliziosi fratellini?», chiese sarcastico, fissandoli truce.

«Un jet privato per poter fare America- India in tutta tranquillità».

«Un nuovo guardaroba, con almeno trenta paia di scarpe italiane!».

Ma prima che Wladimir potesse rispondere, Ludovice fece il suo ingresso in terrazza. Aveva il labbro inferiore che sporgeva e gli occhi lucidi. «Cosa hai combinato!».

L'uomo sospirò e si passò una mano fra i capelli. «Preferirei che ti arrabbiassi, se piangi mi fai solo sentire più in colpa».

«Ed è così che dovresti sentirti! Quella povera ragazza...», singhiozzò.

Vivian si alzò dalla sua sedia e si avvicinò alla donna. «Va tutto bene, madr...»

«Voi due lo sapevate, vero? Sapevate che Wladimir tradiva Cordelia con sua sorella?», la interruppe la donna, fissando gli altri due figli con espressione tradita. Loro abbassarono lo sguardo, colpevoli. «Se Barnabas vi vedesse ora, si vergognerebbe», sussurrò, dandoci le spalle ed andandosene. Quelle ultime parole ferirono profondamente i tre fratelli, ed i loro sguardi amareggiati furono ben evidenti.

Io guardavo in basso, scossa dal tono afflitto di quella che era puro amore materno. Mi dispiaceva moltissimo per lei, tanto che dopo un po', in cui non volava una mosca, guardai Alexander e mi alzai dalla sedia. Lui annuì, come se avesse capito cosa volessi fare, ed io andai a rincorrere Ludovice, per cercare di mediare in qualche modo.

Era nella sua stanza, ed accanto a lei sul letto c'era anche Cordelia. Quest'ultima si avvicinò non appena mi vide. «Prova tu, non riesco proprio a difenderlo».

Prima che potessi provare a confortarla, qualcuno bussò alla porta. Aspettammo un cenno da Ludovice, ma stava fissando davanti a sé, scuotendo la testa. Aprii la porta, e mi ritrovai davanti Wladimir. Era il ritratto del senso di colpa, ed io lo feci entrare prima che una delle due donne potesse obiettare.

«Meglio se me ne vado», sussurrai, percependo una tempesta in arrivo.

Deimon 2 - La consorte del DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora