«Staccati, femmina!», disse. Nell'altra mano aveva ancora il pugnale, e dopo l'ennesimo strattone, la lama mi tagliò la clavicola. Mi staccai dal suo polso più per riflesso che per volontà.
«Mi hai fatto male!», sbottai, ma lui non mi stava ascoltando. Continuava a fissare il mio sangue sgorgare dalla ferita ed imbrattare la pelle, ed i suoi occhi neri parevano essersi dilatati. Intuendo che era preso dalla stessa sete che avevo provato io poco prima, mi allontanai. «Non ci provare», lo ammonii, mentre mi coprivo con le mani il taglio.
Senza preavviso, mi afferrò per i fianchi e cominciò a dissetarsi. Le sue braccia mi avvolsero le spalle per tenermi ferma, dato che avevo cominciato a divincolarmi. Era troppo forte, ed a me era mancato troppo. In un momento di puro masochismo, affondai le mani nei suoi capelli, mentre lui mi faceva inarcare la schiena per bere meglio.
La testa cominciò a girare e le gambe si fecero pesanti, ma non importava. Avevo aspettato questo momento senza neanche saperlo, e non volevo che si scostasse: avrebbe anche potuto prosciugarmi, stavolta, e mi sarebbe stato bene.
Mi ritrovai contro il muro, mentre lui si stringeva a me e continuava a dissetarsi. La testa era nient'altro che un vortice e le gambe cedettero. Mi prese in braccio e mi depositò sul letto, ma ero troppo debole perché la ferita si rimarginasse subito, e lui era rimasto troppo in astinenza. Tornare a bere fu più forte di lui, sovrastandomi con il suo corpo e sfiorandomi il collo con i capelli neri.
«Non immagini neanche cosa ti farei», sussurrò roco, staccandosi e fissandomi intensamente. Il cuore mi batté all'impazzata, credo peggiorando anche l'afflusso di sangue alla ferita. Si avvicinò un po', per poi afferrarmi il mento. «Ma poi ricordo che condividi il letto con mio padre, e provo solo disgusto».
Volevo rispondere, mandarlo a farsi benedire una volta per tutte, purtroppo ero davvero troppo debole per farlo.
La porta si spalancò, ma la testa non rispose al comando di girarsi verso il nuovo arrivato, l'impiccione. La voce arrivò ben chiara. «Ah-ah! Sono l'amante dell'Imperatore, credevi sul serio di...», si bloccò, ed espirò dalla bocca in modo piuttosto rumoroso. Sapevo cosa l'aveva scioccata: la vista di Alexander sdraiato su di me, con le labbra rosse e la mia ferita in bella vista.
Il Principe si tirò su e la rincorse, senza neanche provare a giustificarsi, ma offrendole qualcosa per comprare il suo silenzio.
Io non avevo più la forza neanche di tenere aperte le palpebre, perciò mi abbandonai all'oblio.
Non so quanto tempo passò. Sentii la bocca essere inondata da un liquido familiare, amaro e caldo e deglutii, riconoscendo il sangue di Alexander, ma non avevo neanche le energie per alzare la testa e continuare a bere.
«È l'unico sorso che avrai», sentii dire, e poi nulla.
Credo mi riaddormentai, perché mi parve che passarono pochi secondi, quando sentii qualcuno sospirare accanto a me, mentre il sangue ricominciava a fluire attraverso le mie labbra. Si staccò presto, e mi ci volle qualche secondo di troppo per tirarmi su a sedere. Alexander si era alzato, ed era tornato a guardarmi con quell'espressione fredda e distaccata.
«Mildred non ha voluto sentire ragioni. Ha detto che non dirà nulla a mio padre solo se tu accetterai il suo accordo».
«A-accordo?», ripetei, confusa. Aveva bevuto davvero oltre ogni limite. Cercai di alzarmi, magari avrei aiutato la circolazione, ma le gambe mi abbandonarono. Sarei caduta a terra, se Alexander non mi avesse afferrata per i fianchi. Il mio corpo cozzò contro il suo con la grazia di un sacco di patate, e lo sentii sospirare nuovamente. Le palpebre si chiusero, e non ci fu verso di farle aprire.
Qualcuno batté le nocche sulla porta. «Ma dai», lo sentii bofonchiare, «si usa ancora bussare?».
«Chi è?», chiese, continuando a tenermi contro il suo petto. Sentivo le sue braccia sulla schiena ed il respiro tra i capelli.
«Señor Andrea Obscurante», rispose una voce familiare. Solo che non riuscivo proprio a concentrarmi, con la testa che girava così tanto.
Sentii il letto contro la schiena, e la sua presenza svanire. La porta si aprì, ma persi i sensi prima di capire la conversazione che era appena iniziata.
******
Qualcosa di freddo e fastidioso sulla fronte. Una mano.
«Non so che fare», sentii la voce di Alexander.
«Vostro padre non sarebbe dovuto partire così a ridosso delle nozze. Sua Maestà l'Imperatore forse non è abituato alle necessità della giovane sovrana... non che voglia mettere in dubbio la sua saggezza, ovviamente. L'Imperatrice ha bisogno del sangue di suo marito, ed al più presto».
«La ringrazio, dottore», disse il Principe. «Vorrei chiederle la massima riservatezza, sa, sono affari intimi».
«Ma certo, ma certo», voce piatta, fredda quasi quanto la mano che mi stava liberando il volto.
La porta sbatté, ed io aprii lentamente gli occhi. «Bevi questo», disse Alexander, ma nella mia visuale c'era solo il lampadario. Lentamente mi tirò su e mi fece bere uno strano intruglio, dal sapore disgustoso. «Favorisce la rigenerazione del sangue», spiegò.
Quando quella schifezza fu finita, mi fece alzare. Riuscii a rimanere in piedi, anche se dondolavo un po'.
«Queste erbe sono miracolose», disse, meravigliato. «Aspettami qui, ne vado a prendere un altro po'. Devi rimetterti in forze, sono passati quattro giorni e zia Mildred non è un tipo paziente». Mi adagiò su una poltroncina, ed uscì. Al diavolo lui e quella bevanda malefica. Arricciai il labbro superiore: ero capace di scoprire i denti, non serviva altro per affrontare quella vipera. Andai in bagno e mi sciacquai il volto e la clavicola, incrostata di sangue. Poi mi defilai, prima che Alexander tornasse. Sapevo bene dove trovare l'amante dell'Imperatore: la stanza più vicina a quella del sovrano.
Bussai.
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Deimon 2 - La consorte del Demonio
Paranormal«I Bloodwood non sono persone da sposare, ma da evitare. Guarda cosa ha fatto Wladimir con Cordelia, ti aspetti forse un trattamento speciale? Il sangue non mente, e tu non diventare dipendente dal loro. Ti attirano nella loro trappola di seduzione...