Capitolo 8

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Sei e trenta la sveglia suona, mi alzo a fatica da questa trappola mortale che funge da letto, per fortuna oggi arriva il letto ad acqua.
Faccio una veloce doccia calda, amo sentire il profumo del mio bagnoschiuma al muschio, mi asciugo con il mio enorme accappatoio blu e un raggio di sole mi accarezza il volto. Decido di optare per una camicia di jeans e dei leggings scuri con degli stivaletti neri.
Scendo rapidamente le scale, mio padre ancora in pigiama prepara il caffè. "Buongiorno" dice sbadigliando. "Ciao papà, faccio tardi, ci vediamo dopo" gli bacio la guancia e prendo la borsa velocemente.
Sto facendo tardi, me lo sento. Arrivo di corsa alla fermata del pullman, che ovviamente è appena passato e si sta allontano. Mi tocca corrergli dietro, per fortuna il conducente è una persona di buon cuore e si ferma dopo poco aprendomi le porte. "Grazie" dico affannando. Si limita ad alzare il sopracciglio ed a continuare a guidare.
I posti sono tutti occupati quindi mi reggo sugli appositi sostegni. Aspetto di scendere alla quarta fermata, ma mi sento osservata, il ragazzo dalle grandi cuffie, che ho scoperto essere nella mia classe, non stacca gli occhi dal mio corpo. Mi avvicino per parlagli ma lui abbassa subito lo sguardo e prende dalla tasca il suo telefono velocemente, facendomi capire che non vuole essere infastidito dalle mie chiacchiere inutili.
Scendo dal bus e mi affretto ad entrare in classe, mi siedo al posto di ieri. Delle ragazze, che erano già al proprio posto cominciano a bisbigliare e a ridacchiare, cerco di ignorarle, so che parlano di me.
La lezione comincia e appena entra professoressa di matematica tutti si alzano in piedi dandole il buongiorno che lei ricambia sorridendo.
Sono immersa nei miei pensieri quando vengo interrotta dalla prof che urla "Non mi interessa, siediti al primo banco vicino a..." Scruta il registro "Collins" non riesco a capire con chi stia parlando, solo quando vedo una figura sedermi accanto riesco a capire con chi stava urlando. Si gira verso di me e posso ben vedere che il ragazzo con le grandi cuffie è proprio accanto a me. Senza accorgermene gli sto sorridendo, credo che lui se ne sia accorta perché mi sussurra un "Sono qui perché me lo ha imposto quella, non farti strane idee" non posso far altro che rimanere in silenzio per il resto dell'ora.
Alla fine della giornata sono riuscita a tirargli di bocca il nome, il tizio con le cuffie si chiama Francesco. Avrei potuto chiedere in giro, ma essermelo fatta dire da lui è molto più appagante.
Faccio per uscire dalla classe ma due ragazze si mettono davanti alla porta ostacolandomi il passaggio, "Fossi in te non mi scomoderei a disfare i bagagli" mi avverte una delle due, l'altra invece si limita a ridere di me facendomi cadere i libri che portavo in mano. La classe scoppia in una frustante risata e io non posso far altro che prendere le mie cose e correre via.
Quando arrivo a casa mi fermo per un attimo sul pianerottolo, ho gli occhi gonfi di pianto ma ho ancora voglia di piangere, scoppio infatti in un chiassoso pianto.
Mentre sto per prendere le chiavi di casa una voce familiare mi chiama "Clary, che succede?" mi giro e...

Piccoli Per Sempre||Alessio BernabeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora