Capitolo 13

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"Devo andare a comprare delle cose al negozio" mi avverte mio padre quando scendo in cucina, ho studiato tutto il pomeriggio e la restante parte l'ho trascorsa ad ascoltare musica sul mio letto o meglio era della musica che faceva da sottofondo ai miei pensieri chiassosi. "Mi farò accompagnare dalla nostra vicina, se vuoi puoi restare con suo figlio non sembra tanto male" non so se l'abbia detto perché ha notato che sto male o semplicemente era una delle sue battute che non riesco mai a cogliere.
"Oh, si certo" rispondo. Lui mi sorride, prende il cappotto e le chiavi delle macchina poi mi lascia un bacio e si allontana verso l'auto parcheggiata davanti al piccolo giardinetto di casa. La signora con la quale mio padre passa tantissimo tempo, nonché mia vicina di casa, mi saluta con la mano avendomi vista dalla finestra. Poi il suo volto si illumina lasciando vedere un sorrido ammaliante, che non posso far altro che contraccambiare, anche se il mio sembra molto più stanco e finto del suo. Con eleganza entra in macchina e si allontana con mio padre. Mentre continuo a guardare l'auto nera di mio padre sento il campanello suonare. Lorenzo è li fermo alla porta con i suoi grandi occhi castano scuro e il suo modo buffo di levarsi il ciuffo nero dagli occhi. "Ciao, posso entrare?" chiede cortesemente, la sua maglia celeste gli illumina il volto e lascia trasparire leggermente i suoi muscoli, penso ben definiti. "Si certo entra"
"I nostri genitori si frequentano un po troppo per essere due persone che si conoscono da circa una settimana, non trovi?" Pensandoci quando mio padre non è a lavoro è alla casa accanto, non ci ho fatto troppa attenzione anche perché non credo ci sia da preoccuparsi, lo conosco è il suo modo di fare amicizia e poi amo vederlo felice e quella donna ha un bel effetto su di lui. Forse sono stata un po distratta con la scuola e tutto quello che ne comporta ma se ci fosse stato qualcosa di evidente me ne sarei accorta, credo.
"Si, ma credo sia perché tua madre è una donna di ottima compagnia" azzardo a dire.
"Haha si probabile" arrossisce leggermente sulle guance quando ride, questo lo rende più carino.
"Ti offro qualcosa?" Dico timidamente, non sono brava con i convenevoli. "Oh no no, sono apposto" devo cercare di dare una svolta a questa conversazione, probabilmente passerò le prossime ore con questo ragazzo, visto che mio padre mi ha dato l'impressione di voler fare tutto con comodo, non voglio sembrare una ragazza stupida che non sa cosa dire.
"Come ti trovi a scuola?" interrompe i miei insicuri pensieri. "Bene.." mi limito a dire, non è qui per ascoltare i miei problemi e io non sono qui per raccontarglieli. "Solo bene?" la sua domanda mi incuriosisce, è ovviamente una domanda retorica a queste domande puoi solo dir di si. "Come vuoi che ti risponda scusa?" non voglio scattare con lui, ma ho sempre odiato il finto buonismo.
"Calma cercavo solo di capire se stavi bene, tuo padre mi ha detto che sei un po triste ultimamente" grazie papà, va a dire a tutto il vicinato cosa mi affligge, tutti meno che me ovvio.
"No grazie, sono apposto" mi sto comportando da stupida, non serve litigare con lui. Probabilmente è l'unico ragazzo con cui potrò parlare quindi mi conviene non mandare al diavolo anche questa relazione.
"Scusa" aggiungo quando vedo che lui mi guarda, un misto di imbarazzo e nervosismo. "Tranquilla" sorride.
Dalla sua tasca intravedo un pacchetto di sigarette, non ho nulla contro i fumatori, il mio ex lo era, ma non mi va che mi fumino in faccia.
Appena distolgo lo sguardo noto che lui è intento ad accenderne una, forse vedendo il mio interesse l'ha solamente fatto per mettersi in mostra.
"Oh no ti prego" inizio. "Ti da fastidio?" mi ferma subito. "No, è che in casa resta l'odore e poi chi lo sente papà" lui mi guarda, e poi si reca verso il giardinetto davanti casa mia, mi unisco velocemente a lui cercando di farlo sentire meno a disagio possibile. "Da quanto tempo lo fai?" Mi siedo sulle gradinate di casa. "Fumare? Beh ho cominciato perché ne avevo bisogno" lo sguardo perso, forse ho toccato un tasto sbagliato. "Ora ne hai ancora bisogno?" chiedo, voglio saperne di più, cercare almeno di conoscerlo. "No ora no, mi é rimasto il vizio però" fa un lungo respiro. "Vuoi?.." Chiede e capisco subito a cosa si riferisce. "Si" porto la sigaretta alla bocca e faccio entrare tutto il fumo possibile nel mio corpo. Le uniche cose che voglio fare e piangere e fumare ma sono cose che faccio quando sono sola, avendo solo diciassette anni fumare mi è vietato e piangere mi è proibito, mi fa sembrare così piccola.
"È quel ragazzo eh?" Mi chiede guardandomi finire l'oggetto che bacia le mie labbra che mi fa sentire così mentre mi fa così male. "Già" dico senza pensare. "Tu come..." "Oh, beh l'ho visto disperarsi per te" ridacchia. "Non si stava disperando faceva solo il coglione" rispondo sorridendo. "Dai non è proprio un coglione, dice solo cose sbagliate al momento sbagliato" lo difende. "Questo implica far soffrire la gente"
"Soffri per lui?" Chiede serio, ora mi guarda fisso mentre osservo il sole,rosso sangue, scivolare dietro le abitazioni. "Non proprio" "Non farlo, prova a conoscerlo non è male" Ora il sole è completamente coperto, ma i suoi raggi rendono ancora il celo di un colore tra un blu scuro e un arancione chiaro. "Lo conosci?" chiedo. "Meglio di quanto voglia ammettere" lo osservo in silenzio.
"Ciao Clary, che fate qui?" mi chiede mio padre che esce dalla macchina.
"È stato bello, magari ne riparliamo" dice Lorenzo allontanandosi con sua madre verso casa sua. Aiuto mio padre con la spesa ed entro in casa, forse non tutto in questa città è da buttare.

Piccoli Per Sempre||Alessio BernabeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora