Prigioniera di un ciclo continuo

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«Earine!»
La ragazza si voltò e sbuffò, evidentemente contrariata. Davanti a lei un elfo trafelato e un po' robusto rispetto ai membri della sua razza, che gesticolava furiosamente e non riusciva a formulare una frase di senso compiuto.
Era seduta su una grande fontana al centro della sua città natale, Orva.
«Che c'è, Thor?»
«Tuo padre mi ha mandato a chiamarti, il tuo insegnante ti sta aspettando da un'ora!»
«Non ho voglia oggi, Thor, vai da lui e inventati qualcosa», rispose secca.
Non le piaceva essere interrotta mentre si rilassava in mezzo alla natura.
Entrare in contatto con essa era una dote del suo popolo.
«Earine, ti prego...»
«Uff...», l'elfa si alzò e andò al tempio, un edificio in legno, come tutte le costruzioni di quella città, del resto.
All'interno, era tutto molto sontuoso. Effigi in oro decoravano la navata, decorazioni e ornamenti vari spiccavano lungo le pareti. L'altare rappresentante Shevraar e Phenor balzava subito all'occhio. La distruzione e la creazione; le due facce della stessa moneta. Earine ne rimase incantata, nonostante non fosse la prima volta che vi si recasse.
Le faceva sempre questo effetto.
Entrò in una saletta adiacente a una delle pareti del tempio e vi trovò il suo insegnante, Aranel.
«Dov'eri finita?», le chiese, apparentemente burbero ma con una lieve nota d'affetto.
«Non mi andava di venire oggi», gli rispose annoiata, sperando che non se la prendesse. Era il suo insegnante fin da piccola, e ormai si era abituato alla riluttanza della giovane nei confronti dei riti sacerdotali.
Non facevano per lei, avrebbe preferito fare l'erborista: con piante e erbe ci sapeva fare, mentre per la magia era negata. Iniziarono con l'allenamento.
Prima qualche magia di base: incantesimi di guarigione, di difesa, quelli per creare globi luminosi che potevano essere utili per illuminare sentieri bui, e via discorrendo.
Poi, magie più complesse: in quel periodo Aranel le stava insegnando che tipo di magie utilizzare per scoprire sigilli e magie utilizzate su una persona, oggetto o animale.
La lezione finì dopo due pesanti ore, ed Earine potè andarsene in pace.
Voleva andare nel bosco, dove avrebbe potuto stare in tranquillità; mentre si trovava ai suoi margini qualcuno disturbò nuovamente la sua quiete.
«Che c'è?», chiese bruscamente.
«Tua madre vuole parlarti», era di nuovo Thor, non si era neppure accorta del suo arrivo, stranamente.
Lei non rispose e andò da lei di malavoglia. Si trovava ai piedi del tempio.
«Dimmi», fece lei.
«So che non sei molto portata per la magia, ma è una questione di famiglia, anche tu da grande sarai una Somma Sacerdotessa, come lo siamo state io, tua nonna, la tua bisnonna e via discorrendo», cominciò.
«Mamma lo so, però io.. vorrei essere libera. Te ne prego».
«Piccola mia, so bene come ti senti, quando avevo la tua età volevo essere una combattente e votarmi al culto di Shevraar, ma non ho potuto, e ho servito Phenor come fecero i nostri antenati. Me ne feci una ragione, alla fine».
«Allora, forse non hai capito qualcosa: a me non interessa NIENTE di portare avanti le tradizioni di famiglia, perchè io sono Earine, sono una persona con desideri, sentimenti ed emozioni, e credo di avere diritto a scegliere cosa fare della mia vita!», sbottò.
«Earine, lo so, ma non posso farci niente».
«BENE!», urlò furibonda e scappò nel cuore del bosco.
Lì pianse, pianse come non mai; lacrime di ira e tristezza infinita solcavano le sue guancie liscie, perfette. Come, del resto, lei era: per molti dei suoi compaesani, Earine rappresentava la perfezione.
E bisognava dire che non avevano tutti i torti.
Si buttò a peso morto sull'erba soffice dell' Mherar Thar, la Terra delle Lacrime, meglio nota come "Terre Ignote".
Ebbe l'impressione che tutto, intorno a lei, cercasse di consolarla. Il fruscio del vento pian piano si trasformava in una voce che parlava una lingua a lei sconosciuta, gli alberi flettevano i loro rami verso di lei per proteggerla e l'erba l'"abbracciava". Alzò la testa e vide tutto come prima; erano solo sensazioni, ma forse non del tutto errate.

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Il tempo passò, Earine non era una ragazza che si arrendeva facilmente, e non demorse. Fu così che un giorno, dopo le consuete lezioni, l'elfa si recò nella grande biblioteca di Orva, che ospitava, tra l'altro, libri antichissimi e di valore inestimabile. Buttò un'occhiata nel reparto di storia, e lì trovò un grosso libro sull'Erak Maar, di cui le avevano parlato molto. Si trattava di una terra non molto lontana dalla quale i suoi antenati si sono esiliati millenni prima, dopo che era stata invasa dagli umani e dagli gnomi. Essi, prima di andarsene, vivevano in comunione con le ninfe.
Dagli incroci tra loro e i popoli "usurpatori" (che chiamano quella terra "Mondo Emerso"), come usano chiamarli, sono nate due nuove razze: gli huyè (elfi e gnomi, si sono spostati anche loro nelle Terre Ignote) e i mezzelfi (elfi e umani). Tutto questo lo sapeva, aveva anche visto alcuni huyè, ma non aveva mai avuto alcun tipo di contatto con loro, e anche se lo avesse voluto era proibito. Lesse per tutto il pomeriggio, e alla sera, quando abbandonò l'edificio, prese una decisione che a lei parve folle, forse assurda: sarebbe fuggita da quella vita proibitiva, e si sarebbe recata nell'Erak Maar. Non disse niente a nessuno, ma aveva bisogno di tempo per programmare il tutto e c'erano molti ostacoli, a cominciare da quello principale: come attraversare il Saar? Non era una guerriera, perciò non poteva usufruire di una viverna, e con una barca sarebbe stato pericoloso.
Cominciò a recarvisi spesso per studiare la mossa vincente. Sotto sotto, però, ci andava anche perchè le aveva cominciato a piacere, quel posto. Fu proprio mentre si trovava lì, un giorno assolato e leggermente ventoso, che accadde qualcosa che le avrebbe sconvolto la vita e i suoi piani.
Si stava bagnando i piedi facendo attenzione, come sempre, quando aveva sentito un lieve fruscio.
Aveva un udito fine, perciò se ne accorse subito e voltò di scatto la testa. E lo vide.  

È tutto uno sbaglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora