Sono solo la commessa

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Attorciglio le dita intorno ai capelli. Osservo lo smalto che inizia a scheggiarsi, lasciando intravvedere l'unghia rosa. Controllo l'ora sul computer di fronte a me: 17:46. Attendo impaziente, con l'irritazione che cresce, tangibile dietro al mio sorriso stampato, definito dal rossetto chiaro. Dondolo da un piede all'altro, mi appoggio al muro. Sono abituata all'attesa, ma, di solito, quest'ultima deve essere vissuta prima di un evento piacevole. L'attesa è la preparazione per un momento felice; io, invece, aspetto perché devo.
La tenda abbozza un movimento ondulatorio come fosse la cresta del mare, delle sottili linee che danzano sul rosso spento del tessuto. Una signora esce dal camerino facendo svolazzare un abito nero con lo strascico e illuminato da swarosky. Vedo la luce proiettarsi nei suoi occhi come grandi fare alimentati dalla passione e dalla spensieratezza.
"Come mi sta? " So già che la donna non vuole conoscere la mia opinione, desidera solamente i miei complimenti e le mie lusinghe.
" Divino." Le clienti non vogliono conoscere la verità, solamente la conferma della loro eleganza: le critiche non sono bene accette e vengono considerate affermazioni nate da invidia.
Il suo sguardo si sposta dai suoi fianchi abbondanti al viso spento del suo fidanzato. Non deve essere abituato infatti lascia trasparire i suoi sentimenti, non conosce ancora l'arte del sorriso: per rendere felici donne simili a questa è necessario annuire e concentrarsi su qualche commento scontato. Non sono bugie, ma è l'omissione patatine della realtà. Con queste clienti è inutile provare a far notare i difetti e i disagi: rimarranno ferree sulla loro opinione.
Il prossimo è un costume da bagno, eccessivamente seducente su una donna formosa: al ragazzo sembra venire un attacco d'asma. Dopo qualche altro capo troppo attillato, la coppia esce dal negozio senza una borsa e senza un saluto. Impegnati nella discussione su quale gonna le rendesse la vita più stretta, si avviano verso la pasticceria accanto.
Così mi preparo al prossimo cliente, raccogliendo le stoffe nel camerino, abbandonate come stracci. Mi vibra il cellulare nella tasca.
"Senti, così non può più andare avanti. È troppo difficile per me. Penso che ti lascio. "

Una fitta al cuore e il gusto del rammarico in bocca. Calde lacrime fanno luccicare il mio viso. Cado a terra, distrutta da due righe, sconvolta da sedici parole, spenta da tre punti. E senti il campanello tintinnare.
Raccolgo i miei pezzi, riordino i capelli e mi preparo con il mio sorriso più finto.

"Mi scusi di queste scarpe avete anche il quaranta? E color cipria? E in camoscio? E abbinate alla borsa?... "

Un respiro e la mia giornata continua, perché non importa come ti senti dentro, non importa chi sei, ciò che i clienti voglio è una commessa che approvi. E questo sono io: una ragazza di diciannove anni, violentata a sedici e con una bellissima bambina, abbandonata da genitori assenti. Ma loro non vogliono sapere chi sono, a loro serve che io dia approvazione.
"Certo, signora. "

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