Capitolo 8

24 4 0
                                    

Ormai nessuno mi avrebbe scoperto.
«A okay beh...
Smettila di fare la buffona e non dirmi bugie»
Lo guardai sconvolto, mi si era aperta la bocca e la mascella a momenti toccava il pavimento.
Ma coma ha fatto a scoprirlo...?

Inizai ad agitarmi, sudando freddo. Le lancette dell'orologio che era posto ordinatamente e verticalemente alla scrivania faceva un rumore assordante per le mie fragili orecchie. Le mie mani inziarono a tremare alla vista e alla memoria inpeccabile di quei ricordi che mi perforavano la mente, erano aghiaccianti e avrebbero fatto gelare il sangue a chiunque.

-Flashback-

Ero rannicchiata nell'angolo polveroso, dove la muffa si faceva largo nelle narici e si espandeva prendendo posto sui miei vestiti ormai fradici e inzuppati di tutte le emozioni che ormai ogni giorno sacervo dalla mia pelle, dai miei occhi affaticati dalle mie acque salate che scorrevano senza sosta sul mio corpo abbandonato da me stessa e dalla mia vita, dando vita ad uno straccio.

Ero giorni che non toccavo cibo ma sinceramente non avevo bisogno di assorbire sostanze materiali ma di quelle imateriali avevo estremante bisogno. Ero stata lasciata per divertimento e per piacere altrui ma il mio di piacere doveva ancora manifestarsi.

Sentivo il tichettio della pioggia sommato ai fiumi in piena che da minuti ormai cercano di straripare l'argine ma avendo ancora poche forze, quelle necessarie riuscivo a pensare, sognare e immaginare. La pioggia si posava delicatamente sul mio corpo senza vita e anima, quel corpo sporco pieno di storie troppo vissute e ormai stanco, scorreva sulla mia pelle risucchiando tutte le colpe e liberandomi finalmente da un mondo pieno di malvagità riportandomi finalmente a quel luogo bianco da cui non avrei mai voluto scappare, dove avrei potuto finalmente sentirmi libera.

Guardavo il muro che da giorni era il mio sotegno, quel muro verde screpolato che ha vissuto tutto quello che ho vissuto io, il mio occhio della verità dove mi hanno abbandonato. Muro con crepanze bianche. Lo osservavo cercando di scorgere nelle crepe magari qualche disegno creato dalla mia mente per distrarmi, ma tutto quello che vedevo era nero, tutto era scuro e la paura piano piano si impossessava di me. Con quella poca energia mi spostai, mi mossi e ebbi le poche forze di raggiungere il giardino, mi appoggiai sull'erba bagnata ma così soffice, alzai la testa e osservai le goccie scivolarmi e cadere sul mio volto bagnandomi la mia folta vastità di capelli ribelli. Il cielo era scuro come quegli occhi che lavoravano che avevano vagato su di me, quegli occhi della crudeltà.

Un cielo così malvagio privo di emozioni, un mare di oscurità di emozioni nascoste da volti crudeli. Stranamente in quel momento quella pioggia era l'unico elemento di conforto.

Tutta la mia indifferenza si era manifestata in questo momento, ma la paura esisteva eccome.

Tutto girava intorno alla paura. Chiusi gli occhi e il rumore dell'acqua piovana si accumulò nelle orecchie, ero in stato di abbandono, stato di depressione e non lo sapevo.

Questa era la mia fine e iniziai a contare gli ultimi minuti che sarebbero rimasti della mia vita.

I numeri rimbonbavano nella mia mente e più andavo avanti e più mi rendevo davvero conto di quello che sarebbe stato di Hope...

Hope non la conosceva nessuno e non biasimo loro, nessuno vorrebbe vedere l'errore in persona. Perchè si sono l'errore in persona, con un passato complesso e che mi perseguita da anni.

Dalle mie labbre ormai secche per il fiato soffiato giorni interi su esse, screpolate per il freddo.Pensai le labbra non servono a niente, per comunicare bastano gli occhi. Solo poche persone sanno leggere veramente, leggere non è saper leggere un libro ma leggere è vedere le emozioni che vengono espresse attraverso le azioni o i movimenti.

I miei occhi erano la fonte della verità. Non erano mai riuscita ad esprimere emozioni a voce perchè non era mai importato a nessuno, se qualcuno voleva avrebbe potuto benissimo leggermi negli occhi, sono un libro aperto. Per quanto posso dire una cosa gli occhi dicono il contrario.

Ebbene si. Fermai l'entusiasmo e udì il cancelletto di metallo che scricchiolava, un po di ruggine si stava scagliando via dal ferro arrugginito. E si ebbi paura ma non avevo forze ero troppo stanca, come morta. Una sagoma comparve al mio lato ma indossava una felpa gigante col viso coperto dal cappuccio. Con fatica mi prese e io iniziai a divincolarmi...

-Fine Flashback-

Iniziai a tremare più di prima mentre con le mani compievo gesti ripetitivi, mi dicevo:

1 e mi grattavo l'unghia

2 e mi grattavo l'unghia, e così via fino al cinque poi ricominciavo.

Diventai pallida e dei singhiozzi accompagnati da lacrime formavano un'orchestra di rumori prodotti dai miei sensi. Avrei mai potuto smettere. Alzai la testa e guardai lo psicologo negli occhi mostrando il mio oceano in tempesta.

Esso sembrava quasi dispiaciuto. I miei ricordi si sfumavano come un quadro, e vedevo tutto sfocato.

Le mie lacrime si intenficarono e la mia bocca emetteva quasi degli urli mentre con le mani mi tappavo il cuore come per non permettere ad esso di uscire dal mio petto e di non tralasciare niente.

La vista si offuscava dalle troppe acque salate. Diventai ancora più pallida mentre queste parole recheggiavano nella mia mente «Sei un errore, devi pagare per tutto, non meriti di vivere con noi! Brutta puttana. Ora ascoltami. Non avresti mai dovuto nascere» mentre l'ultima frase faceva eco nelle mie orecchie, il signore si precipitò da me, almeno credo.

***

Spazio Autrice

Ciaoooooo gattini come va?

Capitolo più lungo del solito, ma dal prossimo capitolo inizierà la vera "Hospital for Souls" preparatevi e spero vi sia piaciuto.

Ricordo aggiorno ogni martedì o venerdì

Ladygiu










Hospital for Souls« SospesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora