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Michael's point of view.

Ero lì, ero lì con lui. Eravamo lì.

Era arrivato il momento, mi sarei liberato dei miei demoni avrei lasciato che questi mi prendessero anche l'unica cosa bella che mi restava. Lui doveva sapere.

Camminavamo a passo spedito, forse perché entrambi volevamo toglierci quel dente ormai marcio. Le nostre mani non erano più unite, avevamo mollato entrambi la presa quando il freddo aveva iniziato a farsi troppo invadente sulla nostra pelle.

Ma Luke continuava nonostante tutto a seguirmi.

I pugni chiusi nelle tasche della giacca in pelle, il labbro inferiore intrappolato tra i denti, i frequenti sbuffi di condensa: quello ero io.

Gli occhi color ghiaccio, il cuore che batteva a mille, la curiosità e la rabbia che si facevano lotta tra di loro: quello era Luke.

Le nostre maschere di pelle venivano alternamente illuminate di luci giallastre e di bui color pece. I rumori classici della città erano il sottofondo di quel momento: clacson, tacchi di scarpe contro il cemento, urla, risate, accendini, qualsiasi rumore vi venga in mente se pensate alla città.

E in quel momento eravamo io, Luke e la città.

Per questo camminavamo, dovevamo essere solo io e Luke. Dovevamo parlarci faccia a faccia, dovevamo spogliarci dei nostri costumi di scena, e il sottofondo sarebbe stato solo il rumore in nostri respiri.

Stavamo andando verso un parco non molto lontano da dove ci trovavamo ora. Solitamente era una meta molto gradita dai bambini visto il piccolo laghetto e le paperelle che ci nuotavano dentro. Ma era ormai sera, non ci sarebbe stato nessun bambino è molto probabilmente nessun altro.

"Michael?" Mi mancò il fiato.

I miei piedi smisero di camminare e la mia testa si girò di istinto verso una delle poche fonti di luce in quel momento.

"Sì?"

"Per favore non starmi così lontano."

E percorremmo tutto il tragitto uno accanto all'altro. E qualche volta incrociammo anche lo sguardo.

-

Luke's point of view.

"Dobbiamo per forza entrare lì dentro?" Chiesi.

Il parco in cui Michael voleva entrare era chiuso. All'interno di esso non si riusciva a distinguere quasi nulla a causa dei lampioni spenti e un cancello incrostato di ruggine e di ricordi ci ostacolava l'entrata.

"Sì, é importante per me." Disse prima di mettere male un piede nello scavalcare e cadere a terra per la seconda volta. Imprecò.

Trattenni una risata, mi avvicinai a lui e gli porsi una mano per aiutarlo ad alzarsi. "Non riuscirai mai a scavalcarlo, anche se tu riuscissi ad arrivare in cima credo che quegli spuntoni ti faranno male."

Sbuffò e accettò la mia mano. "Quindi che cosa dovremmo fare sapientino?"

Frugai nella tasca destra della mia giaccia in pelle e pregai di avere quello che in quel momento mi serviva. "Bingo!"

call me ❁ mukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora