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Luke's point of view.

"Pronto, Luke sei tu?"

Al suono della sua voce la gola mi si seccò, le dita cominciarono a tremarmi e nonostante tutto, provavo ancora le stesse farfalle nello stomaco. Era così sbagliato ma giusto allo stesso tempo. Avrei dovuto provare disgusto per quella voce delicata e roca, mi avrebbe dovuto fare provare schifo e invece a me piaceva lo stesso.

Le lacrime punzecchiarono come migliaia di piccoli aghi le mie iridi, rendendomi lucidi gli occhi. Ashton e Calum se ne accorsero e improvvisamente si fecero più vicini infondendomi almeno quel briciolo di sicurezza per rispondere.

"Michael, non ho fatto di proposito a chiamarti sc-"

"No Luke. Per favore." Stavo già per premere il tasto rosso per chiudere la chiamata ma poi sentii quel 'per favore', che mi straziò. Perché sembrava straziato, divorato dai propri sensi di colpa. Ma non dovevo dimenticarmi che fino a quel momento si era rivelato solo un bravo attore, non potevo fermarmi al suo tono di voce o mi avrebbe fregato ancora.

"Per favore cosa Michael? Mi hai illuso, mi hai illuso come mai nessuno era riuscito a fare prima! Mi hai portato su in cielo fino a farmi sfiorare le nuvole e poi mi hai fatto cadere senza neanche un misero paracadute di salvataggio. Ti sei preso gioco delle mie debolezze e mi hai umiliato. Mi aspettavo come minimo un messaggio di scuse o una chiamata. Ma sei stato stronzo fino alla fine, fino alla punta dei capelli."

Ci fu un attimo, due attimi, tre attimi di silenzio sovrastati poi da un lungo sospiro dall'altra parte della cornetta. "Non ti ho chiamato perché pensavo che non volessi più saperne di me, pensavo mi odiassi."

"Infatti é così Michael ti odio, hai ragione." Presi una buona dose di ossigeno e una ancora più grande di coraggio. "Ma mi piaci, talmente tanto che in queste settimane anche senza vederti non sono riuscito a dimenticarmi del suono della tua risata e dei tuoi occhi verdi." Non so come riuscii a svuotare il sacco così, forse era la coscienza del fatto che comunque non lo avrei più rivisto. Non mi importava nemmeno più la sua reazione. Per quanto mi riguardava non poteva fare peggio di quanto aveva fatto.

"Davvero? Davvero, io ti piaccio?"

"Sì, Michael. Ma tu non vuoi saperne di me, quindi cercherò di ingoiare questo stupido sentimento che provo all'altezza del petto."

"Non é così invece, e te lo dimostrerò. Possiamo vederci?"

"Per farmi ancora più del male? Non abbocca più la stessa esca, Michael."

E chiusi la chiamata. Non gli lasciai nemmeno il tempo di ribattere perché non potevo e non volevo più resistere a quel dolore lancinante. Mi stava riaprendo il petto con la scusa di aggiustarmi il cuore, ma faceva male e lo avrebbe rotto ancora.

"Quindi?" Disse Ashton, facendomi ricordare di essere a casa di Calum.

"Quindi niente Ash." Risposi freddo ri-appoggiando il cellulare sul tavolino di fronte al divano.

"Che cosa ti ha detto?" Si intromise anche Calum.

Sbuffai. "Voleva che ci vedessimo per risolvere le cose, voleva dimostrarmi che a lui interesso."

Ashton e Calum si sincronizzarono e alzarono allo stesso tempo gli occhi al cielo, poi corsero verso una qualche stanza della casa e tornarono con il mio giubbotto in pelle e con le mie vans nere in mano.

Li guardai straniti e loro risposero immediatamente alla domanda che non gli avevo posto. "Ti stiamo letteralmente buttando fuori di casa, e tu sai dove devi andare."

call me ❁ mukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora