Chapter Five - Broken Boy Meets Broken Girl

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Stava poggiato contro la parete.
Le braccia incrociate al petto, un paio di bacchette in una mano, faceva insistentemente vagare il suo sguardo lungo la mia figura.
Nonostante la poca luce, non ero ancora riuscita ad identificare il colore dei suoi occhi, quando l'unico particolare che potevo notare era il suo sorriso, i capelli ricci leggermente scompigliati, tirati su da una bandana rossa.

«Non credo che una ragazza dovrebbe stare tutta sola in un posto simile, a quest'ora.» la sua voce, leggermente alta, richiamò la mia attenzione.

Per quale motivo era ancora lì?

«Stavo tornando a casa, e mi si è rotto un tacco...» mormorai, con voce rassegnata, senza distogliere lo sguardo dalla sua figura.
«Ma non vedo per quale motivo dovrebbe inportarti.» aggiunsi poi, con tono tagliente, ed un'alzata di spalle.

Una risata rieccheggiò nel silenzio del vicolo buio.
Era il suono più dolce che avessi mai ascoltato.
Assomigliava quasi alla risata di un bambino, tant'è che dovetti riscuotermi più volte per collegare quel suono al volto del ragazzo insieme a me.

Fece qualche passo, e, per quanto vicino, potei finalmente riconoscere il colore dei suoi occhi.
Mi ricordava il colore del miele, dolce e caldo.

Istintivamente mi ritrassi, andando a sbattere contro la pietra fredda della parete.

«La mia era solo una constatazione. Che vuoi che mi importi di una ragazzina che non ha niente di meglio da fare che andare ad una qualunque festa, ritrovandosi in un vicolo buio a fine serata, al freddo, e con un tacco rotto?» se le parole avessero potuto far male quanto una pugnalata allo stomaco, sarei potuta morire lì, davanti a lui, in quel momento.

«Non sono una ragazzina, e non sai proprio niente, dovresti evitare di aprir bocca.» risposi a tono, facendo saettare i miei occhi blu-verdi nei suoi, guardandolo con disprezzo.

«Scommetto che sei anche rimasta a piedi.» odiavo terribilmente quel tono canzonatorio e quel sorriso che proprio non aveva intenzione di abbandonarlo.
Degluttì. «Ti sbagli.» Mentii.

Dannato orgoglio.

Si distanziò di qualche passo, accennando una leggera risata, mentre portava entrambe le mani all'interno delle tasche degli skinny jeans neri.

«Come vuoi.» davvero?

«Oh...okay.» mormorai, passando una mano tra i capelli rossi, lasciando poi ricadere il braccio lungo il fianco.

Lo vidi tornare con la schiena contro la parete.
Afferrò le bacchette tra le mani, muovendole leggermente, mormorando il ritmo di una canzone a me sconosciuta, mentre fingeva di suonare una batteria.

Avevo capito fosse strano sin dal primo momento in cui l'avevo visto, ne avevo avuto la certezza.

«Che stai facendo?» lo scrutai confusa, incrociando le braccia sotto al seno, sfregando più volte una mano su un braccio, cercando di procurarmi calore.

Puntò il suo sguardo su di me, ancora una volta, sfoderando un sorriso appena accennato, mostrando una sola fossetta sul lato sinistro.

«Aspetto.»

«Chi?»

«Forse dovresti dire: cosa?» era uno scherzo?

Sospirai, alzando gli occhi al cielo.
«Cosa?» domandai con tono annoiato.

«Che tu ammetta d'essere rimasta a piedi, così potrò darti un passaggio, mostrando le mie doti da vero gentiluomo.»

Ringraziai la poca luce, probabilmente dovevo aver preso lo stesso colore dei miei capelli.

Masterpiece || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora