Scoppiai in una sonora risata, posando le mani sul tavolo di legno dinnanzi a me, divertita soprattutto dalla risata acuta e quasi infantile di Ashton, che dalle sue battute decisamente squallide.
Era un ragazzo estremamente divertente, con la battuta sempre pronta ed una risata a dir poco adorabile.
Mi piaceva stare insieme a lui, mi sentivo a mio agio, nonostante fossi da sempre stata una ragazza silenziosa e non spesso propensa a parlare troppo.
Ma, con lui era diverso.
Mi aveva portato ad una tavola calda non molto distante, non potei fare a meno di sorridere quando il caldo profumo di cibo italiano invase le mie narici.
Amavo la cucina italiana.«Non so cosa sia più divertente. Se le tue orrende battute o i tuoi svariati episodi sul resto dei ragazzi.» affermai divertita, ricevendo un'occhiata fintamente offesa dal ragazzo.
Alzò le mani in segno di resa.
«Ehi non sono così male!» disse. Potei notare l'ombra di un sorriso sul volto.«Per quanto riguarda i ragazzi...» lo vidi pensieroso, concentrato sulle proprie parole.
«Non ho nulla da dire in realtà. Siamo quattro coglioni e sinceramente non so perché contribuisco a sfotterci raccontandoti qualunque cosa accada quando siamo insieme.» mormorò, scoppiando successivamente in una rumorosa risata.Risi di rimando, interrompendomi un attimo dopo, quando la familiare figura della ragazza che poco prima aveva richiesto le nostre ordinazioni, tornò, reggendo proprio queste e guardando entrambi con un dolce sorriso sul viso.
«Ecco a voi.» disse con un tono di voce eccessivamente timido, posando una semplice pizza margherita davanti a me, ed una davanti ad Ashton.
Sembrava avere una strana espressione sul viso, come turbato e pensieroso, i suoi occhi erano spenti, era vagamente silenzioso, ma non capivo il perché.
«Tutto okay?» domandai, in cerca del suo sguardo, ancora puntato sulla ragazza che aveva portato le nostre ordinazioni, allontanandosi successivamente.
Magari le piaceva quella ragazza, pensai, anche se mi era sembrato particolarmente preso dal nome scritto sulla targhetta metallica sopra la maglia rossa, 'Juliet'.
Si affrettò ad annuire, spostando il proprio sguardo sulla pizza fumante.
Annuì di rimando, scacciando via il pensiero del suo turbamento.
Riprendemmo poi a parlare qualche attimo dopo, gustandoci la pizza.Finimmo circa una mezz'ora dopo.
Nonostante le mie più che inutili proteste, lui insistette più volte per pagare anche la mia parte, sorridendo soddisfatto quando riuscì nel suo intento.
«Ti ringrazio, ancora. Vedrò di ripagarti.» dissi io, stringendomi nella giacca di pelle nera, rabbrividendo, sfiorata dal leggero vento, una volta che fummo usciti dal locale.
Accennò un sorriso, voltandosi verso di me, con entrambe le mani infilate nelle tasche degli skinny jeans neri.«E io ti ripeto ancora che non c'è alcun bisogno. Insomma, che galantuomo sarei se avessi fatto pagare te?» disse con tono ovvio, divertito, ricordandomi vagamente le stesse parole che disse quella notte, quando ci incontrammo nel retro del locale.
Risi. «Okay, okay, va bene.» mi arresi, convinta che in un modo o nell'altro avrei ricambiato comunque la cortesia.
Afferrò la mia mano, senza dire nient'altro, ci dirigemmo silenziosamente verso la moto interamente nera, la stessa con cui eravamo arrivati.
Mi sarei quasi abituata a quei piccoli viaggi in moto assieme a lui.
Porgendomi il casco, sorrise, facendo fare lo stesso a me, che, dopo aver infilato il casco, salì dietro di lui, prontamente mise in moto.