Chapter Six - Masterpiece

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A sei anni, avevo ricevuto in regalo un semplice album da disegno, da parte di mio zio Percy, il giorno di Natale.

A otto anni avevo chiesto una confezione di semplici matite colorate, per il mio compleanno.

A dodici anni, passavo ogni pomeriggio in compagnia di mia cugina Phoebe.
Aveva qualche anno in più di me, ragazza dotata di fervida immaginazione, e una sfrenata passione per il disegno, che presto contagiò anche me.

A quindici anni, nel fiore della mia giovinezza, mi resi conto che l'arte era la mia unica gioia, la mia più grande ispirazione, non potevo farne a meno.

Non ero mai stata una ragazzina estroversa, difficilmente riuscivo a fare conoscenza con miei coetanei, senza che la timidezza mi ostacolasse.

Mi piaceva stare per conto mio, mentre i miei compagni si divertivano a modo loro.

Preferivo la compagnia del mio album e di una semplice matita, che la compagnia di qualcuno, eccetto Pyper.

«Sto uscendo, a più tardi.» avvisai distrattamente mia madre, dirigendomi speditamente lungo la rampa di scale, lievemente scricchiolante, per via dei miei passi non troppo leggeri.

Non ricevetti nulla in risposta, come al solito.
Poco prima di andare al piano inferiore mi era sembrato di udire un lieve pianto, provenire dal bagno.
Sapevo fosse mia madre, ma non me ne preoccupavo, non perché non mi importasse, era lei a rifiutare il mio aiuto.

Era stata lei a sbagliare, ne era ben consapevole, ma saperla in quelle condizioni mi lasciava un peso sul petto.

Avevo provato ad aiutarla, ma dalle volte siamo così orgogliosi da voler fare tutto soli.
Lei mi aveva rifiutato, e io avevo imparato ad ignorarla, per quanto difficile potesse essere.

Chiusi la porta alle mie spalle, reggendo sottobraccio il consumato album da disegno, ed una semplice matita nera.

Mi piaceva l'estate, per un semplice motivo.
Non andavo al mare, o a divertirmi spesso, come solitamente facevano i ragazzi della mia età, adoravo trascorrere interi pomeriggi sotto quel grande albero nel parco poco distante dalla mia casa, non c'era nulla di più tranquillo che quel piccolo posto nascosto.

Sfiorata dal leggerissimo vento caldo di Sydney, mi strinsi nelle spalle, camminando tranquillamente lungo il marciapiede, scalciando qualche sassolino, di tanto in tanto.

Giunta al grande parco, mi diressi verso l'albero da me cercato, non potendo fare a meno di sorridere alla vista dei numerosi bambini giocare sul prato fiorito.

Mi sedetti contro il tronco dell'albero, portando la mia attenzione su qualunque soggetto avessi potuto disegnare.

Una margherita appassita sul prato verde.

Una bambina dai boccoli biondi ridere spensierata.

Due piccoli bambini scambiarsi un dolce bacio sulla guancia, nella loro dolcezza ed immensa innocenza.

Ogni soggetto, seppur banale, racconta la propria storia, ed io ero solamente lì per ritrarre una minima parte su un foglio bianco, assorta tra i miei pensieri, immaginando realtà che forse mai sarebbero accadute, con l'ombra di un sorriso sul volto.

Spesso mi consideravano ancora una ragazzina, una bambina ancora non cresciuta, come se a 18 anni sognare fosse un'eresia.

Non capivano, vivevano nella loro ignoranza, certi di qualunque cosa.

Io non ero così, sognavo, e non avrei smesso.
L'arte mi spingeva a farlo.

L'arte rende tangibile la materia di cui sono fatti i sogni.

Masterpiece || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora