Quella sera di ottobre, Beatrice stava fissando lo schermo del suo cellulare, mentre aspettava pazientemente il ritorno di Niall. Ormai da tre anni a quella parte, la piccola schermata luminosa era occupata dalla stessa immagine: il piccolo William Andrea Horan, appena nato, tra le braccia di una Beatrice entusiasta affiancata da un Niall altrettanto commosso.
Era passato già un po' di tempo, ma Beatrice ricordava ancora a memoria tutta l'attesa, la frustrazione, il dolore, la solitudine, ma anche la felicità e l'amore che l'avevano accompagnata lungo tutta la gravidanza.
Ripensando a quei momenti lontani, ma in realtà terribilmente vicini, Beatrice non riusciva ancora a capire come il tempo fosse passato così velocemente: in un battito di ciglia, infatti, il grande giorno era arrivato, William era nato - sano come un pesce - e avevano cominciato un nuovo percorso, il percorso di una famiglia, insieme.
Ho sempre pensato che tra il guardare e il vedere una cosa ci sia una grande differenza e Beatrice, quel giorno, stava solamente vedendo i volti catturati da quell'immagine: anche se le pupille erano rivolte al telefonino, era come se stesse sognando ad occhi aperti, con lo sguardo perso nel vuoto e la mente altrove.
Quel suo momento così magico, però, fu presto interrotto da un urletto infastidito. La ragazza scosse la testa, riprendendosi e alzandosi in un millesimo di secondo. Sapeva benissimo a chi appartenesse quel lamento; per questo motivo, mosse velocemente un piede davanti all'altro, percorse il lungo corridoio di quella casa che aveva racchiuso così tanti momenti in pochi anni e raggiunse la camera da letto.
Lì, nella culletta posizionata esattamente accanto alla finestra, si trovava la ragione del suo sorriso, il raggio di luce per il quale Beatrice si addormentava con un sorriso e si svegliava nel bel mezzo della notte con la stessa curva dipinta sulle labbra. Si sporse leggermente e, di conseguenza, sorrise alla vista di quelle manine piccole e degli occhi azzurri, incredibilmente aperti.
Le iridi di William Andrea Horan erano azzurre. Anche Niall e Beatrice avevano gli occhi di quel colore, ma non era lo stesso: quelli di Will erano più blu, come il fondo dell'oceano, quasi come se potessero nascondere il mondo.
A Beatrice è sempre piaciuto guardare gli occhi di suo figlio: le sembrava di poter rivedere l'esatta copia di Niall, con i capelli biondo-cenere, la pelle pallidissima e le guance perennemente rosse.
In realtà, c'era un altro motivo per cui Beatrice adorava guardarlo in quei due lapislazzuli: William aveva ormai tre anni, ma dimostrava seri problemi nel comunicare con la gente. A quell'età, avrebbe già dovuto dire qualcosa, qualche parola; invece, riusciva solo a borbottare sillabe sconnesse.
Per Beatrice e Niall, era frustrante vedere il proprio figlio sforzarsi di parlare e non riuscirci, ed era ancora più brutto sapere che nemmeno i dottori riuscivano a spiegarne il motivo.
Dicevano che era normale, poteva capitare che i bambini piccoli all'inizio dimostrassero qualche difficoltà nell'esprimersi, ma i due neogenitori non potevano fare a meno di sentirsi preoccupati.
Perciò, per loro, l'unico modo di comunicare con il loro figlio era guardarlo negli occhi limpidi: erano come due libri aperti, ogni sguardo, ogni scintilla sembrava occupare tutte le parole del mondo. E a loro bastava questo.
Quando William capì che la mamma non lo avrebbe preso tra le braccia, ricominciò ad agitarsi, arricciò le labbra e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Beatrice non resistette a quella vista; perciò, lo prese e lo cullò, baciandogli una tempia.
Dimostrava meno dell'età che aveva, ma questo dettaglio non faceva altro che aumentare il senso di protettività che avevano i due genitori nei suoi confronti. Fece qualche passo avanti e indietro, fino a quando il campanello di casa suonò facendo rimbombare quel rumore per tutta la casa deserta. Beatrice sospirò di sollievo, scendendo le scale e tenendo tra le braccia quel bambino che non aveva smesso un attimo di agitarsi: anche lui aveva capito chi aspettava alla porta.
Beatrice abbassò la maniglia del portone, lasciando entrare l'aria fresca e, ad un tratto, sembrò quasi che un intero sole fosse entrato dalla porta, illuminando il soggiorno fino a poco prima immerso nella penombra.
La donna si morse il labbro inferiore, cercando di reprimere un sorriso, quando quella furia di luminosità dai capelli ossigenati e dagli occhi celesti fece capolino dentro casa senza aspettare che qualcuno lo invitasse ad entrare. Allo stesso modo, lasciò un tenero e lungo bacio sulle labbra di Beatrice, per poi sporsi ad afferrare il corpicino di William.
"Come sta il mio bellissimo campione?"
Il bambino rise, muovendo i piedi avanti e indietro. Beatrice, intanto, non riuscì più a trattenere quel sorriso. Poi, alzò una mano e la adagiò sulla guancia pallida di Niall.
Quest'ultimo la guardò, distogliendo lo sguardo dal figlio, e sospirò di contentezza.
"Finalmente sono a casa"Spazio Autrice:
SORPRESAAAA
Okay, non ve lo aspettavate. Sono stata via per tre mesi e adesso sono tornata così, tutto ad un tratto. Lo so che mi odiate per tutto il tempo che vi ho fatto attendere, ma... hey! I'm back e sono qua per restare.
Detto questo, grazie a tutti i lettori che continueranno a leggere. Vi amo davvero tanto ❤-Noemi.
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Decision {Sequel Of Responsibility}
FanficA tre anni di distanza dalla nascita del loro primogenito, la vita di Niall e Beatrice appare finalmente completa. Niall, però, sente qualcosa che non va, sa che esiste anche un fondo di bugia in mezzo a tutta questa pura felicità. Ad un certo punto...