Capitolo 7.

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La lezione di psicologia era abbastanza interessante.

Vicino a me non c'era nessuno, ed erano tutti occupati a confrontarsi col professore sull'argomento del pregiudizio, per accorgersi della nuova arrivata.

Ero contenta di non avere i riflettori contro, ma vedendo l'altra metà del bancone vuoto, non potei fare a meno di ripensare a quando, nell'altra scuola, ero sempre affiancata dalla migliore compagnia che mai avessi potuto desiderare.

Cass non si perdeva mai una lezione; un po' perché aveva un'assurda cotta per il nostro professore, ed un po' perché credeva che, frequentando quelle lezioni, avrebbe capito meglio la mente umana.

Gli argomenti a cui si era maggiormente affezionata erano quelli sui disturbi della psiche.

Quando affrontammo la depressione, lei pendeva letteralmente dalle labbra del professore.

Ricordo ancora come i suoi occhi fossero focalizzati. Era come vedere gli ingranaggi del suo cervello muoversi, e poi, una volta realizzato un concetto, si perdeva, e si rinchiudeva dentro quella cella dal quale era impossibile tirarla fuori di propria iniziativa.

Probabilmente tutto ciò che pensava e diceva, erano frutto di quelle lezioni, e di come lei le avesse interpretate.

Una volta, mi disse che alcune persone, sono semplicemente destinata a soffrire interiormente. Come se non ci fosse speranza per una pioggia acida, che ti attacca quando meno te lo aspetti e non puoi combattere in ogni caso.

La campanella suonò, ed io non ero stata a sentire granché.

Il professore mi disse che non dovevo essere timida nell'espormi e che mi sarei ambientata in un paio di lezioni.

Quando controllai l'ora sul telefono, mi accorsi che mi era arrivato un messaggio.

Il mittente era Michael:

"Non so se tu avessi già cancellato il mio numero, io no.
Spero tu abbia voglia di unirti a noi sabato. Calum ci spera! :)
-Michael"

Pensava davvero che avessi preso il suo numero quel giorno, per poi cancellarlo subito dopo?

"Non l'ho cancellato, se ho preso il tuo numero, è perché lo volevo! :)
Grazie per aver pensato a me, ma non voglio che vi sentiate in dovere di invitarmi ovunque, davvero!"

L'ultima lezione era forse la peggiore: educazione fisica.

Non sono brava in nessuno sport.

Non ho fiato e sono debole.

Bel modo per presentarsi, veramente.

Sulla cartina era facile individuare il percorso per raggiungere la palestra e non ci misi molto a trovarla.

Mentre andavo nello spogliatoio, incontrai il coach, o meglio, la coach Santena. Mi diede i vestiti con cui cambiarmi e mi disse che avrei dovuto fare gli esami del sangue. Una procedura di routine per assicurarsi che fossi idonea ad ogni attività fisica.

Nello spogliatoio non c'erano molte ragazze, ma mi salutarono tutte e ci furono un po' di presentazioni.

"Come ti trovi?"

Una ragazza, o meglio Melissa, si sedette vicino a me per legarsi le scarpe, mentre io mi cambiavo.

"Abbastanza bene, grazie! Devo abituarmi, anche se le cose non sono molto differenti dalla mia vecchia scuola."

"Di dove sei? Hai un'accento non indifferente."

"Londra!"

"Ci avrei scommesso! Ti manca il freddo?"

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