Capitolo 1

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‹‹ Dormi? ›› domandò Eva. Eravamo chiuse nel dormitorio femminile, e lei era la mia compagna di stanza.

La stanza era piccola, solo un letto a castello, un cassettone e un piccolo comodino con sopra un abat-jour.

Nulla di chissà cosa, ma almeno avevamo un letto comodo e un tetto sopra la testa. Ci voleva poco per accontentarci, d'altronde non avevamo altra scelta.

La C.A.T.T.I.VO. aveva cominciato a trattarci stranamente bene, ma veramente in pochi si fidavano di quella calma apparente. Io, di certo, non ero tra quelli.

Volevo sapere dov'era finita Jillian. In tutti quei giorni in cui eravamo chiusi in quella caspio di base, di lei non c'era traccia. Mi piaceva pensare che fosse tornata in sala controllo.

O meglio, non ero felice del fatto di saperla collegata con gli altri mille computer di quel posto, dopo aver visto la crisi che aveva affrontato sotto i miei stessi occhi.

Non era una bella cosa quella di essere costretta ad osservarci giorno per giorno senza poter muovere un muscolo, ma almeno era viva. Era quello che mi piaceva credere e sperare.

‹‹ No ›› risposi infine alla mia amica.

Io dormivo nel letto di sopra, lei in quello di sotto, così mi sporsi dal lettino, rischiando di cadere giù come un idiota.

‹‹ sono passati circa venticinque giorni ›› disse Eva sovrappensiero.

I suoi occhi non esprimevano nessuna emozione, da quello che riuscivo a vedere.

Ed era veramente poco.

Riuscivo a stento a vedere il suo volto illuminato dall'abat-jour in quell'oscurità totale presente nella stanza ‹‹ venticinque giorni da quando siamo arrivati in questo buco di posto ›› aggiunse infine.

‹‹ Guarda il lato positivo: abbiamo un tetto sopra la testa, cibo e delle mura che ci riparano il culo ›› provai a dire, ma lei mi guardò con la coda dell'occhio come se volesse mangiarmi la faccia solo per la sploffata che stavo provando a rifilarle.

Nemmeno io credevo alle mie stesse parole, ma sotto sotto, era effettivamente ciò che pensavo.

D'altronde non potevo lamentarmi poi più di tanto, era inutile sputare nel piatto in cui stavamo mangiando per il momento.

Io stavo bene, lei stava bene, Minho stava bene, Newt pure, così come tutti gli altri.

Thomas era ancora in isolamento, e non avevo notizie di lui da quando eravamo alla base.

Ecco, per lui mi sentivo uno schifo.

Avrei voluto sapere come stava... Ma non c'era concesso nemmeno andare a cercarlo.

Avevo paura per lui.

Ero costantemente in ansia per lui, ma cercavo sempre di controllarla. Cercavo addirittura di evitare l'argomento per non pensare a ciò che gli stava succedendo.

Non avevo modo di scoprire come stava, dove l'avevano portato, se era possibile comunicare con lui in qualche modo.

Nemmeno Teresa si metteva in contatto con lui. Quando le chiedevo di provare a comunicare con lui, mi guardava storto e cambiava discorso.

‹‹ Anche quando eravamo nella radura avevamo un tetto sopra la testa e del cibo, e nonostante la prigionia delle mura, credimi, stavamo meglio lì che qui ›› disse infine Evangeline, girandosi dall'altra parte come per dirmi che la nostra breve discussione sarebbe terminata lì.

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