CAPITOLO 3

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È passata una settimana dall'ultima visita con il dottor Brook. Non mi sento migliorata, sapevo che non serviva sedermi sull'ennesima poltrona e raccontare la mia vita di merda. È stato uno spreco di soldi, ma per i miei genitori questo non è mai stato un problema d'altronde.
Sono ancora qui sul letto, con la coperta fino al collo, gli occhi assonnati e la finestra chiusa. Non so se sia una bella giornata, non me ne importa. Sono le 11.00 del mattino e Carol è entrata quattro volte nella mia stanza per accertare che stessi dormendo e non fingessi. È così premurosa in questi giorni, ha finalmente capito la mia situazione, il mio stato d'animo. Mio padre invece non ne vuole sapere di confessioni, di sentimenti, di umori; preferisce che sia sua moglie a raccontargli ciò che mi succede. Non riesco a capire il nostro rapporto: siamo sempre così distanti, da quando ero piccola. Ma tra tutti i miei problemi, questo è l'ultimo.
Dopo due mesi dalla notizia sto cominciando a piangere circa tre volte al giorno anziché dieci, è un piccolo passo avanti e come dice il dottor Brook questa è la strada che porta alla soluzione... credo intendesse la felicità. Tengo la foto di Richard sempre con me, nel mio letto, ricordando le giornate passate insieme, soprattutto le notti. Immagino come sarebbe stato il nostro futuro. Non credo che riuscirò di nuovo ad amare un altro uomo, nessuno sarà in grado di prendere il suo posto e non troverò mai l'anima gemella perché l'ho già persa. Mentre i ricordi riaffiorano, mia madre mi ha beccata sveglia e sta entrando nella stanza. Cazzo, dovevo stare più attenta.
"Buon giorno tesoro!" Entra con i suoi tacchi, il suo vestito costoso e la piega appena fatta dal parrucchiere al solito orario, ovvero le 7.00 del mattino. Il suo profumo cosparge la camera. Si siede sul mio letto, si guarda attorno, gioca con i suoi orecchini di perle, è così ansiosa. Prende coraggio per dirmi qualcosa. Sapevo che sarebbe successo. "Jasmine, sono passati due mesi e so che per te è ancora dura da superare, però tesoro... io e tuo padre siamo preoccupati per l'università! Nella tua vita hai sempre fatto tanto per diventare qualcuno, hai studiato tanto e non ci hai mai delusi. Io sono sicura che se adesso non ti sproniamo a ricominciare gli studi, te ne pentirai per tutta la vita!" Ero furiosa in quel momento: come poteva dire questo? Erano loro quelli che mi hanno iscritto ad una scuola privata, a me sarebbe piaciuta quella pubblica. Sono loro che mi hanno influenzata con le loro idee di diventare qualcuno, a me basta avere un lavoro stabile. Sono loro che... okay Jasmine, calmati, stai dicendo stronzate. Dovrei ringraziarli di tutto quello che hanno fatto per me e invece addosso le mie colpe a loro. Cerco di placare le sue paure: "Mamma tranquilla, ci pensavo già da qualche giorno. Tornerò a Roma la settimana prossima, così ricomincerò tutto da capo, come fosse un nuovo inizio!" A quelle parole sento una pugnalata allo stomaco, una fitta. "Un nuovo inizio": mi sento così in colpa a pensarlo. Ma in fin dei conti so che è la decisione giusta. Senza dire nulla e con la soddisfazione negli occhi mia madre mi abbraccia, mi bacia, mi accarezza più volte i capelli come se fossi Willy ed esce dalla stanza.
Dopo qualche minuto prendo il cellulare e mando un sms a Laura, la mia coinquilina dell'appartamento di Roma. In sessanta giorni mi ha mandato duecentocinquanta messaggi e non parliamo delle chiamate... Lei conosceva Richard, ha saputo della sua morte e cercava di farmi stare meglio attraverso immagini buffe, registrazioni vocali altrettanto divertenti, mi ha mandato persino lettere a casa. Non le ho mai risposto nemmeno ad un messaggino. Lei è stata una delle poche persone con cui mi sono legata, ma non ne faccio una strage perché so che la colpa è soprattutto mia. In un mese di università praticamente ho conosciuto solo lei, anche se una volta mi fece conoscere un gruppo di ragazzi (di cui non ricordo nemmeno un nome). Le mando un messaggio per farle sapere che domenica sera torno a Roma. Mi mancherà Milano, ma per il momento è giusto che vada. "Preparati perché sto per tornare!" Continuo a scriverle, ho bisogno di distrarmi un po'. "Finalmente mi rispondi, cazzo Jasmine pensavo fossi morta. Non vedo l'ora di riabbracciarti." Mi risponde, con sette emoticon, tra cui cinque cuori e due faccine contente.
È bello sapere che ho un'amica anche io, come tutte le ragazze di questo mondo. Mi alzo per prendere una camicia dall'armadio, sto gelando nonostante la normale temperatura e i termosifoni accesi. Proprio sotto i miei occhi c'è ancora il mio libro, quello che non ho finito, quello che sarebbe dovuto essere gioia per me e gelosia per gli altri, il libro che avrebbe dovuto iniziare la mia carriera da scrittrice, il libro che avrebbe dovuto cambiare la mia vita. In fin dei conti l'ha fatto, ha stravolto la mia vita ... in peggio. Lo guardo per qualche minuto e non riesco a trattenermi le lacrime. Lì dentro sono nascoste le avventure più belle passate con Richard, le notti più rumorose, la storia d'amore più affascinante, ma soprattutto vera, dal primo rigo fino all'ultimo. Non ho aggiunto mai niente di falso. Però ci sono ancora pagine vuote, manca una parte, manca il lieto fine.
Adesso basta, parto stasera, fine della storia. Non riuscirò a stare in questa casa un minuto in più, troppi ricordi scatenano la mia mente. Non sarà un problema prendere un biglietto per Roma all'ultimo minuto, anche se il costo sarà modesto. Prendo la valigia e comincio a piegare i vestiti, controllo di non essermi scordata la creme idratanti-rinfrescanti (una dipendenza che mi ha trasmesso Carol), afferro i miei libri universitari, le scarpe, gli occhiali e tutto il necessario. Forse dovrei avvisare Laura della mia partenza anticipata, ma non voglio rovinarle il weekend, sono sicura che avrà già preso impegni per questa sera.

Ho appena controllato i voli per Roma e ho prenotato quello delle 18.20. I miei genitori hanno appena accettato la notizia senza problemi e come sempre non esistano a darmi soldi più del necessario. Sono ancora nella mia camera e sono le 15.00 del pomeriggio, credo di farmi una doccia prima di andare all'aeroporto. Mi sento meglio stranamente, allontanarmi da casa e assaporare la libertà è sempre stato un sollievo per me.
I miei occhi ricadono sul Quel Libro, dannazione. Non smetto di pensarci: forse lo dovrei portare con me... O forse no! Potrò sembrare così meschina, ma ci spero ancora in un lieto fine, il problema è che non ci sarà Richard e tutto questo fa male al mio cuore. Okay, ho deciso di portarlo via come me, ma non continuerò a scriverlo, lo prometto.

Io non ho avuto il mio lieto fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora